La favola bella di ERT, nonostante tutto

di Silvia Napoli /
29 Settembre 2020 /

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Diciamolo, in questo anno pieno di anomalie, di dipartite eccellenti e in qualche modo irrimediabili, di confusione e smarrimento, anche culturale, la voce di ERT, ovvero, la Fondazione teatrale regionale spalmata su ben 5 teatri del territorio, non è mai venuta meno, anche nei momenti più bui e restrittivi del cosiddetto lockdown da pandemia.

Attivando il canale ERT on air, un occhio attento, documentatore ed amorevole nello stesso tempo, non siamo rimasti deprivati di Arte, Bellezza e Immaginazione, rivedendo produzioni memorabili dell’annata appena trascorsa, entrando noi spettatori utenti nelle case più creative dell’area metropolitana dove si sono allestiti piccoli eventi in diretta streaming per noi.

Di contro Arena, appena è stato possibile, è stata tra i primi a ricevere il pubblico in sala con un saluto di letture collettive dei grandi maestri pensatori del teatro novecentesco, proseguendo poi con una ricca programmazione nel Chiostro, tutt’ora aperta e intesa come momento di riflessione condivisa su grandi temi etici e scientifici. Numerosissime le azioni teatrali estive nei quartieri, attivando nuove agorà un po’ ovunque, per non lasciare proprio indietro nessuno in questa festa collettiva che in fondo il Teatro continua ad essere, come mi conferma lo stesso Direttore curatore Longhi, chiacchierando di debutti e programmazioni.

In definitiva ERT è veramente uscito dal suo usuale perimetro spazio temporale per resettarsi su una continuità di presenza e varietà di proposte, considerando anche qualche recupero in sala di ciò che si era messo in standby prima, che era già nella sua carta di intenti con l’attuale gruppo di lavoro, ma che ha subito una vera accelerazione e ha sorprendentemente reso la sua fisionomia maggiormente modulare, agile, laboratoriale, cosa non semplice per una grande istituzione che agisce in territori e contesti diversi .

C’è da chiedersi se in qualche modo gli eventi che ci stanno mettendo così a dura prova, non ci abbiano fatto sviluppare già anticorpi quantomeno sul piano organizzativo. Ne parliamo poco tempo dopo la presentazione ufficiale della nuova stagione 2020-2021, che come ormai usa in altri paesi e come si rivela prudente in un’era di globali incertezze, si divide in due tranches e quella presentata ora serve a traghettarci verso il 2021. Si parte anche subito con uno sforzo produttivo, che entra anche vivacemente nel mezzo delle cose, quelle cose che stanno a cuore alla direzione Ert e stanno a cuore a Longhi che infatti ne firma la regia, in quanto uomo di teatro a tutto campo e cittadino critico-consapevole, vorrei aggiungere.

Ma prima di arrivare a questo tema, che è anche una delle scelte distintive del momento, ovvero di intensificare le produzioni, valorizzare e far lavorare il proprio patrimonio di risorse umane e di know how, possiamo partire dall’aspetto iconografico pensato e voluto per rendere inconfondibile la nuova ricca e molto pensata programmazione, esatto opposto di un possibile sospetto di far quel che si può con quel che c’è.

Una volta c’era, recita la titolazione di stagione iscritta su un manifesto che ammicca all’estetica di Bansky, in cui spicca la figuretta stilizzata di Cappuccetto Rosso immersa in una caotica giungla urbana. Da qui partiamo per la nostra conversazione:

“Quando è scoppiata l’evidenza pandemica, possiamo dire che noi eravamo piuttosto avanti con la definizione della stagione. Avevamo inizialmente ritenuto opportuno avviare una riflessione sul tema della trasmissione di valori e saperi tra generazioni. Uno spunto possibile per cogliere un ponte tra le classi di età potevano essere le favole. Le favole non già intese come belle storie consolatorie, ma come portatrici di ordine morale in un mondo che già ci appariva dominato dal caos. Mi ispirava particolarmente, in questo senso, il pensiero di Sanguineti che addirittura nel sogno cercava un fattore ordinativo rispetto al disordine irrazionale delle cose. Quando poi siamo stati travolti da una forma di caos che neppure potevamo supporre, lo stimolo fiabesco è tornato e abbiamo scelto figure guida: Mago Merlino, Alice, Robin Hood, Pinocchio, come si vede figure assertive, attive e su tutte, Cappuccetto Rosso che attraversa un luogo altamente simbolico come il bosco, veramente parte dell’inconscio collettivo, declinabile in senso ambientale diversificato e molto attinente sia all’idea di occuparci della relazione con il nostro habitat, sia all’idea di essere in guardia e pronti a tutte le evenienze. Ho anche sentito una cesura forte con tutto quello che c’era prima, anche se non sempre è corretto mettere paletti e servono appunto come forma di tutela dal disordine che presiede alle nostre vite, perchè se è vero che il terzo millennio era già iniziato male con il terrorismo jidaista, c’è da dire che questo evento epidemico ha superato persino le guerre mondiali . Davvero, se prima avevamo percepito la globalizzazione come un fatto di comunicazioni o di brand o di finanza adesso, con tutto il mondo messo in scacco, ne possiamo toccare con mano effetti immediati, tangibili e quotidiani ad estensione impensabile”.

“Una torsione dunque ulteriore verso qualcosa di non ben definito, in cui, da un lato, cresce l’urgenza per noi operatori, di definire cosa sia mission del Teatro, Teatro pubblico intendo, che deve avere una funzione civile, dall’altro non si attenua nei nostri palinsesti, nonostante minori ospitalità che però sono bilanciate da maggiori collaborazioni di lungo respiro, l’accento messo sul nostro essere europei. Non voglio riferirmi qui agli equilibri politici di Bruxelles, quando dico Europa. Nonostante il debordare globale che dicevamo, l’Europa, pur in crisi profondissima, di diverso da altri luoghi mostra almeno una capacità di dibattito sui diritti civili, una reattività rispetto alla dialettica individuale/collettivo che non vedo altrove. Siamo stati poi costretti a reimparare cosa significasse welfare, cosa significhi salute pubblica. O ancora, dopo tanta esaltazione tecnologica e tecnicista, siamo stati costretti a tornare a interrogarci sul posto economico, culturale, valoriale della Scienza e soprattutto dobbiamo sorprenderci a non considerarla cosi lontana dall’Umanesimo, né dalle facoltà immaginative. La Scienza procede non per via di assiomi e certezze, ma per errori, dubbi, interrogazioni e soprattutto atti di creatività. Senza immaginazione neppure le particelle atomiche avrebbero potuto essere esperite ed è questa facoltà che la apparenta al Teatro. Non per caso è già in corso un ciclo di appuntamenti di riflessione, la novità vera introdotta dall’emergenza Covid, perché è poi facile anche fare opera di rimozione, dal titolo Scienza, Coscienza, Conoscenza, proprio per unire idealmente i puntini di una traiettoria”

Ma per tornare all’Europa essa è appunto soprattutto la sede del dibattimento sempre in corso tra democrazia e autoritarismo. Tutto questo è in sottotraccia per esempio nel lavoro di Thiago Rodrigues, titolato significativamente Catarina o della bellezza di ammazzare fascisti. Del resto il Portogallo è in questo momento uno dei paesi più interessanti in un proficuo post dittatura culturale. Ma la cosa più intrigante di tutte è che noi possiamo vedere l’Europa come una creazione che può essere compresa fino in fondo solo dagli occhi di chi europeo non è. Noi che viviamo in Europa continuiamo a sentirci divisi e a non comprenderci e fotografarci fino in fondo. Dagli altri continenti hanno invece una percezione più netta di cosa significhi identità europea. Questo spiega il nostro focus sull’Argentina, tra i paesi dell’altro emisfero, come un paese che ci somiglia ed insieme è meticcio. Un paese sensibile al teatro, al discorso artistico e pieno di contraddizioni vitali. Perciò avremo una proficua e speriamo lunga collaborazione con il drammaturgo argentino Alejandro Tantanian, che vanta anche sangue slavo nelle vene tanto per chiarire quanto sia plastica per noi l’idea del meticciato culturale. Sono per questo motivo sudamericani anche i formatori della nostra scuola di teatro Iolanda Gazziero, ovvero Sergio Blanco e Gabriel Calderon, due figure di spicco nel panorama dramaturg internazionale: Europa senza aperture al resto del mondo si chiude in uno sterile processo di senescenza. Quello che rende una complessa rete di teatri regionali un vero e proprio Teatro Nazionale è anche il farsi di una compagnia permanente che avrete certo avuto modo di apprezzare durante il lockdown quando si produceva nelle sue letture a puntate nello streaming televisivo e che ora si arricchisce di qualche nome fino ad arrivare a 14 elementi. Come pure è importante avere un repertorio e non bruciare gli spettacoli, le compagnie specie giovani, ma stabilizzarle, in qualche modo, che non significa affatto “normalizzarle”, ma permettere loro di crescere, di sperimentarsi e farsi conoscere da un pubblico più vasto possibile e più eterogeneo possibile. Non dobbiamo essere accecati dalla bulimia del nuovismo, pur praticando innovazione, innovazione che deve partire sopratutto dal corpo centrale organizzativo e operativo. Per questo riproporremo il Giardino dei Ciliegi dei Kepler e lavoreremo con la compagnia il Sotterraneo, che ha fatto molta strada dal premio Scenario in avanti. Per tornare al discorso rapporti internazionali, non dobbiamo dimenticare che il progetto Atlas of Transition biennale, sospeso come sapete per il Lockdown, sarà riprogrammato dal 2 al 6 Dicembre, con il titolo We the People e in questo ambito avremo il progetto internazionale di Lola Arias, scrittice, regista teatrale cinematografica, guarda caso di origine argentina. Il progetto si chiamerà lingua madre e nasce da una vera ricerca sul significato profondo della parola madre nel mondo, i cui esiti daranno vita a eventi performativi in numerose città sparse per il globo. Riprendiamo anche le Metamorfosi da Kafka di Andrew Lenton, sospeso alla passata edizione delle Vie dei Festivals

“Abbiamo anche autori italiani di impatto internazionale come Lisa Ferlazzo Natoli che stavolta torna ad un classico come Elettra e devo dirti che mi pare anche questa una scelta europea molto forte perchè la tragedia è all’origine del fatto comunitario teatrale nato proprio qui sulle sponde del Mediterraneo. Scelta europea mi pare riproporre anche Wasted da Kate Tempest, una delle più talentuose innovatrici della scena drammaturgico-letteraria britannica ad opera del sorprendente collettivo romano Blue Motion guidato da Giorgina Pi, regista attivista e femminista: come vedi anche moltissime donne centrali nella nostra programmazione. I nomi sono davvero tanti e sopratutto cerchiamo di valorizzare le nuove drammaturgie perchè ci siamo anche detti che una situazione inedita come questa linguaggi nuovi dovevano esprimere il presente. Questo non significa naturalmente che dobbiamo avere tanti spettacoli sul Covid, per dire. Bensì spettacoli che colgano lo spirito dei tempi che, anche se c’è una forte spinta a rimuovere tutto molto in fretta, ci impone di riflettere sul posizionamento individuale rispetto alla comunità. Nei lunghi mesi di lockdown, se c’è una cosa di cui ho sentito la mancanza e che ho imparato a valorizzare maggiormente ora, è proprio il discorso della squadra, la bellezza di fare un lavoro di gruppo: anche se talvolta può essere faticoso, lo scambio con gli altri ci rende migliori, assolutamente”

Allora, ti chiederei di parlarci di questo debutto, produzione che di fatto inaugura a Modena allo Storchi, la stagione, parte prima, dal titolo il peso del mondo nelle cose, di fatto in scena dal 29 settembre all’11 ottobre, diviso però in due parti e senza una maratona complessiva come altre volte accadeva.

“Sì, le maratone, anche se persino sommando queste due tranches, si sfiora di poco una durata complessiva di circa tre ore che certo non ci spaventa, non possiamo più permettercele, visto l’obbligo di tenere la mascherina tutto il tempo e anche degli obblighi sui lavoratori dello spettacolo. Però è importante capire che anche se le suggestioni da cui siamo partiti io e Alejandro Tantanian sono due racconti distinti di Alfred Doblin, l’autore per intenderci di Berlin Alexanderplatz, il lavoro che ne consegue è un terzo elaborato che vive di vita propria. Essi riflettono grottescamente uno dei periodi più bui della storia novecentesca e anche della vita personale di Doblin stesso che, rifugiatosi in America per scampare il nazismo, soffrì una fase di disadattamento ed ebbe una conversione religiosa. Essi si intitolano rispettivamente: Fiaba del materialismo e Traffici con l’aldilà. Il primo è una sorta di palinodia tragicomica del De rerum Natura, il secondo fa il verso ai gialli di Agatha Chiristie, conditi però con homour noir e spiritismo. Ci pareva a me e Alejandro, durante le nostre lunghe chiacchierate via skype che due fossero i nodi centrali da affrontare in questo momento e che puoi anche scrivere siano un altro aspetto della stagione: il rapporto distopico che abbiamo instaurato con la Natura e la buona dose di immaginazione, cosa che nulla ha a che fare con l’irrazionalità, di cui abbiamo bisogno per uscire da questo impasse globale. Tutti noi abbiamo avuta la percezione di una sorta di rimonta della Natura nei confronti dell’invadenza della specie umana e credo che di questo sentimento non dovremo dimenticarci come appunto un po’ fece Doblin con le sue ossessioni. Pescheremo dal discorso dei generi,chiavi interpretative cabarettistiche e di tono leggero per creare una festa teatrale speriamo collettiva, anche se i temi sono serissimi”.

In attesa di vedere e recensire, mi puoi parlare della politica nei confronti del pubblico? Politica dei prezzi, degli abbonamenti?

“Ti posso dire che sebbene le nostre città siano in sofferenza economica, il pubblico del Teatro risponde con entusiasmo e si allarga e noi veniamo incontro alle mutate disponibilità ed esigenze, con una politica di costo biglietti veramente competitiva e favorendo più che abbonamenti, carte molto libere e formule pensate per chi va in sala da solo, chi tra congiunti e chi in gruppo. Possiamo offrire anche un buon distanziamento sociale nelle sale. La gente ha voglia di teatro, di fare comunità e accetta di buon grado le file, l’igienizzazione, le mascherine. Tutto questo ci incentiva a fare sempre meglio”.

Non resta dunque che ricordare di prenotarci e consultare il sito Ert e i singoli dei 5 teatri che ne fanno parte, per scegliere tra le molteplici proposte di iniziativa culturale, comprese per esempio, presentazioni di libri e gli spettacoli in cartellone.

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