Ilva, il consiglio di stato prende tempo

di Massimo Franchi /
14 Maggio 2021 /

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Ambiente contro Lavoro. Al dibattimento Mittal e governo contestano il legame fra inquinamento e morti. Sindaco e associazioni: grave. Peacelink: 800 morti in più a Taranto in 8 anni. L’Eurispes: va chiusa

Doveva essere il giorno decisivo per il futuro dell’ex Ilva di Taranto. E invece il consiglio di stato si è preso tempo e emetterà il suo verdetto «nell’arco di poche settimane». Ad annunciarlo lo stesso sindaco Rinaldo Melucci, che era stato in presidio davanti alla sede di Palazzo Spada a Roma. Il Consiglio di stato infatti dovrà decidere su un suo atto: il ricorso presentato da ArcelorMittal e Ilva in amministrazione straordinaria è contro la sentenza del Tar di Lecce, al momento sospesa, che impone la fermata degli impianti del Siderurgico ritenuti inquinanti in ottemperanza proprio a una ordinanza del primo cittadino.

Il dibattimento è stato lungo perché sono state ascoltate le tante parti in gioco. Oltre all’azienda, sono state le posizioni del governo tramite il fu ministero dell’Ambiente – che ha in pratica annunciato una nuova Autorizzazione di impatto ambientale – e il nuovo dicastero della Transizione ecologica guidato Roberto Cingolani a destare polemiche: hanno contestato il rapporto fra emissioni inquinanti e patologie (prima fra tutte i tumori che hanno ucciso tanti bambini) «senza il dovuto approfondimento tecnico» e sostenuto la centralità dell’Ilva di Taranto con grandi investimenti per la renderla ecosostenibile, contestando che il potere del sindaco di Taranto di intervenire in materia, in quanto già regolata dall’Aia e dal Piano ambientale, che attribuirebbero allo Stato ogni competenza anche in caso di rischi sanitari.

DA PARTE SUA MELUCCI ha ribadito come il verdetto del consiglio di stato «può essere, in termini di credibilità, la “Caporetto” del governo Draghi. O, al contrario, può rappresentare l’inizio di una nuova epoca di ripartenza e resilienza. Vedremo se il carbone e l’acciaio valgono più della vita umana nell’Italia del ventunesimo secolo».

«Arcelor Mittal e il ministero della Transizione ecologica hanno prodotto atti che dicono la stessa cosa: non è dimostrato che l’eccesso di mortalità a Taranto sia collegato all’inquinamento – denuncia il segretario dei Verdi Angelo Bonelli – . Com’è possibile che un ministero che deve tutelare l’ambiente e quindi la salute possa dire, in un’aula di un tribunale, le stesse cose della multinazionale dell’acciaio mettendo in discussione le indagini epidemiologiche?».

A poca distanza dal consigli di Stato in mattinata cittadini e rappresentanti di Comitati e associazioni di Taranto hanno manifestato davanti a Montecitorio per il secondo giorno consecutivo, chiedendo lo stop agli impianti inquinanti. Presenti anche alcune mamme che hanno mostrato le foto dei propri figli morti per malattie che ritengono connesse all’inquinamento.

PROPRIO IERI PEACELINK ha reso pubblico un suo studio realizzato da quattro ricercatori: un epidemiologo, due statistici e un docente di Igiene e prevenzione ambientale. «Raffrontando la mortalità dei quartieri di Taranto più vicini all’area industriale (Tamburi, Borgo e Paolo VI) e la mortalità regionale, dal 2011 al 2019 in totale vi sono stati 1075 morti in eccesso, di cui 803 statisticamente significativi. L’eccesso di mortalità medio annuo – aggiunge l’associazione ambientalista – è di 119 morti di cui 89 statisticamente significativi».

E A CHIEDERE LA CHIUSURA dell’Ilva di Taranto ieri è arrivato anche il presidente dell’istituto di ricerca Eurispes Gian Maria Fara: «Ribadiamo la nostra proposta: smontare Ilva salvaguardando occupazione», ha affermato nel corso della presentazione del rapporto Eurispes 2021. «È un progetto che dobbiamo pensare da qui a trent’anni proprio per evitare impatti sull’occupazione: dieci anni per smontarla, dieci per bonificare la zona e dieci anni per restituire Taranto alla sua naturale vocazione – continua Fara – . Occorre smontare tutti i Frankenstein del paese e lo ribadisco: l’Ilva non è più uno stabilimento dentro la città di Taranto ma è ormai la città ad essere rinchiusa dentro quello stabilimento», conclude Fara.

Questo articolo è stato pubblicato su Il manifesto il 14 maggio 2021

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