Maurizio Pulici ci ha lasciato.Una perdita che ha riempito di dolore chi lo ha conosciuto.Il nome di Maurizio rinvia la memoria a via de Gandolfi, una piccola strada laterale di Via Ferrarese al centro della Bolognina, il quartiere dove un pezzo importante del Manifesto si è formato. Era una sala dove si svolgevano riunioni con gli operai delle fabbriche dove si erano costituiti collettivi operai studenti: Sasib, Minganti, Casaralta,Acma, Cevolani ,Turolla. Poi il trasferimento in Via de Chiari e l’ultima tappa, eravamo gia Pdup per il comunismo, in via Avesella
I collettivi operai studenti rappresentavano una novità importantissima per Bologna, ciò che distingueva il Manifesto che si era costituito nel 1969 da altre formazioni politiche nel processo di trasformazione del movimento studentesco in movimento politico con aspirazioni più generali
Le discussioni vertevano su cottimo e qualifiche con analisi accanite sulla struttura del lavoro, il rapporto salario produttività, le forme di lotta più efficaci per esercitare i diritti sindacali dei consigli operai che avevano sostituito le vecchie commissioni interne.
Durante quelle notti di studio si mescolavano i Grundisse, Nietzsche, fogli, schemi, analisi dei reparti,e delle fasi di lavorazione. Descrizioni minute, scientifiche, fatta da Claudio Sassi, Valerio Rambaldi, Guido Canova, Paolo Inghilesi,Beppe Belinelli, Giancarlo Bonezzi, Murizio Fabbri ,ossia dai lavoratori che esprimevano il punto di vista più avanzato del nuovo sindacalismo. I dati venivano poi trasferiti in bella copia da Roberto Dionigi,Massimo Serafini, Otello Ciavatti, Maurizio Pulici, Grazia Negrini,Duccio Campagnoli, Paolo Nerozzi, Antonio Napoletano, Carla Pratella,Livia Zaccagnini,Paolo Passarini, Stefano Bonilli,Roberto Buonamici e tanti altri che si erano formati nelle lotte universitarie, ma avevano intravvisto nel rapporto scuola società la chiave di volta della lotta sociale.
Andare in fabbrica a volantinare e invitare la Fiom in facoltà sembrava assolutamente naturale e forse in questo scambio, più che in ogni altro momento si è realizzata un’idea alta di politica, di organizzazione sociale fondata sull’ eguaglianza delle opportunità ,e sul ruolo assegnato al lavoro che non ha più avuto luogo successivamente
Gli operai giovani,spesso provenienti da forti ondate migratorie entravano in una fabbrica priva di forme di democrazia,dove il sindacato era appena tollerato,si licenziava con facilità, le donne avevano salari inferiori agli uomini, esistevano le gabbie salariali, non c’èra contratto integrativo, si lavorava più di 40 ore, imperavano sistemi incentivanti come il cottimo che dividevano i lavoratori, spremendo la loro materialità,comprimendo ogni possibilità creativa. In breve non esisteva un potere dei lavoratori che potesse esplicarsi all’interno della fabbrica, nonostante ciò che diceva la costituzione.Dal 1953 al 1960 la produzione industriale era cresciuta del 89%,la produttività del 62%,ma i salari erano calati mediamente dell’1%.Inoltre era aumentato il divario tra nord e sud ,vi era stata una fortissima migrazione interna, dal 1955 al 1970 oltre 9 milioni di persone avevano lasciato la Sicilia, Puglia, Campania, diretti al nord con il treno del sole, per lavorare nell’edilizia, nella meccanica in fabbriche che li accoglieva male, in città dove le abitazioni costavano molto e quelle che si costruivano per i nuovi lavoratori erano spesso confinate in periferie prive di servizi.
In breve, produzione di serie, massificazione del lavoro, operai comuni mal pagati con difficoltà anche nelle relazioni sindacali visto che l’azione della Confindustria tendeva a creare divisioni, a firmare accordi separati che escludevano la CGIL, da cui conflitti come quelli di Piazza Statuto con la Uil nel 1962.
La svolta nel senso di una maggiore autonomia si ebbe nel congresso della Fiom del 1970 quando vennero riconosciuti i consigli di fabbrica,già operanti di fatto come istanza di base del sindacato.L’assemblea dei lavoratori – fondamentale novità introdotta dai consigli di fabbrica e conquistata dai metalmeccanici con il contratto del ’69-70 – diventerà il momento democratico più alto nell’attività sindacale in fabbrica.
Il 1970 rappresenta un momento fondamentale anche perchè il 20 maggio viene ratificata la Legge 300, lo «Statuto dei lavoratori» (richiesto da Di Vittorio già al Congresso della Cgil del 1952). Lo Statuto dei lavoratori arriva come forma costituzionale che rispetta il lavoro e introduce i diritti democratici in fabbrica,in primo luogo quello di non essere licenziato per motivi diversi dalla giusta causa-
Insomma tra il 1968 e il 1970 grazie a una generazione di operai metalmeccanici, tessili, chimici in particolare si ottiene una modifica rilevante del modo di lavorare, delle condizioni di democrazia, si aboliscono le gabbie salariali,si ottengono progressi nei diritti delle donne ( maternità, salari), si può fare contrattazione integrativa, si ha diritto all’assemblea, al consiglio di fabbrica, si riduce l’orario a 40 ore, si interviene sulle scelte produttive, si avvia il superamento del cottimo a favore di un maggior coinvolgimento dei lavoratori e della loro capacità innovativa.
Maurizio Pulici è stato uno dei protagonisti di queste radicali trasformazioni e l’esperienza acquisita durante la ricerca sui temi dell’organizzazione del lavoro diventerà patrimonio inalienabile della sua formazione e dell’impegno successivo nel sindacato, nella stesura del bel libro Il sapere operaio. Il ruolo di Giancarlo Bonezzi nel ciclo di lotte degli anni ‘70 alla SASIB e nella Bolognina.
L’ultima volta che ci siamo sentiti è stata in occasione un mese fa della presentazione del libro di Massimo Serafini e Luciana Castellina La fabbrica del manifesto. Il decennio rosso 1969/1979. Resta ora il ricordo indelebile di un periodo storico dove conoscenza, trasparenza e ricerca della verità camminavano assieme alla utopia di un mondo migliore.