Secondo il rapporto dell’Agenzia europea per l’Ambiente in Europa nel 2018 sono state 400mila le morti premature dovute all’esposizione ai particolati fini. In Italia i decessi causati dal PM2.5 sono stati 52.300. Nonostante alcuni miglioramenti nella qualità dell’aria nell’ultimo decennio, il quadro rimane preoccupante.
In Europa l’inquinamento atmosferico mette ancora a rischio la salute della popolazione. Nonostante il miglioramento nella qualità dell’aria registrato negli ultimi dieci anni, le emissioni climalteranti e le polveri sottili continuano ad avere impatti significativi sulle condizioni di salute della popolazione, in particolare nelle aree urbane. Secondo i dati dell’Agenzia europea dell’Ambiente (European Environment Agency, Eea), contenuti nell’ultima edizione del rapporto “Air quality in Europe” pubblicato il 23 novembre di quest’anno, nel continente nel 2018 le morti premature dovute all’eccessiva esposizione a concentrazioni di inquinanti sono state almeno 400mila.
Il report, in cui sono analizzati dati raccolti da più di 4mila centraline posizionate in tutta Europa, mostra che nel 2018 il 34% degli abitanti delle città dei 27 Paesi dell’Unione europea e del Regno Unito ha respirato aria contenente particelle di ozono (sostanza formata da inquinanti come monossido di carbonio, metano e composti organici volatili, ndr) superiori ai livelli previsti dalla legislazione comunitaria. Solo quattro Paesi -Estonia, Finlandia, Islanda e Irlanda- hanno registrato un livello di particolato fine nell’aria al di sotto della soglia stabilita dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il 15% inoltre ha respirato particelle di PM10 superiori ai limiti europei.
Sei Paesi, tra cui l’Italia, hanno superato il limite previsto dall’Unione europea per il PM2.5 (particelle che penetrano nell’apparato respiratorio e possono provocare problemi cardiovascolari e polmonari, ndr). Proprio a causa dell’esposizione al PM2.5 nel 2018 in Italia hanno perso la vita 52.300 persone: è il dato europeo più alto.
Rispetto al 2009, le morti premature dovute all’inquinamento atmosferico nel 2018 sono state 60mila in meno. In Europa e nel Regno Unito 45mila decessi sono stati causati dal biossido di azoto, meno della metà rispetto a dieci anni fa. Tuttavia l’Agenzia ha stimato che nel 2018 l’esposizione al particolato fine ha portato a 417mila morti premature, di cui 379mila nei Paesi europei. “Non possiamo ignorare che il numero delle morti premature è ancora troppo alto. Se vogliamo proteggere la salute delle persone, dobbiamo ridurre ulteriormente l’inquinamento e allineare i nostri standard sulla qualità dell’aria ai parametri dell’Organizzazione mondiale della sanità”, ha dichiarato Virginijus Sinkevičius, Commissario per l’ambiente, gli oceani e la pesca.
Nonostante i dati sui decessi, l’Agenzia europea ha evidenziato un miglioramento della qualità dell’aria nel periodo 2009-2018. Il rapporto ha rivelato che dal 2001 le emissioni dei principali inquinanti atmosferici, compresi gli ossidi di azoto, provenienti dai trasporti sono diminuite mentre sono stati più lenti i progressi per le emissioni derivanti da edilizia e agricoltura. “I dati di Eea dimostrano che investire in una migliore qualità dell’aria rappresenta un vantaggio in termini di salute e produttività per tutti gli europei. Politiche e azioni coerenti con l’obiettivo europeo di azzerare l’inquinamento permettono di vivere più a lungo e in migliori condizioni di salute, oltre a rendere le società più resilienti”, ha affermato Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Agenzia europea dell’Ambiente.
Sempre l’Agenzia ha poi sottolineato che le misure per frenare la diffusione del Covid-19 hanno portato a un temporaneo miglioramento della qualità dell’aria in Europa. La concentrazione di biossido di azoto, per esempio, è diminuita del 61% in Spagna, del 52% in Francia e del 48% in Italia nel mese di aprile, quando sono state imposte le prime misure di restrizione ai movimenti e alle attività produttive a causa della pandemia. Dal 15 marzo al 20 aprile 2020, per esempio, a Milano le emissioni di biossido di azoto sono diminuite del 54% rispetto alle settimane precedenti. L’Agenzia ha sottolineato che l’esposizione a lungo termine ad agenti inquinanti causa malattie cardiovascolari e respiratorie, entrambi identificati come fattori di rischio di morte nei pazienti affetti da Covid-19, ma rimanda a ulteriori ricerche epidemiologiche per studiare la causalità tra l’inquinamento atmosferico e l’esposizione al Coronavirus.
Questo articolo è stato pubblicato su Altreconomia il 25 novembre 2020