di Loris Campetti
Lui è Vittorio, ha 78 anni, è stato ritenuto colpevole per il fallimento della sua società di produzione cinematografica e condannato a 5 anni e mezzo di carcere in Cassazione. E’ piantonato al Gemelli in attesa delle dimissioni e in quel momento le guardie lo porteranno in galera. Di cognome fa Cecchi Gori, ha rappresentato un pezzo importante nella storia del cinema italiano e così cinquanta firme importanti di quel mondo hanno sottoscritto un appello perché gli si eviti il carcere. Ci sono tutti i nomi che contano, da Pupi Avati a Vanzina, da De Sica a Proietti, da Salvadores a Taviani, da De Laurentis a Verdone, a Sandrelli e Muccino, Risi e Tornatore. Non tutti avranno condiviso le scelte di Cecchi Gori, ma l’umanità viene prima. Vittorio è malato, dietro le sbarre rischierebbe la vita. Giusta mobilitazione, ogni donna e uomo di buona volontà dovrebbe sottoscrivere l’appello e mobilitarsi, e tanti già lo fanno.
Lei è Nicoletta, ha 73 anni, insegnante di latino e greco in pensione, uno dei volti più noti del movimento che da anni – decenni – si batte contro il Tav in Valsusa. La conoscono tutti da quelle parti e in giro per l’Italia, come i militanti ospitati in casa sua, arrivati tra quei monti per condividere una lotta tesa a difendere una comunità e il suo ambiente; per non parlare dei migranti che hanno trovato in lei un’ospite di straordinaria umanità. E’ stata condannata a un anno di galera dopo che le hanno sospeso le misure alternative al carcere: deve pagare i suoi debiti con la giustizia del nostro paese perché una volta, nel 2012, ha partecipato a una manifestazione in valle contribuendo a forzare un blocco stradale, provocando di conseguenza un danno alla società autostradale. Da dicembre Nicoletta è dietro le sbarre e non intendere chiedere i domiciliari perché non vuole concessioni, pensa di essersi battuta e vuole continuare a battersi per quella che ritiene una giusta causa. Pensa che dietro le sbarre che la separano dalla libertà sia stata messa la democrazia da un potere che ha imposto alla comunità valsusina una scelta non condivisa, anzi rifiutata dalla maggioranza della popolazione che abita quel territorio. Eccomi, guardatemi, sono qui, dietro queste sbarre, perché la claudicante democrazia italiana non regge critiche e proteste. Non chiede favori, chiede diritti per la sua gente, per l’ambiente. Contro il suo arresto si è mobilitato il popolo No Tav, cioè chi la pensa come Nicoletta, e basta. Nel suo caso l’umanità viene dopo il danno provocato a una società autostradale e dunque si arrangi, abbassi la cresta, chieda scusa e i domiciliari oppure marcisca in galera, come si usa dire oggi.
Vittorio, Nicoletta, e un paese malato.