Quasi in modo insospettabile, l’India è ascesa tra i protagonisti della guerra d’Ucraina.
Nonostante la recente vicinanza agli Stati Uniti in funzione anticinese, New Delhi si è schierata apertamente con Mosca, sostenendo diplomaticamente il Cremlino, rifiutandosi di incolparlo per l’aggressione, offrendosi di pagare in rubli gli idrocarburi siberiani.
A informare la posizione indiana un antico approccio anti occidentale, cui si somma la massiccia importazione di armamenti russi e la necessità di smarcarsi dall’eccessivo abbraccio degli americani, dopo la rinnovata partecipazione al quadrilatero securitario.
Quasi in modo insospettabile, l’India è ascesa tra i protagonisti della guerra d’Ucraina. Nonostante la recente vicinanza agli Stati Uniti in funzione anticinese, New Delhi si è schierata apertamente con Mosca, sostenendo diplomaticamente il Cremlino, rifiutandosi di incolparlo per l’aggressione, offrendosi di pagare in rubli gli idrocarburi siberiani.
A informare la posizione indiana un antico approccio anti occidentale, cui si somma la massiccia importazione di armamenti russi e la necessità di smarcarsi dall’eccessivo abbraccio degli americani, dopo la rinnovata partecipazione al quadrilatero securitario.
Posizione peculiare che nelle ultime settimane ha innescato numerosi tentativi di persuasione da parte statunitense, britannica e brussellese, nel tentativo di condurre il subcontinente tra gli occidentali. Senza ottenere risultati concreti.
Segnata da una storia di non allineamento, l’India indipendente si è sempre immaginata equidistante tra l’occidente e i suoi nemici orientali.
Da questo nacquero durante la Guerra fredda le ottime relazioni mantenute con l’Unione sovietica, ritenuta da Delhi come percorribile compromesso tra l’anglosassone Washington e l’avversario cinese.
Invece, complice proprio la vertiginosa ascesa della Repubblica popolare, negli ultimi anni il governo indiano si è avvicinato notevolmente agli Stati Uniti, contravvenendo parzialmente alla propria idiosincrasia, frutto di una lunga tradizione anticoloniale.
Specie dopo l’estate del 2020, quando truppe indiane e cinesi si scontrarono sulle cime dell’Himalaya, plastica dimostrazione di come neppure la più alta catena montuosa del mondo possa schermare il subcontinente dalla ritrovata aggressività sinica.
Da allora il governo di Narendra Modi ha rivitalizzato il cosiddetto Quad, elastica struttura militare cui aderiscono anche australiani, giapponesi e gli stessi americani, pensata per contenere Pechino dal mare. Inedita partecipazione indiana a un consesso di matrice statunitense, prodotta dalla necessità di schivare l’accresciuta sintonia tra Pechino e Islamabad.
Abbastanza per convincere numerosi osservatori di una definitiva svolta filoamericana. Almeno fino al deflagrare della guerra in Ucraina. Dalle prime ore Delhi si è mostrata vicina alla posizione russa, nonostante la presenza tra Galizia e Kiev di numerosi studenti indiani. Il governo di Modi sì è astenuto in sede onusiana nel voto che condannava l’offensiva ai danni dell’Ucraina e in quello che ha sospeso Mosca dal Consiglio per i diritti umani.
ARMI RUSSE
A sostanziare l’inclinazione filorussa, l’intramontabile atteggiamento antioccidentale di Delhi, acceso anche dalle critiche ricevute, specie dall’Europa, per il trattamento delle cospicue minoranze all’interno del subcontinente.
Quindi le intrinsechezze militari esistenti con Mosca. L’India importa dalla Russia oltre il 60 per cento degli armamenti di cui dispone, tra questi il sistema anti missilistico S-400. A consigliare tali massicci acquisiti, il prezzo inferiore ai corrispettivi occidentali, la non ingerenza del Cremlino nell’utilizzo di questi o nel contemporaneo dotarsi di dispositivi di altra origine – a differenza delle richieste statunitensi spesso vincolanti sui tali aspetti.
Cui si aggiunge la volontà indiana di aumentare l’importazione di idrocarburi siberiani, specie petrolio, già cresciuta da quando è cominciato il conflitto, a dispetto dei rumorosi mugugni provenienti da Washington.
Infine, l’aderenza indiana alla Russia nasce proprio dalla strategica necessità di non schiacciarsi sugli Stati Uniti. Sebbene obbligata dalle evenienze, Delhi vive con sofferenza la nuova intesa con Washington.
In assenza di altri appigli, teme di perdere parte del margine di manovra. Incubo insostenibile per il governo Modi, massimo innesco del suo afflato filorusso.
LA RABBIA AMERICANA
Ragione profonda che rende complesso ricavare uno iato definitivo tra Delhi e Mosca. Obiettivo cui nelle ultime settimane si sono dedicati Washington, Londra e Bruxelles. Ovviamente “con le buone”, promettendo all’India ingenti contratti militari e commerciali (specie nel caso dell’Unione europea).
Lusinghe corroborate dalla probabilità che nei prossimi anni gli armamenti russi diventino obsoleti a causa dell’embargo tecnologico occidentale o filostatunitense – specie per quanto riguarda i semiconduttori.
Finora senza risultati concreti. Giacché le lusinghe economiche non possono intaccare l’approccio di Delhi perché di superiore natura geopolitica – sebbene rafforzato anche dagli sconti sul prezzo degli idrocarburi che Mosca potrebbe garantire nei prossimi anni per minore richiesta europea.
Realtà che anche nel medio periodo manterrà l’India tra Stati Uniti e Russia, distante dalla Cina (e ovviamente dal Pakistan). Per scorno degli americani, rabbiosi per l’approccio unilaterale di Delhi, ovvero della più grande democrazia del pianeta.
Così capace di scalfire la versione statunitense che descrive la guerra d’Ucraina come uno scontro tra nazioni liberali e la dittatura russa.
Questo articolo è stato pubblicato su Domani il 29 aprile 2022