Cortina 2026, i giochi assurdi che lasceranno solo macerie

di Tomaso Montanari /
28 Gennaio 2022 /

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Ventiquattro giugno 2019. “Vincono l’Italia, il futuro e lo sport: grazie a chi ci ha creduto fin da subito, soprattutto nei Comuni e nelle Regioni, e peccato per chi ha rinunciato”, così l’allora vicepremier Matteo Salvini commentò l’assegnazione a Milano e a Cortina dei Giochi olimpici invernali 2026. E l’altro vice di Conte, Luigi Di Maio: “Ha vinto lo sport – scrisse in una nota – l’entusiasmo di un intero Paese, lontano da ogni logica di potere, lontano da ogni interesse”. Giovanottoni, che sprizzano vitalismo da ogni poro: che però parlano da morti, morti di retorica e propaganda, uguali ai mille loro predecessori che hanno fatto trangugiare agli italiani ogni veleno, rivestendolo con la glassa zuccherosa di una pillola magica.

“Le cose stavano già a questo colmo di jattura, quando sono giunte le Olimpiadi degli sport invernali”: in un’inversione tipica dell’Italia di oggi è la voce di un morto, di uno che oggi avrebbe 113 anni, a cogliere la realtà viva del presente. È, questa, una frase di Indro Montanelli, scritta nel 1955 contro le Grandi Opere che incombevano, anche allora, su Cortina con il pretesto dei giochi invernali. Questa volta li ospiteremo solo perché l’Austria e la Svizzera hanno rinunciato, anche dopo referendum popolari (a Innsbruck la percentuale dei contrari è stata addirittura del 67,41%), per i costi enormi e l’evidente insostenibilità ambientale. Dettagli che evidentemente non impauriscono noi italiani: pronti a tutto, capaci di nulla (parafrasando Longanesi).

Il risultato è l’innesco di un disastro economico e ambientale. Invece di ristrutturare la vecchia pista da bob di Cortina, si è deciso di costruirne, di fatto, una nuova: 61 milioni di euro per cementificare un’area verde. Senza contare i 400.000 euro all’anno che si prevedono per ripianare i costi futuri di una struttura che, passati i giochi, rimarrà ovviamente semideserta. Nel 1955 Montanelli diceva cose identiche a proposito dello “stadio che stanno costruendo per l’hockey sul ghiaccio. Costa un miliardo e 200 milioni di lire e sarà capace di ottomila spettatori. Lei mi dirà che ottomila spettatori non saranno difficili da raccogliere, fra tanta gente che verrà quassù nel periodo delle gare. Certo. Ma dopo chi rifonderà il Municipio di Cortina le 150 mila lire al giorno che occorrono alla manutenzione?”

Accanto all’insostenibilità economica, quella ambientale. Dichiarandola di “preminente interesse nazionale” (nonostante, rilevano Italia Nostra e altre associazioni, che “in tutta Italia si contino circa 34 praticanti tra bob, slittino e skeleton, maschile e femminile”) e affidandola a un commissario, il Governo Draghi sottrae di fatto questa piccola grande opera alle prescritte valutazioni di impatto ambientale e paesaggistico.

Ma, ricordano le associazioni, “rifare la pista nell’attuale sito (nuove strade di accesso alle zone di partenza ed arrivo, nuova finish area, nuovo ponte sul torrente Boite con relativi piazzali ed aree per le tribune e le strutture televisive ecc.) comporterebbe la distruzione di una grande fascia boschiva nella parte nord e di case, strade e attrezzature urbane nella parte sud, strettamente avvolta nell’espansione urbana dagli Anni 60 in poi … Ve lo immaginate un ecomostro di cemento che si staglia nel paesaggio alle pendici delle Tofane e a ridosso del sito Dolomiti Unesco?”

E non c’è certo solo solo la pista da bob. Ci sono anche il Villaggio olimpico (per 1.200 persone) in località Fiammes, previsto come “smontabile”, ma che anche se venisse davvero poi smontato lascerebbe su un terreno finora libero e prativo tutte le opere e le reti di urbanizzazione; lo stravolgimento della storica Stazione ferroviaria di Cortina, da trasformare in grande complesso con parcheggi interrati, un centro commerciale e abitazioni (per chi, visto che Cortina si spopola?); la costruzione di un albergo a 5 Stelle di 40.000 metri cubi a Passo Giau, oltre i 2.000 metri di altezza e in zona vincolata; la costruzione di un grande villaggio di lusso in località Federavecchia, Comune di Auronzo, con chalet in legno e case sugli alberi di una foresta pregiata; infine la proposta (eterna!) di scavare un tunnel sotto il Sella, per collegare Arabba, Corvara, Selva di Val Gardena, Canazei. Al centro, sotto la montagna simbolo delle Dolomiti, una grande rotatoria smisterebbe il traffico: per un costo previsto di 600 milioni di euro.

Come si vede, qua lo sport non c’entra nulla: l’unica disciplina premiata sembra quella del getto di cemento.

Di positivo, in questa brutta storia, c’è solo che le associazioni ambientaliste non si stancano di lottare, di far sapere a tutti cosa c’è in gioco. Perché è vitale rompere, scriveva ancora Montanelli, “la suprema indifferenza con cui la pubblica opinione accetta questi attentati al suo patrimonio culturale e naturale, quando addirittura non vi collabora. Perché e proprio questa indifferenza che alimenta l’inerzia dello Stato”.

Questo articolo è stato pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 24 gennaio 2022

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