Un grande innovatore che ha portato nel romanzo popolare studio del passato e analisi del presente. Scomparso a Bologna dove era nato nel 1952. Lascia un’opera vastissima ricca di decine di romanzi, raccolte di racconti e saggi storico-politici,
Quando nel 1994 uscì il numero 1241 di Urania dedicato al romanzo vincitore del premio omonimo dell’anno precedente, nessuno probabilmente avrebbe potuto immaginare che si trattava di una svolta all’interno della narrativa italiana e non solo. Il titolo del libro era semplice, scarno, Nicolas Eymerich, inquisitore, l’autore si chiamava Valerio Evangelisti. Si può dire che in quel momento era nata la fantascienza italiana. Fino ad allora la sf era considerata un filone praticamente estraneo alla tradizione letteraria del Paese. Certo c’erano state «incursioni» nel genere compiute da autori di letteratura «alta» – il finale sugli «ordigni» della Coscienza di Zeno di Svevo, ad esempio, o qualche racconto ad impianto fantascientifico di Tommaso Landolfi, come Cancroregina -, oltre ai racconti scritti da irriducibili appassionati sulle riviste specializzate negli anni ’60 e ’70.
CON L’APPARIRE della figura aspra e segaligna dell’inquisitore generale del regno di Aragona la situazione cambia. E non solo nel campo della science fiction. È come se una serie di nuovi scrittori si muovesse a rinnovare la narrativa a partire da quella che in maniera anche dispregiativa veniva definita «letteratura di genere». Una costellazione di autori che sembrano avere dei punti fondamentali in comune, come Wu Ming, Giuseppe Genna, Sandrone Dazieri, Luca Masali. La sottile linea rossa che li lega tra loro e con Evangelisti è innanzi tutto la forte connotazione sociale e politica, oltre a una critica durissima allo stato di cose esistenti. Ognuno di loro tenta poi di sviluppare stilemi e modelli formali nuovi, rinnovando il linguaggio. E ognuno seguirà poi un proprio percorso fino ad esplorare territori narrativi diversi. Ma anche Evangelisti, già nel suo esordio fantascientifico, proponeva una sf particolare, con trame collegate a piani temporali differenti – dal Medioevo a un futuro lontanissimo – e storie piene di riferimenti critici e scoperti alla contemporaneità.
SULLA SCORTA DI AUTORI come Dick, Spinrad, Farmer, Ballard, Moorcock, lo scrittore bolognese rielabora il genere, introducendo tematiche esplicitamente sociopolitiche, riflessioni introspettive o contaminazioni con il fantastico puro, l’horror, il poliziesco o il genere avventuroso tout court. E anche i suoi interessi narrativi vanno ad allargarsi sempre più.
Dopo il ciclo di Eymerich, prenderanno il via quelli di Pantera, di Magus, la trilogia americana, il ciclo messicano, quello dei pirati, quello del Sole dell’avvenire, quello sulla rivoluzione romana, passando per il western, il Risorgimento, la storia di Nostradamus, il sindacalismo Usa, il primo dopoguerra italiano e la nascita del fascismo. E poi ancora romanzi, racconti, fumetti, saggi, scritti vari, come la storia sulla sua malattia. Sempre coniugando la profondità del discorso sociopolitico e la leggerezza, una scrittura lineare e la suspence. Riflessione e divertimento, coinvolgimento e comprensione, studio del passato e analisi del presente. Pur mantenendo l’adesione di fondo ai canoni della letteratura di genere, l’opera di Evangelisti ha anche rappresentato una sorta di rigenerazione, di adeguamento ai tempi di una delle forme «classiche» del romanzo, quella storica che riesce a fondere avventura e storia di un’epoca, mostrando i conflitti di classe passati e prendendo posizione su quelli odierni.
Ma Valerio Evangelisti non è stato soltanto un narratore di razza. È stato anche un attento osservatore e studioso della realtà e della letteratura. La sua convinzione che fosse quasi esclusivamente la narrativa di genere ad occuparsi di quelle tematiche «forti» d’ordine storico, politico, sociale, tralasciate dalla letteratura «alta», così come le sue critiche a quella parte degli autori «di genere» spesso in grado soltanto di esibire da questo punto di vista la stessa mediocrità e la stessa mancanza di coraggio di quelli più celebrati, sono esposti nelle raccolte di saggi Alla periferia di Alphaville, Sotto gli occhi di tutti. Ritorno ad Alphaville e Distruggere Alphaville. Evangelisti era anche uno storico, basti citare Gli sbirri alla lanterna. La plebe giacobina bolognese dall’anno 1 all’anno 5 (1792-1797), Storia del Partito Socialista Rivoluzionario 1881-1893 (con Emanuela Zucchini) e Il gallo Rosso. Precariato e conflitto di classe in Emilia-Romagna, 1880-1890.
COMPAGNO, SCRITTORE, anzi maestro di scrittura, saggista, fondatore di Carmilla, ora carmillaonline, rivista di letteratura, immaginario e cultura d’opposizione, impegnato in tante battaglie, sempre schierato politicamente, ora che se n’è andato, Valerio Evangelisti mancherà tanto a molti e lascia un vuoto difficilmente colmabile. Per ricordarlo possono essere utili le parole, fatte pronunciare dal suo personaggio più famoso, l’inquisitore Eymerich nell’ultimo romanzo del ciclo: «Non è missione degli angeli, milizie di Dio, distribuire amore. Se qualcuno prevarica, solo il terrore lo tiene a bada. Serve la spada, e il Cristo, nella sua apparente mitezza, lo ha ribadito molte volte. Disarmato, l’umile sarà ulteriormente umiliato».
Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 20 aprile 2022