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“L’alba di tutto” ci parla del futuro

Gli esseri umani non sono di natura buoni, come affermano la cultura cristiana e la filosofia di Jean-Jacques Rousseau (1712โ€“1778), e nemmeno cattivi, come invece ritengono i reazionari e il loro amato Thomas Hobbes (1588โ€“1679), quel teorico dello Stato assoluto che giunse ad affermare lโ€™idiotesca idea secondo cui la condizione dellโ€™uomo sarebbe quella di una guerra di tutti contro tutti.

Entrambi questi miti, quello dellโ€™uomo di natura buono o cattivo, hanno in comune lโ€™idea secondo cui gli esseri umani preistorici o selvaggi (come arbitrariamente furono definiti gli indigeni delle Americhe o di altre parti del mondo colonizzato dagli occidentali) sarebbero stati stupidi, ma per buona fortuna adesso vengono sistematicamente distrutti da Lโ€™alba di tutto (David Graeber e David Wengrow, casa editrice Rizzoli, 2022); un saggio utile per la comprensione almeno della parte piรน recente di quel periodo ultramillenario che, in modo convenzionale e spesso con arroganza, chiamiamo preistoria.

Lโ€™antropologo David Graeber (New York, 12 febbraio 1961 โ€“ Venezia, 2 settembre 2020), un anarco-comunista famoso per aver organizzato il movimento โ€œOpen Wall Streetโ€, ha lasciato cosรฌ una specie di testamento culturale e lโ€™ha potuto fare grazie al contributo dellโ€™archeologo David Wengrow che oggi, assieme a molte altre persone, ne tutela la memoria.

รˆ un vero peccato che Graeber sia morto prematuramente perchรฉ, senza dubbio, lui da solo o insieme ad altri avrebbe potuto realizzare anche altre opere di grande interesse culturale e politico.

Fatta questa doverosa precisazione, si puรฒ subito dire che, fin dallโ€™inizio, gli autori del libro Lโ€™alba di tutto ci presentano il filosofo-statista wendat (o urone) Kondiaronk (c. 1649-1701).

Di costui, sia pur col nome di Adario, aveva giร  parlato lโ€™eploratore francese Luois Armand Lahontan (1666-prima del 1716) nel suo Dialogo con un selvaggio dโ€™America, ma Graeber e Wengrow hanno cercato di farlo conoscere il piรน possibile allo scopo di criticare le filosofie di intellettuali come Rousseau.

Per il pubblico europeo, o piรน precisamente per chi amava lโ€™esistenza di centinaia di sette religiose cristiane o faceva lโ€™apologia del denaro, la critica indigena avrebbe potuto costituire uno shock per il sistema, mettendo in risalto possibilitร  di emancipazione umana non piรน ignorabili.

Ecco perchรฉ, al tempo di Kondiaronk, fu inventata la classica meta-narrazione storica secondo cui le libertร  si perderebbero nella misura in cui le societร  si fanno piรน grandi e piรน complesse.

Verso la metร  del XVII secolo, molti pensatori giuridici e politici europei cominciarono ad ipotizzare lโ€™esistenza di uno โ€œstato di natura ugualitario, almeno nel senso minimo di condizione predefinita capace di accomunare societร  che, ai loro occhi, erano prive di governo, scrittura, religione, proprietร  privata o altri strumenti significativi per distinguersi tra loroโ€ (pag. 58-59).

Parole come โ€œuguaglianzaโ€ e โ€œdisuguaglianzaโ€ cominciavano soltanto allora a circolare fra gli intellettuali europei, persone sempre piรน incuriosite dalla possibile strutturazione delle โ€œsocietร  primordialiโ€ ma non pensavano che lรฌ ci fossero uomini e donne particolarmente โ€œnobiliโ€, nรฉ tantomeno degli scettici razionali e paladini della libertร  individuale.

Allโ€™inizio, nรฉ i coloni della Nuova Francia (nel nord America) nรฉ i loro interlocutori indigeni avevano molto da dire sullโ€™โ€œuguaglianzaโ€.

โ€œPiuttosto la discussione riguardava la libertร  e lโ€™assistenza reciproca, o forse faremmo meglio a dire la libertร  naturale o il comunismoโ€ (pag. 59).

Su questโ€™ultimo concetto รจ comunque necessario fare alcune precisazioni.

โ€œDallโ€™inizio del XIX secolo sono in corso accesi dibattiti sullโ€™esistenza di qualcosa che si possa legittimamente definire โ€˜comunismo primitivoโ€™. Al centro di queste discussioni cโ€™erano sistematicamente le societร  indigene delle Foreste nordorientali, e questo da quando Friedrich Engels usรฒ gli irochesi come esempio principale di comunismo primitivo nellโ€™โ€œOrigine della famiglia, della proprietร  privata e dello Statoโ€ (1884).

Qui โ€˜comunismoโ€™ si riferisce sempre alla proprietร  comune, in particolare a quella delle risorse produttive (โ€ฆ.). Molte societร  americane si potevano considerare alquanto ambigue in questo senso: le donne possedevano e lavoravano i campi individualmente, anche se conservavano e vendevano i prodotti collettivamente, gli uomini possedevano gli attrezzi e le armi singolarmente, anche se di solito dividevano la selvaggina e i bottini di guerra.

Esiste tuttavia un altro modo per usare la parola โ€œcomunismoโ€: non come regime di proprietร , ma nel significato originario di โ€˜da ciascuno secondo le sue possibilitร , a ciascuno secondo i suoi bisogniโ€™. Cโ€™รจ anche un certo comunismo minimo, โ€˜di riferimentoโ€™, valido in tutte le societร : lโ€™idea che se i bisogni di unโ€™altra persona sono abbastanza grandi (per esempio, quella persona sta affogando) e se il costo per soddisfarli รจ abbastanza modesto (per esempio, quella persona vi chiede di gettarle una corda) naturalmente qualunque essere umano perbene acconsentirebbe.

Questo tipo di comunismo di riferimento potrebbe essere considerato la base della socievolezza umana, perchรฉ gli acerrimi nemici sarebbero gli unici a non essere trattati in questo modo. A variare รจ la misura in cui si ritiene opportuno estendere questo comunismo di riferimentoโ€ (pag. 59-60).

Qui gli autori del libro โ€œLโ€™alba di tuttoโ€ hanno fatto bene a riportare la frase โ€œda ciascuno secondo le sue possibilitร , a ciascuno secondo i suoi bisogniโ€, usata da Marx nella sua โ€œCritica del programma di Gothaโ€ (1875), ma probabilmente avrebbero dovuto precisare che i bisogni crescono di continuo e non tutti possono essere soddisfatti e, di conseguenza, essa andrebbe riferita solo ed esclusivamente ai bisogni di volta in volta fondamentali di ciascuno.

Dโ€™altro canto, parlando di un comunismo basilare di riferimento, hanno fornito unโ€™interpretazione piรน ampia del concetto di comunismo primitivo.

Sia pur in modo indiretto, questo ragionamento รจ stato confermato da unโ€™opera di Madame de Graffigny intitolata Lettere dโ€™una peruvianaโ€ e pubblicata nel 1749, โ€œdove unโ€™immaginaria principessa inca rapita espone il proprio punto di vista sulla societร  francese. Il libro รจ considerato un punto di riferimento femminista, nel senso che potrebbe benissimo essere il primo romanzo europeo incentrato su una donna che non finisce con il matrimonio o la morte della protagonista. Zilia, lโ€™eroina, รจ contrariata dalle vanitร  e dalle assurditร  della societร  europea quanto lo รจ del patriarcatoโ€ (pag.71).

Madame de Graffigny dipinse lโ€™impero inca come un dispotismo benevolo, un regime in cui tutti erano uguali davanti al re, e โ€œla critica di Zilia alla Francia, come quella di qualunque straniero immaginario scriva nella tradizione di Kondiaronk, si impernia nella societร  francese e nelle sue violente disuguaglianzeโ€ (pag. 72) ma A.R.J. Turgot, un seminarista ed economista in erba, trovรฒ questo ragionamento inquietante e perfino pericoloso.

Lui, per evidente reazione alla critica indigena nei confronti della Francia e degli altri paesi europei, dapprima teorizzรฒ la presunta supremazia del progresso tecnologico come motore del miglioramento sociale generale e poi, su questa base, affermรฒ che lโ€™evoluzione sociale parte sempre con i cacciatori, poi passa a una fase di pastoralismo, quindi allโ€™agricoltura e alla fine raggiunge la fase della civiltร  commerciale urbana.

Nel giro di pochi anni questa teoria evoluzionistica della societร  fu ripresa da Adam Smith e consolidata dai suoi colleghi (Lord Kames, Adam Ferguson e John Millar).

Costoro pensavano che la libertร  e lโ€™uguaglianza dei selvaggi sarebbero segni di inferioritร  e risulterebbero possibili soltanto nelle societร  con una generalizzata situazione di miseria; in tal modo, condivisero e svilupparono le fantasticherie mentali presenti sia nellโ€™opera โ€œIl discorso sullโ€™origine e i fondamenti dellโ€™ineguaglianza tra gli uominiโ€ (1755) di Rousseau che nel โ€œLeviatanoโ€ (1651) di Hobbes per meglio diffondere lโ€™infame โ€œmito dello stupido selvaggioโ€.

La teoria evoluzionistica del mondo sociale diventรฒ cosรฌ uno stereotipo tanto lineare e meccanicistico quanto eurocentrico.

โ€œGli imperialisti del XIX secolo adottarono questo stereotipo con entusiasmo, limitandosi ad aggiungere una varietร  di giustificazioni pseudoscientifiche โ€“ dallโ€™evoluzionismo darwiniano al razzismo โ€˜scientificoโ€™ โ€“ per approfondire lโ€™idea di semplicitร  innocente, e dunque offrire un pretesto per relegare i rimanenti popoli liberi del mondo (o sempre piรน spesso, con lโ€™espandersi dellโ€™imperialismo europeo, gli ex popoli liberi) in uno spazio concettuale in cui i loro giudizi non suonassero piรน minacciosiโ€ (pag.86).

A quel tempo, se vogliamo dire le cose come stavano senza perdere tempo, imperava una grande ignoranza. Nessuno, ad esempio, sapeva quando fosse nato il cosmo in cui viviamo.

โ€œAgli albori del XIX secolo, gran parte degli โ€˜uomini di lettereโ€™ โ€“ scienziati compresi โ€“ dava ancora per scontato che lโ€™universo non fosse nemmeno esistito fino alla fine di ottobre del 4004 a.C. e che tutti gli esseri umani avessero parlato la stessa lingua (lโ€™ebraico) fino alla dispersione dellโ€™umanitร , dopo il crollo della torre di Babele sedici secoli dopoโ€ (pag. 91).

Nel XXI secolo d.C. la situazione culturale รจ migliorata nettamente, ma sappiamo ancora poco della preistoria e perfino dellโ€™Homo Sapiens che, secondo gli autori de Lโ€™alba di tutto โ€“ rifacendosi alla teoria oggi dominante โ€“ sarebbe comparso in Africa, si imbattรฉ in Eurasia con altre popolazioni โ€“ come i Neanderthal e i Denisovani โ€“ di cui vide lโ€™estinzione e costituรฌ lโ€™essere da cui derivano gli animali umani come noi.

Non sappiamo di preciso se lโ€™Homo Sapiens sia comparso solo in Africa oppure โ€“ come alcuni ritengono negli ultimi decenni โ€“ in diverse aree del mondo (Africa, Europa, Asia, Sud-est asiatico e Cina) in modo quasi contemporaneo. Non sappiamo nemmeno quale fosse il rapporto fra lโ€™Homo Sapiens da un lato e popolazioni come i Neanderthal e i Denisovani dallโ€™altro.

Qualche dietrologo, pensando alle macabre attivitร  dei nazisti diretti da Hitler o allโ€™apocalissi del 1945 costituita dalle bombe nucleari statunitensi sulle cittร  giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, รจ giunto a ipotizzare che lโ€™Homo Sapiens abbia sterminato altre popolazioni, ma su questo non esistono al momento delle prove sufficienti.

I dietrologi, discepoli coscienti o incoscienti di Thomas Hobbes, sono sempre uguali: risultano essere tanto reazionari quanto presuntuosi e ignoranti!

Partiamo perciรฒ dal fatto che esiste quellโ€™Homo Sapiens, da cui ognuno di noi deriva, e dallโ€™ipotesi, la piรน realistica possibile, che lโ€™Homo Sapiens non sia stato e non sia nรฉ buono nรฉ cattivo in sรฉ. Dovremmo imparare ad essere, in maniera gramsciana, sia pessimisti con lโ€™intelligenza che ottimisti con la volontร  su noi stessi. Questa รจ la premessa per ampliare la conoscenza e il sapere di ognuno. Il resto sono davvero chiacchiere.

In questo senso, dovremmo da un lato ragionare e socializzare ciรฒ che abbiamo giร  acquisito dal punto di vista culturale e dallโ€™altro, sulla base delle nuove conoscenze, rielaborare frequentemente le nostre idee e le nostre teorie in ogni campo del sapere.

Il mondo sociale e anche fisico dei nostri lontani avi, come giร  sappiamo, era molto diverso da quello in cui viviamo e probabilmente la situazione rimase immutata almeno fino al 40000 a.C. circa. Inoltre, come stiamo iniziando a capire, รจ possibile dedurre che lโ€™organizzazione sociale dei nostri antenati fosse, con tutta probabilitร , molto variegata.

Il comunismo primitivo non era solo e semplicemente il possesso collettivo dei mezzi di produzione; aleggiava su tutte le societร  preistoriche o โ€œprimitiveโ€, anche quelle con poca proprietร  comune, rendendole meno inique nei rapporti fra uomo e donna e nel complesso dei rapporti sociali; aveva la capacitร  di revocare i dirigenti in modo frequente; rispettava di piรน i beni comuni naturali e sociali indispensabili alla vita; non di rado praticava lโ€™economia del dono e comunque cercava sempre di soddisfare i bisogni collettivi e individuali di carattere fondamentale.

Per parecchio tempo si รจ pensato che gli uomini primitivi fossero stupidi, ma verso la metร  del XX secolo le cose iniziarono a cambiare.

Allora lโ€™antropologo Claude Lรฉvi-Strauss (Bruxelles 1908 โ€“ Parigi 2009) cominciรฒ a ritenere che i primi esseri umani fossero al nostro stesso livello intellettuale.

In questo quadro, per la precisazione nel 1944, pubblicรฒ un saggio sullโ€™attivitร  politica della piccola popolazione dei nambikwara โ€œche abitava in unโ€™inospitale regione della Savana nel Mato Grosso nordoccidentale, in Brasileโ€ (pag 112).

I nambikwara facevano una vita relativamente semplice e, stante la loro cultura materiale molto rudimentale, venivano considerati come una finestra affacciata sul Paleolitico,ma ciรฒ, secondo Lรฉvi-Strauss, รจ un errore in quanto loro vivevano allโ€™ombra dello Stato moderno โ€œpraticando il baratto con gli agricoltori e gli abitanti delle cittร  e talvolta offrendosi come braccianti. Alcuni potrebbero persino essere discendenti di coloro che fuggivano dalle cittร  o dalle piantagioniโ€ (pag. 112)

Ad ogni modo, sempre secondo quellโ€™antropologo, i loro modi di organizzare la vita possono essere utili a farci capire quali fossero le condizioni piรน generali della condizione umana, in particolare per quanto concerne la politica.

I nambikwara nominavano capi con il compito di guidarli. Questi dirigenti, a loro volta e a differenza dei politici moderni e contemporanei, non erano perรฒ faccendieri, quindi non facevano alleanze o compromessi fra diversi collegi elettorali o gruppi di interesse, e non avevano molte differenze, a livello di ricchezza o di status, col resto della popolazione. Nello specifico, loro facevano da mediatori fra due sistemi sociali ed etici totalmente diversi.

Negli anni Quaranta del XX secolo, โ€œi nambikwara vivevano in quelle che, di fatto, erano due societร  differenti. Durante la stagione delle piogge occupavano villaggi di varie centinaia di persone in cima alle colline e praticavano lโ€™orticoltura. Nel resto dellโ€™anno si disperdevano in piccole bande di foraggiatoriโ€ (pag 113).

I capi cercavano di agire come leader eroici durante le โ€œavventure nomadiโ€ della stagione secca e di guidare gentilmente gli altri, nella costruzione di case e nella cura degli orti, nella stagione delle piogge. Nonostante queste interessanti analisi, il libro di Lรฉvi-Strauss sui nambikwara cadde presto nellโ€™oblio.

David Graeber e David Wengrow hanno pensato perรฒ che, per conoscere meglio le caratteristiche fondamentali degli uomini preistorici o di quelli definiti โ€œselvaggiโ€, bisogna valorizzare i risultati culturali migliori non solo dellโ€™archeologia (ad esempio sui siti dellโ€™era glaciale con sepolture sfarzose e architettura monumentale) ma anche dellโ€™antropologia e, sulla scia delle analisi di Lรฉvi-Strauss, giungono ad affermare che i nambikwara โ€“ e pure i winnebago e i nuer del XX secolo โ€“ ci permettono di comprendere lโ€™esistenza sia di variazioni stagionali della vita sociale delle prime societร  umane sia di individui anomali capaci di svolgere ruoli politici significativi durante il Paleolitico.

Purtroppo, come si รจ accennato, lo studio di Lรฉvi-Strauss sui nambikwara non fu ripreso da altri antropologi e, come successe anche al โ€œSaggio sulle variazioni stagionali delle societร  eschimesiโ€ (1903) di Marcel Mauss e Henri Beuchat, fece parte della letteratura antropologica dimenticata.

La ricerca antropologica e archeologica รจ comunque andata avanti e oggi si puรฒ affermare che, negli ambienti altamente stagionali dellโ€™ultima era glaciale, i nostri lontani antenati, oscillando fra sistemi sociali alternativi, si comportavano in modo molto simile agli inuit, ai nambikwara o ai crow.

Gli ordini sociali, pur avendo dei gruppi dirigenti, non diventavano mai fissi e immutabili per molto tempo. Cโ€™era un movimento della e nella materia sociale che di fatto, a furia di revocare e cambiare quei gruppi dirigenti, aboliva lo stato di cose esistente.

Quando iniziarono allora a cristallizzarsi i sistemi sociali degli esseri umani basati sulla disuguaglianza?

Alcuni, dai tempi di Jean-Jacques Rousseau in poi, hanno pensato che la Rivoluzione del Neolitico, con lโ€™invenzione dellโ€™agricoltura e i connessi accumuli di eccedenze (cereali, prodotti caseari, eccetera), avrebbe provocato la vera disuguaglianza, ma a determinarne la nascita non fu automaticamente lโ€™agricoltura e nemmeno la produzione di beni eccedenti.

In primo luogo, โ€œla comparsa di mondi culturali locali durante il Mesolitico aumentรฒ le probabilitร  che societร  relativamente autonome abbandonassero la dispersione stagionale e si adattassero a una sorta di sistema gerarchico verticistico permanenteโ€ (pag. 139).

Inoltre, precisando qui un argomento non affrontato in maniera approfondita dallโ€™opera di Graeber e Wengrow, la produzione di beni eccedenti รจ qualcosa che precede la stessa invenzione dellโ€™agricoltura.

Dato che durante il Paleolitico e il Mesolitico gli uomini impiegavano la raccolta, la pesca e la caccia come fonti primarie di cibo, รจ probabile che allora la produzione di beni eccedenti fosse collegata soprattutto allโ€™essiccare e allโ€™affumicare pesci e carni in eccesso rispetto ai bisogni fisiologici immediati e, tanto per fare un altro esempio, allโ€™abbrustolire una parte di semi e insetti per meglio conservarli.

โ€œLa prevalenza nel sito Mesolitico danese di Svaerdborg di ossa della testa di lucci fa pensare che qui avvenisse un processo di trattamento per conservare le parti piรน importanti dal punto di vista nutritivo, scartando le teste stesseโ€. (https://www.treccani.it/enciclopedia/le-paleoscienze-le-conoscenze-scientifiche-dell-uomo-di-25-000-anni-fa_%28Storia-della-Scienza%29/).

Al di lร  delle specifiche forme e caratteristiche del plusprodotto prima del Neolitico e quindi prima della stessa invenzione dellโ€™agricoltura, qui si sta parlando di una tesi elaborata da Karl Marxlโ€™esistenza del plusprodotto, derivante da un corrispondente pluslavoro, come produzione specifica degli animali umani.

โ€œUna delle cose che ci distinguono dagli animali non umani รจ che questi ultimi producono solo ed esclusivamente ciรฒ di cui hanno bisogno; gli esseri umani producono sempre molto di piรน. Siamo creature dellโ€™eccesso, ed รจ questo a renderci insieme la piรน creativa e la piรน distruttiva di tutte le specie. Le classi dirigenti non sono altro che quelle che hanno organizzato la societร  in modo da potersi impossessare della maggior parte delle eccedenze, a prescindere dal fatto che questo avvenga attraverso un tributo, la schiavitรน, i dazi feudali o la palese manipolazione dei meccanismi del libero mercatoโ€ (pag. 142).

A dire il vero, anche il piรน equilibrato e meno manipolato sistema capitalistico puรฒ garantire lโ€™esistenza del plusprodotto, ma il ragionamento di Graeber e Wengrow รจ in sostanza corretto.

Come loro due hanno scritto, โ€œnel XIX secolo, Marx e molti altri radicali immaginarono che fosse possibile amministrare queste eccedenze collettivamente, in modo equo (โ€ฆ), ma i pensatori contemporanei tendono ad essere piรน scettici. In realtร , lโ€™opinione oggi prevalente tra gli antropologi รจ che lโ€™unico modo per mantenere una societร  ugualitaria รจ eliminare la possibilitร  di accumulare qualunque tipo di eccedenzaโ€ (pag. 142-143).

Volendo essere precisi, Graeber e Wengrow non si sono azzardati a dire in maniera chiara ed esplicita quale sarebbe il modo migliore per far vivere, nel futuro, una societร  ugualitaria. Infatti, consapevoli che gli esseri umani producono sempre molto di piรน dei bisogni immediati, non hanno mai scioccamente teorizzato nรฉ la necessitร  di una generica decrescita economica nรฉ quella di una societร  ugualitaria senza plusprodotto.

Loro hanno studiato abbastanza bene il pensiero di Marx sul tema del plusprodotto, riguardante in primo luogo i beni di consumo di massa e i mezzi di produzione, e del pluslavoro che lo crea. Di conseguenza, forse conoscevano anche questa osservazione del rivoluzionario nato a Treviri:

โ€œIl pluslavoro in generale, inteso come lavoro eccedente la misura dei bisogni dati, deve sempre continuare ad esistere. Nel sistema capitalistico come in quello schiavistico ecc., assume semplicemente una forma antagonistica ed รจ completato dallโ€™ozio assoluto di una parte della societร . Una determinata quantitร  di pluslavoro รจ necessaria per lโ€™assicurazione contro le disgrazie, per il necessario e progressivo ampliamento del processo di riproduzione corrispondente allo sviluppo dei bisogni ed allโ€™incremento della popolazione, che dal punto di vista capitalistico si chiama accumulazioneโ€ (Marx, โ€œIl Capitaleโ€, libro III, capitolo 48, โ€œLa formula trinitariaโ€).

Secondo diversi antropologi, al contrario, lโ€™assenza del plusprodotto, quindi pure la non presenza del pluslavoro che lo crea, sarebbe una sorta di garanzia per la vita stessa delle societร  ugualitarie.

Graeber e Wengrow non hanno riflettuto molto su questa fantasiosa concezione propagandata da quegli antropologi, ma forse avrebbero potuto spiegare a sufficienza che, per forza di cose, senza plusprodotto le societร  ugualitarie sono destinate ad essere societร  ugualitarie della miseria.

Immaginare delle societร  ugualitarie dignitose senza plusprodotto รจ infatti unโ€™idea sbagliata dalle fondamenta e quindi priva di senso logico. Invece, non sempre le idiozie appaiono come tali agli occhi di ognuno!

Lโ€™antropologo britannico James Woodburn nei decenni del dopoguerra fece delle ricerche tra gli hadza, una popolazione della Tanzania, e dopo aver fatto dei paragoni fra questa popolazione da una parte e i boscimani san e i pigmei mbuti dallโ€™altra (oltre che rispetto a diverse e piccole societร  di foraggiatori nomadi al di fuori dellโ€™Africa, come i pandaram dellโ€™India meridionale o i batak della Malesia), giunse alla conclusione che le societร  davvero ugualitarie sarebbero quelle con economie ยซa rendimento immediatoยป.

Le popolazioni come gli hadza sembravano applicare principi di uguaglianza non solo ai beni materiali, sempre condivisi o fatti circolare, ma anche al sapere erboristico o sacro e al prestigio (i bravi cacciatori vengono sistematicamente sbeffeggiati e sminuiti).

Dalla visione di Woodburn pare che la popolazione degli hadza sarebbe giunta โ€œa conclusioni molte diverse da quelle di Kondiaronk e, in precedenza, di diverse generazioni di critici delle Prime nazioni, che ebbero tutti qualche difficoltร  anche solo a immaginare come le differenze in termini di ricchezza potessero tradursi in disuguaglianze sistemiche di potere.

Si ricordi che (โ€ฆ) allโ€™inizio la critica indigena americana riguardava qualcosa di molto diverso, ossia la presunta capacitร  delle societร  europee di promuovere lโ€™assistenza reciproca e di proteggere le libertร  personali. Solo in seguito, una volta che gli intellettuali indigeni ebbero imparato a conoscere meglio i meccanismi delle societร  francese e inglese, la loro critica cominciรฒ a concentrarsi sulle disuguaglianze in termini di proprietร . Forse dovremmo seguire il loro ragionamento iniziale.โ€ (pag. 144).

A questo punto, dopo aver precisato che โ€œโ€ฆ gli hadza, i wendat e i popoli ยซugualitariยป come i nuer non sembravano interessati tanto alle libertร  formali quanto a quelle sostanzialiโ€ (pag. 145), cioรจ avere la possibilitร  effettiva di viaggiare e di vivere in un contesto di assistenza reciproca che favorisse lโ€™autonomia individuale, Graeber e Wengrow da un lato lasciano sfumare lโ€™altrui idea della possibilitร  di societร  ugualitarie con economie ยซa rendimento immediatoยป; dallโ€™altro si pongono un problema molto diverso: โ€œil vero enigma non รจ quando siano comparsi per la prima volta i capi, o addirittura i re e le regine, bensรฌ quando non sia piรน stato possibile cacciarli via a risate dalla corteโ€ (pag. 148).

Secondo la loro opinione, le nuove scoperte sugli antichi cacciatori-raccoglitori nellโ€™America del Nord, precisamente a Poverty Point nella Lousiana, e in Giappone stanno ribaltando le idee a proposito dellโ€™evoluzione sociale. A Poverty Point ci sono i resti di massicci terrapieni eretti dai nativi americani intorno al 1600 a.C. . Si tratta di โ€œun sito dellโ€™etร  della pietra in unโ€™area dove non cโ€™รจ pietraโ€ (pag.157) e forse lรฌ furono presenti migliaia di persone in particolari periodi dellโ€™anno.

โ€œIn Giappone e nelle isole vicine, unโ€™altra designazione culturale monolita, ยซJรถmonยป, domina oltre diecimila anni di storia dei foraggiatori, dal 14000 al 300 a.C. circaโ€ (pag.161).

Sembra incredibile, ma รจ vero!

Quei progetti monumentali โ€“ che non sappiamo se abbiano coinvolto re o leader di altro tipo โ€“ cambiano โ€œper sempre la natura della discussione sullโ€™evoluzione sociale nelle Americhe, in Giappone, in Europa e senza dubbio in quasi tutti gli altri luoghi. Chiaramente i foraggiatori non si rifugiarono dietro le quinte alla fine dellโ€™era glaciale, in attesa che un gruppo di agricoltori del Neolitico riaprisse il teatro della storiaโ€ (pag.163).

Lโ€™idea di bande di foraggiatori pigri, infantili e spensierati e quella secondo cui la ยซciviltร ยป propriamente detta โ€“ cittร , artigiani specializzati, specialisti di conoscenze esoteriche โ€“ sarebbe stata impossibile senza lโ€™agricoltura sono prive di fondamento.

In maniera analoga, non esistono prove sufficienti sullโ€™origine della disuguaglianza sociale, della proprietร  privata e dello Stato.

Per quanto riguarda la proprietร  privata si puรฒ comunque dire che essa ebbe un inevitabile rapporto con il sacro di cui รจ coetanea.

Senza dubbio la costruzione dei terrapieni a Poverty Point, ma pure dei siti di Sannai Maruyama, la chiesa dei giganti a Kastelli in Finlandia o le antiche tombe dei personaggi illustri del paleolitico superiore, furono, in un certo senso, luoghi sacri.

Poco prima degli albori dellโ€™agricoltura, i sistemi sociali erano molto differenziati. Ad esempio, i foraggiatori canadesi avevano gli schiavi e i loro vicini californiani no. Due vicine societร  costituirono quindi due diverse aree culturali.

โ€œLe ยซsocietร  di catturaยป delle Americhe consideravano il reperimento degli schiavi una modalitร  di sostentamento a pieno titolo, ma non nel consueto senso di produzione di calorie. I predoni si ostinavano a dire che gli schiavi venivano catturati per la loro forza vitale o ยซvitalitร ยป, unโ€™energia che poi veniva consumata dal gruppo conquistatoreโ€ (pag. 205).

Nelle Americhe โ€œun manipolo di societร  mise in atto queste relazioni in modo letterale. Il punto importante riguardo alle ยซmodalitร  di produzioneยป o alle ยซmodalitร  di sostentamentoยป รจ che questo tipo di sfruttamento prendeva spesso la forma di rapporti costanti tra societร โ€ (pag. 205-206).

Come riportano Graeber e Wengrow, nella sezione nordoccidentale della California cโ€™era โ€“ secondo lโ€™etnografo Alfred Kroeber โ€“ una ยซzona di frantumazioneยป, โ€œun territorio di diversitร  inconsueta, capace di fare da ponte fra le due grandi aree culturali del litorale del Pacifico. (Lรฌ) alcune (โ€ฆ) micronazioni parlavano lingue della famiglia athabaska; altre, negli ordinamenti interni e nellโ€™architettura, conservavano tracce di aristocrazia che ne collocano le origini sulla costa nordoccidentale. Eppure, salvo rarissime eccezioni, nessuno praticava lo schiavismoโ€ (pag. 215).

โ€œLa schiavitรน affonda le radici nella guerra ma, ovunque la incontriamo, รจ anche, anzitutto, unโ€™istituzione domestica. La gerarchia e la proprietร  possono derivare dalle idee del sacro, ma le forme piรน brutali di sfruttamento hanno origine nelle relazioni sociali piรน intime, come perversioni dellโ€™affetto, dellโ€™amore e della premuraโ€ (pag. 224-225).

Ciรฒ significa che la schiavitรน non esisteva solo nel โ€œmondo anticoโ€ ma, sia pur in modo diverso e limitato, anche nella preistoria.

Nella preistoria la schiavitรน era figlia delle guerre vittoriose e delle perversioni dellโ€™affetto, dellโ€™amore e della premura,

Il lavoro di ricerca di Graeber e Wengrow smonta cosรฌ tutta una serie di luoghi comuni sulla preistoria e, come vedremo, mette in discussione anche lโ€™idea secondo cui ci sarebbe stato un rapporto di interdipendenza fra la nascita delle cittร  e dellโ€™agricoltura.

La cittร  di Catalhoyuk, situata sulla pianura di Konya, nella Turchia centrale, nacque intorno al 7400 a.C., fu abitata per circa millecinquecento anni; si estendeva per 13 ettari, aveva circa 5 mila abitanti e finora รจ considerata come quella piรน antica del mondo.

Una sua caratteristica era che non aveva un centro riconoscibile, nรฉ strade o edifici comuni: โ€œera solo un fitto agglomerato di case, tutte di pianta e dimensioni simili, ciascuna accessibile tramite una scala a pioli dal tettoโ€ (pag. 229).

Scoperta negli anni Sessanta del XX secolo, allโ€™inizio fece pensare che fosse un monumento alle origini dellโ€™agricoltura, ma le cose cambiarono grazie a nuovi metodi di lavoro usati a partire dagli anni Novanta.

Si capรฌ che i teschi e le corna di bovini presenti nei saloni centrali delle case non erano di animali domestici ma di feroci uri selvatici. Inoltre, si comprese che le statuine dโ€™argilla, trovate nel relativo sito archeologico, raffiguravano delle donne sedute ma non erano rappresentazioni delle โ€œdee della fertilitร โ€ o di obsolete fantasie vittoriane sul ยซmatriarcato primitivoยป e potrebbero essere state lโ€™equivalente delle Barbie.

Graeber e Wengrow fanno comunque ulteriori precisazioni. Secondo loro, lโ€™attuale rifiuto dellโ€™idea del ยซmatriarcato primitivoยป da parte di antropologi e archeologi deriva in gran parte da una incomprensione dei risultati delle analisi dellโ€™archeologa lituano-americana Marija Gimbutas che, negli anni Sessanta e Settanta del XX secolo, costituรฌ un punto di riferimento per la conoscenza della tarda preistoria nellโ€™Europa Orientale.

Lei, a differenza di quanto affermavano i suoi critici piรน rigidi che spesso non avevano nemmeno letto le sue opere, non voleva affatto modernizzare la ridicola fantasia vittoriana del ยซmatriarcato primitivoยป.

In realtร , leggendo i libri della Gimbutas come ยซLe dee e gli dei dellโ€™antica Europaยป (1982), si capisce che lei aveva intenzione di creare una narrazione grandiosa sulle origini della societร  eurasiatica. A tale scopo usรฒ il concetto di โ€œaree culturaliโ€ e concluse che, per certi aspetti ma non per tutti, era vera โ€œla vecchia storia vittoriana degli invasori ariani e degli agricoltori che veneravano le deeโ€ (pag. 233).

Lโ€™archeologa cercava di capire quali fossero i contorni generali della tradizione culturale che chiamava ยซantica Europaยป, unโ€™area costituita da villaggi neolitici stanziali concentrati sui Balcani e sul Mediterraneo orientale, ma estesi anche piรน a nord, dove โ€“ a suo parere โ€“ cโ€™era una buona paritร  fra uomini e donne e non esistevano grandi differenze di status e ricchezza.

Quellโ€™area, comprendeva societร  molto pacifiche che, sul piano religioso, avevano โ€œun pantheon comune sotto lโ€™egida di una dea comuneโ€ (pag. 234). Secondo i suoi calcoli, resistette dal 7000 al 3500 a.C. e proprio nel terzo millennio avanti Cristo andรฒ verso una fine catastrofica perchรฉ a quel tempo i Balcani furono invasi da una migrazione di popoli di allevatori โ€“ i cosiddetti kurgan โ€“ originari della steppa pontica, a nord del Mar Nero.

Per la precisione, lโ€™archeologa Gimbutas non riteneva che il matriarcato fosse la condizione originaria del genere umano, ma voleva difendere โ€“ come hanno scritto Graeber e Wengrow โ€“ โ€œlโ€™autonomia e la prioritร  rituale delle donne nel Neolitico mediorientale ed europeoโ€ (pag. 234).

Il fatto entusiasmante รจ che, diversi decenni dopo, lโ€™analisi del DNA antico โ€“ non disponibile allโ€™epoca di Gimbutas โ€“ abbia spinto diversi e prestigiosi archeologici a riconoscere che una parte della sua ricostruzione era probabilmente corretta.

Se ciรฒ รจ vero anche solo in linea di massima, โ€œallora ci fu davvero unโ€™espansione dei popoli di allevatori dalle praterie a nord del Mar Nero piรน o meno nel periodo individuato da Gimbutas, cioรจ il terzo millennio avanti Cristoโ€ (pag. 236).

Sullโ€™altra parte della sua tesi, bisogna precisare che lโ€™archeologa non sostenne mai in maniera aperta e ufficiale lโ€™esistenza dei matriarcati neolitici.

Graeber e Wengrow spiegano che il matriarcato inteso come una societร  in cui le donne detengono la maggior parte delle posizioni politiche formali รจ stato un fenomeno molto raro nella storia dellโ€™umanitร . Invece il matriarcato inteso come una situazione in cui โ€œil ruolo della madre allโ€™interno della famiglia diventa il modello e la base economica per lโ€™autoritร  femminile in altri settori della vitaโ€ รจ stato qualcosa di abbastanza reale e forse โ€œanche Kondiaronk si muoveva in un sistema di questo tipoโ€ (pag. 237).

Fatte queste puntualizzazioni, i due autori passano a smontare la fantasiosa idea di Rousseau secondo cui lโ€™agricoltura avrebbe avuto bisogno della recinzione di campi fissi per nascere; fanno osservare che dal 10 mila a.C. al 7 mila a.C. ci fu un lungo periodo di passaggio verso lโ€™agricoltura neolitica, unโ€™agricoltura che allโ€™inizio risultava โ€œorientata verso il possesso collettivo delle terreโ€ (pag. 254) e nacque โ€œnellโ€™Asia sudoccidentale come una serie di specializzazioni nella coltivazione delle piante e nellโ€™allevamento del bestiame, disseminate in varie parti della regione, senza un epicentroโ€ (pag. 263).

Graeber e Wengrow sottolineano inoltre โ€“ cosa che quasi nessuno ha mai fatto prima, nemmeno Lรฉvi-Strauss nel suo โ€œPensiero selvaggioโ€ โ€“ lโ€™importanza delle donne, grazie ai loro saperi accumulati, nella nascita dellโ€™agricoltura neolitica.

Senza i saperi e i poteri-qualitร  delle donne, molto probabilmente, lโ€™agricoltura neolitica non si sarebbe configurata cosรฌ come quando nacque ed avrebbe avuto bisogno di molto piรน tempo e di maggiori contraddizioni per svilupparsi.

Ad esempio, la Mezzaluna fertile del Medio Oriente aveva diverse situazioni fra la zona dei bassipiani (come quelle nella valle del Giordano) e quella degli altipiani (le pianure e le colline pedemontane della Turchia orientale).

La struttura sociale nei bassipiani era poco gerarchizzata, mentre negli altipiani era autoritaria.

In entrambi i casi, la nascita dellโ€™agricoltura non significรฒ anche lโ€™inizio della proprietร  privata terriera.

โ€œEmerge che, per gran parte del suo passato, la nostra specie รจ stata bravissima a entrare e uscire liberamente dallโ€™agricoltura (โ€ฆ), oppure a indugiare sulla sua sogliaโ€ (pag. 280).

Lโ€™agricoltura โ€œtendeva ad attecchire dove le risorse selvatiche erano piรน rare. Era lโ€™eccezione nelle strategie del primo Olocene, ma aveva un potenziale di crescita esplosivo, soprattutto dopo che il bestiame domestico si aggiunse alle colture dei cerealiโ€ (pag. 294-295).

Spesso si credeva che โ€œla comparsa delle prime cittร , delle prime grandi concentrazioni di persone insediate in via permanente in unโ€™unico luogo, corrispondeva anche allโ€™ascesa degli Statiโ€ (pag. 297).

Invece, โ€œin alcune regioni, come ormai sappiamo, le cittร  si governarono per secoli senza tracce dei templi e dei palazzi che sarebbero sorti solo in seguito; in altre, i templi e i palazzi non comparvero mai. In molte cittร  antiche, nulla dimostra lโ€™esistenza di una classe di amministratori o di qualunque altro tipo di ceto dominante. In altre, il potere centralizzato sembra comparire e poi scomparire. A quanto pare, il semplice fatto della vita urbana non implica necessariamente una forma particolare di organizzazone politica, e non la implicรฒ maiโ€ (pag. 297-298).

Molte persone pensano che le prime cittร  grandi e popolose comparvero in Eurasia, ma ciรฒ avvenne nel mesoamerica, per la precisione nella valle del Messico e a circa 40 chilometri dalla moderna Cittร  del Messico. Stiamo infatti parlando della cittร  di Teotihuacรกn che, abitata dal popolo dei mexica, nacque attorno al 100 a.C. ed ebbe il suo declino intorno al 600 d.C. .

Oggi sappiamo che โ€œTeotihuacรกn aveva trovato il modo di autogovernarsi senza sovrani, come avevano fatto le cittร  molto piรน antiche dellโ€™Ucraina preistorica, della Mesopotamia nel periodo di Uruk e del Pakistan nellโ€™etร  del Bronzo. Poi lo fece con una base tecnologica molto diversa, e su scala ancora piรน largaโ€ (pag. 352).

Secondo Esther Pasztory, una storica dellโ€™arte ungherese-americana, la cittร  di Teotihuacรกn โ€œnon era solo antidinastica nello spirito, ma era essa stessa un esperimento utopistico di vita urbanaโ€ (pag. 354).

Se non cโ€™รจ identificazione fra nascita delle cittร  e nascita dello Stato, ciรฒ vuol dire che per il momento non รจ possibile trovare le โ€œorigini dello Statoโ€.

Lo Stato, il cui termine fu coniato dal giurista francese Jean Bodin alla fine del XVI secolo, ha bisogno โ€“ secondo Graeber e Wengrow โ€“ di tre elementi: il controllo della violenza (cioรจ il monopolio della violenza), il controllo delle informazioni e il carisma personale (pag. 388).

Quelli che โ€œora consideriamo Stati non si rivelano affatto una costante della storia. Non sono il risultato di un lungo processo evolutivo che iniziรฒ nellโ€™iniziรฒ nellโ€™etร  del Bronzo, bensรฌ una fusione di tre forme politiche โ€“ sovranitร , amministrazione e competizione carismatica โ€“ che hanno origini diverse. Gli Stati moderni sono semplicemente un modo in cui i tre principi di dominazione sono riusciti a unirsi, ma questa volta con lโ€™idea che il potere dei re sia detenuto da unโ€™entitร  detta ยซil popoloยป (o la ยซnazioneยป) e che le burocrazie esistano a beneficio del suddetto ยซpopoloยป, e in cui una variazione sui vecchi premi e competizioni degli aristocratici รจ stata ribattezzata ยซdemocraziaยป, il piรน delle volte sotto forma di elezioni nazionaliโ€ (pag. 456-457).

Il libroย โ€œLโ€™alba di tuttoโ€ย cerca di dimostrare la validitร  della critica indigena allโ€™Europa moderna. Per fare questo, da un lato mette in discussione, sia pur in maniera implicita, una concezione lineare, evoluzionistica ed eurocentrica delle epoche della storia. Dallโ€™altro lato permette di precisare cosa potrebbe essere stato ilย comunismo primitivoย e soprattutto di pensare a comeย cambiare rotta per abolire di frequente lo stato di cose esistente.

Questo articolo รจ stato pubblicato su Contropiano il 19 giugno 2022

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