Umberto Eco e le barricate della storia

A poco a poco, surrettiziamente, mentre il mondo fa la sua strada verso direzioni โ nonostante pianificazioni e mondializzazioni โ per lo piรน imprevedibili, simulando a sua insaputa il passo del gambero, il pensiero e lโopera di Umberto Eco stanno entrando nella storia. Da un lato guerre, epidemie, disastri ambientali, carestie, migrazioni. Tutta roba che, cancellando ogni sentimento di futuro, mette ben poca allegria. Dallโaltro, per controcanto ironico, dunque per nulla inconsapevole, la riflessione critica, le scommesse teoriche, lo sforzo intellettuale per capirne di piรน e, magari, dare una mano a che le troppo umane violenze e sopraffazioni si smorzino alquanto. Corsi e ricorsi? Oggi cosรฌ, domani colร ? Forse, ma non basta metterla in questi termini. Troppo facile, e paurosamente riduttivo: una specie di rassegnazione che invoca un destino ciclico e, perciรฒ, inesorabilmente segnato. Cโรจ fortunosamente dellโaltro, e sta apparentemente molto lontano, dal lato opposto della barricata, oltre la quale โ ha detto e ridetto Umberto Eco nel corso della sua esistenza โ รจ sempre bello, perciรฒ assai utile, spingersi.
E che cosa cโรจ al di lร della barricata, sia essa lโorrida trincea bellica, il confine geopolitico, le mura di casa o, soprattutto, il senso comune, lโidea ricevuta, lโirriflesso umano e sociale?
La risposta รจ tuttโaltro che semplice: cโรจ lโarte. Lโarte inverte il punto di vista, de-automatizza la percezione abituale del mondo, problematizza il quotidiano, punta il dito verso il di-fuori, il cosmo, il tutto. Rimette al mondo il mondo, diceva Boetti, dandogli unโaltra forma, ripensandolo a suo modo, prendendo una materia qualsiasi, giร data e conformata, e riconfigurandola a suo modo, garanzia unica e sola che, per dir cosรฌ, qualcosโaltro รจ possibile. Il che non significa (per caritร ) che lโarte salverร il mondo: utopia emotiva piรน che ipotesi plausibile. Nรฉ vuol dire che lโarte sia la quintessenza dellโesperienza umana e sociale, il suo momento piรน autentico. Semmai, secondo Eco, vuol dire che la prassi artistica, dribblando gli schemi abituali della percezione e della conoscenza, ne propone di nuovi e di diversi, permettendo di osservare la vita, la societร , la cultura da unโaltra prospettiva โ che non รจ detto sia, con questo, necessariamente migliore.
Tutto questo per salutare con gioia lโuscita di un importante volumone che, per la cura di Vincenzo Trione, raccoglie una gran quantitร (chi se la sentirebbe di dire โtuttiโ?) gli scritti di Eco sullโarte e sulle arti (intitolato difatti Sullโarte. Scritti dal 1955 al 2016, con unโinedita galleria di ritratti di Tullio Pericoli, La Nave di Teseo, pp. 1136, โฌ 35). Dove cโรจ un poโ di tutto, ovviamente: dagli articoli giovanili su questioni estetiche generali (raccolti da Mursia nel โ68 col titolo La definizione dellโarte e da tempo introvabili) ai saggi sociologici sui media (presenti in Apocalittici e integrati e in Il costume di casa), da vari capitoli di Opera aperta alle proposte semiotiche sui codici visivi e il testo estetico (presenti in La struttura assente e nel Trattato di semiotica generale), dagli scritti sulla bellezza e sulla bruttezza (contenuti nelle rispettive Storie) ai saggi teorici sui metodi di indagine della critica dโarte a, soprattutto, unโenorme quantitร di saggi, articoli, conferenze, interventi, presentazioni, dialoghi, profili critici, schizzi autobiografici, note, bustine (queste ultime nel senso della rubrica tenuta da Eco per decenni sullโEspresso).
Accanto a testi abbastanza letti, raccolti nei suoi libri piรน noti, ecco una straordinaria serie di materiali eterogenei per fattura, stile e genere che, tutti insieme, vanno a formare una specie di opus magnum su quella che Trione, nella sua lunga introduzione, chiama lโโidea fissaโ di Umberto Eco: โunโininterrotta, indiretta ed eccentrica ipotesi di riscrittura del concetto di formativitร โ โ coniato, comโรจ bene ricordare, da Luigi Pareyson, maestro e mentore di Eco a Torino negli anni filosofici universitari.
Detta cosรฌ sembra una questione astrusa, accademica, esotericissima. Formativitร : che sarร mai? Sentiamo Trione che ridice Eco che ridice Pareyson: โformativitร come esperienza irriducibile che, mentre fa, inventa e svela il suo modo di fare; come situazione in cui non ci si limita a eseguire qualcosa di giร ideato o a realizzare un progetto giร stabilito o ad applicare una tecnica giร predisposta, ma, nella creazione stessa, si sperimenta il modus operandiโ.
In fondo, รจ un poโ la dialettica fra modelli e loro utilizzazione inventiva, fra sistemi dati e processi che li riadattano o, per dirla con Opera aperta, fra forma e indeterminazione. Entro il campo dellโestetica la posizione รจ chiara: non cโรจ creativitร senza norme, perchรฉ, creando, si creano anche le norme che dettano tale creativitร , le quali finiscono cosรฌ per cambiare quelle di prima. Entro il campo della semiotica altrettanto: ogni testo รจ una macchina pigra che delega al lettore di riempire i buchi che esso lascia aperti, buchi che รจ la strategia testuale a definire in anticipo. E, in fondo, accade qualcosa del genere anche nella societร (istituzioni e movimenti che si costituiscono reciprocamente) come in quello del vissuto quotidiano (dove ogni esperienza si staglia sullo sfondo dellโabitudine e viceversa). Lโidea fissa รจ tale perchรฉ puรฒ cambiare, anzi deve farlo, pena il suo progressivo dileguarsi.
Quando diciamo che il pensiero e lโopera di Eco stanno passando alla storia vogliamo intendere proprio questo. Da un lato, il tempo che, scorrendo in tutte le direzioni, ci allontana dalla dipartita di cotanto maestro (sono giร sei anni e passa), permettendoci di mettere meglio a fuoco il senso e il valore della sua riflessione critica, dei suoi scritti penetranti, del suo complesso lascito intellettuale. Dallโaltro, proprio questโopus magnum sullโarte ci consente di prendere fiato rispetto agli avvenimenti del presente, per soppesarne al meglio il portato storico, il loro essere, oltre che eventi, congiunture, forse strutture (il riferimento รจ a Braudel). Come dire che questo libro ci invita, per dirla con Eco stesso, a tenere in allenamento la semiosi, a non dare nulla per scontato, a cambiare spesso occhiali, cannocchiali e lenti di ingrandimento.
Trione, dal canto suo, insiste molto, e giustamente, sul fatto che Eco, oltre ad occuparsi di teoria estetica e cronaca delle poetiche, aveva sempre prestato una grande attenzione al fare artistico concreto. Da cui la presenza nel libro di scritti (finalmente riuniti) su artisti come Balestrini, Barucchello, Carmi, Mauri, Mulas, Baj, Pericoli, Consagra, Tadini, Fomez, Arman, Munari, Pollock, Calder e vari altri. Ma il volumone fa di piรน: invita a rilanciare su tutti i fronti, scagliando contro le regressioni che, appunto a passo di gambero, si riaffacciano sulla scena della storia le potenzialitร semiotiche, oltre che delle arti, del pensiero creativo. Pensiero che puรฒ anche ripiegarsi su se stesso. Ma sarร sempre, sapeva Eco, per ritrovare in un sol gesto felice lโeternitร e lโattimo, lโinfinitร del mondo e il dettaglio che lo attraversa. La lezione cโรจ tutta: saremo nani sulle spalle di giganti, dunque un poโ piรน in alto: ma attenzione a non scivolare.
Serve una citazione per chiudere. Eccola, รจ ancora lโidea fissa, a pagina 472: โfare arte รจ una pratica che provvisoriamente distrugge in modo definitivo dei paradigmi esistenti โ e di qui nasce poi il piacere che se ne puรฒ provare e le architetture che si possono scoprire nellโorganizzarsi di questa pratica. Quindi รจ chiaro perchรฉ continuiamo a fare arte. ร biologico. Per lo stesso motivo per cui continuiamo a innamorarci lungo la vita, talora anche a ottantโanni, senza accorgerci che รจ paradossale ammettere che esista una quantitร potenzialmente infinita di persone โunicheโ, quelle che chiamiamo โla sola (o il solo) al mondoโ. Ed รจ chiaro perchรฉ la pratica assume sempre nuove formeโ.
Questo articolo รจ stato pubblicato su Doppiozero il 19 maggio 2022