Per la 39enne il tribunale di sorveglianza ha disposto la detenzione domiciliare
«Dana uscirà tra poco dal carcere». La notizia che tutto il movimento No Tav aspettava da 7 mesi è arrivata alle 14. Dana Lauriola, storica esponente del centro sociale Askatasuna e portavoce degli attivisti che si oppongono alla Torino Lione, può tornare nella sua abitazione di Bussoleno, agli arresti domiciliari. Questa mattina, 15 aprile, il tribunale di sorveglianza, dopo una lunga serie di rifiuti, ha accolto le richieste della difesa, ma ha imposto a Dana il divieto assoluto di mantenere contatti e relazioni con esponenti del movimento No Tav.
Dana era stata arrestata all’alba del 17 settembre in seguito a una sentenza di condanna a due anni reclusione. La 39enne torinese, trasferita da oltre un anno a Bussoleno, è stata condannata definitivamente a due anni di reclusione per aver partecipato, – come speaker – a una manifestazione di protesta di fronte al casello autostradale di Avigliana, il 3 marzo 2012. In quell’occasione le sbarre non vennero abbassate e a 12 persone, fra le quali anche Nicoletta Dosio, è stato contestato il reato di concorso in violenza privata. Fino al giorno del movimentato arresto, nel tranquillo condominio di via Ravetto, il tribunale di sorveglianza aveva respinto tutte le richieste di misure alternative. Le motivazioni del diniego erano legate alla sua militanza e partecipazione attiva ad altre manifestazioni No Tav, al mancato «pentimento» e – soprattutto – al fatto di abitare proprio in un paese, considerato una delle «basi» valsusine dell’opposizione alla Torino-Lione.
«Finalmente una parte di questa ingiustizia termina, ma non ci possiamo accontentare, vogliamo Dana completamente libera, così come Fabiola e tutti e tutte le No Tav che hanno qualsiasi limitazione della libertà imposta – commentano dal movimento – Dana sarà agli arresti domiciliari con tutte le restrizioni del caso, non potrà ricevere visite o altro, ma ci batteremo anche contro questa ennesima vendetta». «Non siamo del tutto soddisfatti del provvedimento – le dichiarazioni dei legali di Lauriola, Claudio Novaro e Valentina Colletta – Si tratta di una decisione che arriva 7 mesi in ritardo e che, nonostante l’ottima relazione dell’equipe trattamentale interna al carcere, che è il pilastro su cui dovrebbe fondarsi la valutazione dei magistrati, concede solo la misura più restrittiva, quella della detenzione domiciliare, corredata da una serie di prescrizioni e divieti fortemente limitativi». Ancora una volta i legali criticano le motivazioni alla base della decisione: «L’apparato motivazionale del provvedimento, poi, stigmatizza l’appartenenza ideologica di Dana e la corrispondenza da lei inviata dal carcere, che considera foriere della commissione di nuovi reati, in contrasto, a nostro parere, con il diritto costituzionalmente tutelato di esprimere le proprie opinioni».
Durante questi 7 mesi non si è mai fermata la campagna per la scarcerazione di Dana Lauriola alla quale hanno aderito giuristi, politici, docenti universitari ed esponenti del mondo dello spettacolo e della cultura come Elio Germano, Luca Mercalli, Sabina Guzzanti, Erri De Luca e Zerocalcare. Secondo gli esponenti del movimento di opposizione all’Alta Velocità «una condanna a due anni di carcere per aver impugnato un megafono corrisponderebbe all’applicazione di un «modello prettamente punitivo volto a intimidire le persone e minacciare il diritto al dissenso, di parola e di espressione. Visto che per il reato di violenza privata la condanna parte da 15 giorni». A far discutere erano state soprattutto le motivazioni della mancata concessione degli arresti domiciliari. Fra queste il giudice ha indicato anche la residenza a Bussoleno, dove ci sarebbe stato il «concreto rischio di frequentazione dei soggetti coinvolti in tale ideologia». Una sorta di «aggravante di luogo» che aveva fatto infuriare anche la sindaca valsusina Bruna Consolini, ma che oggi sembra essere stata improvvisamente superata.
Questo articolo è stato pubblicato su Il Corriere Torino il 15 aprile 2021