Chiara Decaroli ha 30 anni ed è originaria di Cigliano, in Piemonte. È partita quando aveva 19 anni: “I paesi europei (e non solo) sono molto felici della difficile situazione in cui si trova la ricerca italiana. Si vedono arrivare persone altamente qualificate e brillanti, senza aver dovuto spendere nulla nel formarle
“Dopo la maturità mi sono trasferita nel Regno Unito per studiare fisica sperimentale. Seppure in Italia ci siano ottime università, a causa della scarsità dei fondi viene prediletta la fisica teorica, che richiede meno risorse. Questo è uno dei motivi per cui sono all’estero”. Chiara Decaroli ha 30 anni ed è originaria di Cigliano, un paesino della campagna piemontese. Oggi è fisica all’UK’s National Quantum Computing Centre di Oxford. Ha lasciato l’Italia quando aveva 19 anni. Da 11, vive e lavora all’estero.
Prima di trasferirsi in Uk per studiare fisica all’università di Edimburgo, Chiara ha frequentato il liceo classico a indirizzo matematico-scientifico di Ivrea. “Ho adorato gli anni del liceo. Penso che i licei italiani siano di altissimo livello a confronto con quelli esteri e che diano basi solide su molte materie”, aggiunge.
“Dopo la maturità mi sono trasferita nel Regno Unito per studiare fisica sperimentale. Seppure in Italia ci siano ottime università, a causa della scarsità dei fondi viene prediletta la fisica teorica, che richiede meno risorse. Questo è uno dei motivi per cui sono all’estero”. Chiara Decaroli ha 30 anni ed è originaria di Cigliano, un paesino della campagna piemontese. Oggi è fisica all’UK’s National Quantum Computing Centre di Oxford. Ha lasciato l’Italia quando aveva 19 anni. Da 11, vive e lavora all’estero.
Prima di trasferirsi in Uk per studiare fisica all’università di Edimburgo, Chiara ha frequentato il liceo classico a indirizzo matematico-scientifico di Ivrea. “Ho adorato gli anni del liceo. Penso che i licei italiani siano di altissimo livello a confronto con quelli esteri e che dian basi solide su molte materie”, aggiunge.
In Gran Bretagna l’anno universitario inizia a settembre e termina a maggio: “C’è soltanto un appello, e non esiste il concetto di rifiutare un voto e rifare l’esame come in Italia”, sorride. Questo permette agli studenti di avere 4 mesi in estate in cui di solito svolgono “esperienze lavorative in laboratori sia accademici che in ambito industriale”.
Le differenze rispetto all’Italia si fanno sentire. Non è un mistero, ad esempio, che in Svizzera i salari siano molto alti, e le tasse molto basse. Nella maggior parte dei paesi europei (e anche in UK), precisa Chiara, i salari dei ricercatori sono “miseri, appena sufficienti a coprire le spese. All’università di Oxford – spiega –, una delle città più care del paese, dove una stanza costa tra 500 e 1000 sterline al mese, gli studenti di dottorato ricevono circa 13.000 sterline l’anno. Considerando che i dottorandi sono ragazze e ragazzi intorno ai 25-30 anni, è veramente difficile pensare di mettere qualcosa da parte per il futuro, tantomeno avere dei figli”.
E in Italia? “Non esiste ancora un sistema veramente meritocratico. Di conseguenza le persone intelligenti che vedono opportunità dopo opportunità finire a persone meno capaci (ma meglio collegate) si stufano. Penso che tutti i paesi europei (e non solo) siano molto felici di questa situazione infelice italiana – aggiunge – perché di continuo si vedono arrivare persone altamente qualificate e davvero brillanti, senza aver dovuto spendere nulla nel formarle”.
Tornare in Italia per Chiara è il “sogno nel cassetto”. Per ora non ha mai ricevuto proposte, mentre continua a ricevere “costanti richieste e offerte di lavoro” da vari paesi (tra Europa e America). “La ricerca è un patrimonio enorme per un paese, forma esperti e spinge il progresso. Se la classe politica non ne prende atto, e di conseguenza non stanzia fondi sufficienti, la nazione rimane indietro, in una situazione stagnante”.
Ai giovani consiglierebbe di far sentire la propria voce: “La situazione italiana è molto difficile per giovani alla ricerca di lavoro. Alzate la voce, fate sentire le vostre opinioni alla classe politica, il futuro è vostro, non loro”. Prima di concludere: “È vero, se non fossi partita sarei stata più vicina ai miei famigliari e ai miei amici. Ma all’estero mi sono sempre sentita valorizzata, non ho praticamente mai dovuto cercare lavoro, il lavoro ha cercato me, e non ho mai avuto salari inadeguati”.
Questo articolo è stato pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 7 gennaio 2022