1980 d.C.: il governo dei peggiori

di Riccardo Lenzi /
26 Febbraio 2021 /

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5 marzo 1980. A conclusione del XIV congresso nazionale della Democrazia Cristiana, il deputato trentino Flaminio Piccoli viene eletto segretario nazionale. Tre giorni dopo, a Castelfranco Veneto, qualcuno lascia del tritolo sotto casa della sorella di Tina Anselmi, ex ministro della sanità e futura presidente democristiana della Commissione d’inchiesta sulla P2. Piccoli prende il posto di Benigno Zaccagnini, è la seconda volta che guida il primo partito italiano, Vent’anni prima lo era stato per meno di un anno, tra gennaio e novembre del 1969, alba della strategia della tensione. Ora, a dieci anni di distanza, mentre il terrorismo politico rosso-nero sta raggiungendo l’apice della sua lucida follia eversiva, tocca a lui interpretare la linea politica indicata nel “preambolo”1 vergato dal capocorrente Carlo Donat-Cattin: «Le condizioni politiche dell’intesa con i comunisti non sono le migliori per raggiungere e stabilizzare un equilibrio democratico». Mai più alleanze di governo con il Pci di Berlinguer. Curiosità: la corrente di Donat-Cattin si chiama Forze Nuove e dovrebbe rappresentare la “sinistra sociale” della Dc; nulla a che vedere con la Forza Nuova di oggi. Oltre a Piccoli, il preambolo è sottoscritto da Amintore Fanfani e dal lombardo Giovanni Prandini (padre dell’attuale presidente di Coldiretti, Prandini è destinato a riempire le cronache di Tangentopoli, grazie alle imprese della “banda dei quattro”2). Il preambolo viene approvato dalla maggioranza dei delegati al congresso, riuniti a Roma dal 15 al 20 febbraio: la nuova linea del primo partito italiano sancisce la definitiva estromissione del Pci da ogni possibile maggioranza di governo. Giulio Andreotti critica aspramente la maggioranza del suo partito:«Secondo voi i comunisti non devono essere al governo con noi, non debbono aspirare ad una alternativa di sinistra, non debbono tornare ad essere un partito rivoluzionario. Ma che pensate? Forse che decretino di autosciogliersi come, più o meno, fece la massoneria sotto il fascismo?».

La stagione della “solidarietà nazionale” è archiviata. A due anni dal sequestro di Aldo Moro, la Dc sceglie di ripudiare la linea politica del suo ex presidente. L’uomo che da quel partito, prima di essere ammazzato, aveva deciso di uscire per sempre: «il mio sangue ricadrà su di loro». A dimostrazione che la cosiddetta strategia della fermezza, teoricamente condivisibile e infatti largamente condivisa, ha occultato una indicibile ipocrisia: l’esistenza di persone, dentro e fuori la Dc, che in cuor loro hanno vissuto la scomparsa di Moro come una liberazione. Infatti, seppellito il cadavere, a lungo si è tentato di demolire il politico, lo statista, l’uomo di cultura. La politica di Moro, evidentemente, faceva più paura del Moro in carne e ossa. Un mese prima del XIV congresso Dc, altri assassini prezzolati erano stati incaricati di eliminare il suo probabile erede politico, Piersanti Mattarella (6/1/80). Anche le Brigate Rosse, come sempre, avevano fatto la loro parte, ammazzando il giurista cattolico Vittorio Bachelet, Vicepresidente del Csm (12/2/80). La parte migliore della dirigenza democratico cristiana è ormai azzerata, i nemici di Moro hanno vinto. Bachelet, per esempio, viene sostituito al Csm dal piduista toscano Ugo Zilletti.

Tra le prime conseguenze di questo terremoto c’è la nascita di uno tra i peggiori governi d’Italia. Il 18 ottobre 1980 nasce il gabinetto guidato da Arnaldo Forlani, condito da pessimi ministri: Adolfo Sarti alla giustizia, Franco Foschi al lavoro, l’inossidabile Virginio Rognoni all’interno, i socialisti Enrico Manca e Gianni De Michelis rispettivamente al commercio con l’estero e alle partecipazioni statali. Durerà meno di un anno: imprevedibilmente, sarà spazzato via il 26 maggio 1981 dallo scandalo P2. Meno imprevedibilmente il sistema di potere piduista, benché smascherato, resisterà, sopravviverà e consegnerà a meritevoli eredi la delicata gestione del grande ricatto alla Repubblica. Non basterà lo straordinario lavoro della Commissione Anselmi per fare pulizia.

Intanto a Washington la fragile presidenza di Carter aveva perso consensi: come non bastassero la disoccupazione e la crisi degli ostaggi in Iran, il Presidente Usa sta per ricevere il colpo di grazia politico da alcuni maître di sala italo-americani, pronti a servire la testa del “peanut farmer” georgiano sul tavolo della famelica destra repubblicana, contando sulla collaborazione dei vertici del servizo segreto militare italiano. Nel 1978 «una delegazione di uomini d’affari americani – alla cui testa c’era Billy Carter, fratello di Jimmy, il presidente democratico uscente degli Stati Uniti – approdò a Tripoli dopo aver accettato un invito del colonnello Muammar Gheddafi. Qualche mese dopo Michael Ledeen, l’agente Z33 con cui Pazienza fu a lungo in contatto (…), si fece portavoce di una richiesta dei repubblicani rivolta al Sismi: scoprire che tipo di affari Billy Carter concludeva con il dittatore libico, acerrimo nemico degli Stati Uniti. Se ufficialmente il Sismi rifiutò di collaborare, il generale Santovito nel settembre 1980 incaricò Francesco Pazienza, che si diede da fare (…) registrando una conversazione dai contenuti imbarazzanti per il fratello del presidente Usa. La cassetta fu consegnata a Ledeen e al generale Alexander Haig (…). Pazienza organizzò anche due viaggi negli Stati Uniti a esponenti pubblici tricolore: nel dicembre 1980 quello del senatore democristiano Francesco Mazzola, sottosegretario alla difesa con la delega ai servizi segreti durante il sequestro Moro,e nel gennaio 1981 del segretario scudocrociato Flaminio Piccoli che culminò con l’incontro con Haig, nel frattempo divenuto segretario di stato alla Casa Bianca». [A. Beccaria, “Il faccendiere”, 2013 Il Saggiatore] Il 20 gennaio 1981, insediatosi alla White House, Ronald Reagan inizierà a dettare agli apostoli una nuova “dottrina”: la sua. Deciso a contrastare con ogni mezzo l’odiato “impero del male” sovietico, l’ex governatore della California investe milioni di dollari nel riarmo nucleare, riaccendendo la macabra fornace della guerra fredda.

Torniamo alla Roma di quegli anni. Con pari cinismo il leader del Psi Bettino Craxi, che tanto si era speso per la trattativa con i carcerieri di Moro, coglie al volo l’assist dei dorotei, siglando un patto di ferro con Andreotti e Forlani: è la genesi del famigerato CAF. D’ora in poi la Presidenza del Consiglio può essere occupata anche da politici “laici”, purché non comunisti. In cambio i democristiani continuano ad essere gli azionisti di maggioranza del governo. L’esperimento politico viene laicamente battezzato “Pentapartito”, perché oltre al Psi coinvolge Psdi, Pli e Pri. L’anticomunismo è tornato di moda e guiderà (malissimo) l’Italia negli anni a venire. A metà di quel dispendioso decennio Flaminio Piccoli è presidente del consiglio nazionale Dc. L’incarico che dieci anni prima era stato ricoperto da un uomo del sud – il migliore dei democristiani: «il più sagace, il più abile di tutti» secondo lo stesso Piccoli – è ora ricoperto da uno dei peggiori democristiani del nord. Nè lui, né Forlani, né Cossiga (giunto serenamente al Quirinale, anche grazie ai voti del Pci di Natta) immaginano che la minaccia sovietica è sull’orlo del collasso. E con essa l’odiato Pci. Tanto meno possono immaginare che nel 1990 Andreotti deciderà di svelare al mondo l’esistenza di Stay-Behind4, aprendo un vaso di Pandora che sarà tragicamente richiuso a forza di bombe, omicidi, insabbiamenti e neonati movimenti politici. Finite le ideologie, resteranano le favole. Come quella della mai nata “Seconda Repubblica”. Nel 1986 Piccoli viene eletto presidente della Commissione Esteri della Camera. Era appena stato assolto5 da pesanti accuse di peculato e associazione a delinquere di stampo camorristico. A tal proposito, due anni prima si era definito “un ingenuo”: «Confermo di aver conosciuto il Pazienza a New York nel gennaio 1981. Dovendomi recare negli Stati Uniti per una serie di incontri politici con esponenti della nuova amministrazione americana nella mia qualità di segretario politico della DC, ho dovuto – come è consuetudine [sic!] – avvisare del viaggio il capo del Sismi, all’epoca generale Santovito. Nel corso del colloquio il suddetto mi disse che, se giunto negli Stati Uniti avessi incontrato problemi, potevo rivolgermi a un collaboratore locale del servizio, che aveva preziose entrature presso le autorità statunitensi. Tale persona era Pazienza».

Piccoli è morto nel 2000. Non ha mai digerito lo scioglimento della Dc. Chi l’avrebbe mai detto in quel lontano 1980: quarant’anni dopo, un paio di suoi parenti hanno fatto la pace con i comunisti. Paolo Piccoli, il nipote notaio, è l’attuale presidente del consiglio comunale di Trento. Flavia Piccoli Nardelli, che per un quarto di secolo ha diretto l’Istituto Luigi Sturzo, è deputata Pd, apprezzata per il suo impegno nella Commissione Cultura alla Camera dei deputati. Panta rei.

 

Note

1 http://www.settimananews.it/politica/democrazia-cristiana-moro/

2 https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/12/morto-giovanni-prandini-era-nella-banda-dei-quattro-del-governo-andreotti-poi-fu-travolto-dallinchiesta-mani-pulite/4219987/

3 https://www.rai.it/programmi/report/news/2020/07/Esclusivo-le-carte-inedite-sulla-Strage-di-Bologna-Gli-agenti-di-influenza-americani-e-lalleanza-tra-Gelli-neofascisti-e-Sismi-c1ca2727-e696-472a-97cf-91063e95e397.html

4 http://www.piantiamolamemoria.org/il-caso-gladio-stay-behind/

5 https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/02/21/per-gli-appalti-prosciolto-flaminio-piccoli.html

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