di Massimo Villone
L’inammissibilità del referendum Calderoli ha scatenato la destra. Salvini ha gridato al furto di democrazia. Da chi si candida ogni giorno a guidare il paese ci aspetteremmo un pensiero non a misura di tweet. A tale è la cifra del personaggio, che offre anche la rozza pubblicità di una richiesta ai suoi di votare per farlo processare nel caso Gregoretti. Non ci sorprende. Ci impressiona invece il commento sul Corriere della sera (18.01.2020) di un Panebianco d’annata.
La tesi di fondo: la Corte recupera il peggio della vituperata prima Repubblica. Condanna il paese a una proporzionale pura, a una «democrazia acefala» di governi deboli, e alla inevitabilità di un partito di centro che sia «prezzemolo indispensabile in ogni combinazione di governo». Accade perché i riformatori del sistema elettorale maggioritario dei primi Anni 90 avrebbero voluto e dovuto riformare coerentemente anche la Costituzione, ma fallirono.
In alternativa a Panebianco, possiamo dire che le riforme del 1993 (Mattarellum, elezione diretta di sindaci e presidenti di provincia) erano volte a un nuovo radicamento della politica dopo il terremoto di Tangentopoli e il collasso dei partiti storici. Si intendeva dare fondamento alla ricostruzione del sistema politico, nel quadro della Costituzione del 1948.
Invece, si è prodotta una ulteriore destrutturazione, e la classe dirigente, soprattutto a sinistra, ha scommesso sul partito leggero, o – come qualcuno amava dire – all’americana. Non ne potevano venire governi più forti. Una modifica della Costituzione – incidendo sulla forma, ma non sulla sostanza – non avrebbe corretto tale esito. Oggi, l’impianto del Rosatellum bis (correzione maggioritaria di collegio) è stato decisivo per i numeri parlamentari strumentali al capovolgimento della maggioranza e al passaggio dal Conte 1 al Conte 2.
Panebianco liquida in poche battute il caso che una democrazia maggioritaria faccia vincere un Trump. Ma guardiamo piuttosto all’Europa. I fan della governabilità a tutti i costi hanno sempre preso come esempio tre paesi: Gran Bretagna, Francia e Spagna. La storia recente li ha smentiti. Laddove ci sono faglie profonde che attraversano la società non c’è sistema elettorale o architettura costituzionale che tenga. Certo si possono garantire i numeri in un’aula parlamentare, ma non che ne venga un forte governo, o anche solo un buon governo. Macron con il doppio turno ha numeri ampi, ma ha spaccato il paese ed è stato costretto a cedere alle proteste popolari. Siamo al punto che l’algido senatore Monti lo incita a resistere alla piazza. Johnson col maggioritario di collegio ha avuto, con un ristretto margine nelle urne, un’ampia maggioranza di seggi per la Brexit. Ma sta mettendo a rischio la plurisecolare unità del Regno, insieme al futuro dell’Europa e della stessa Gran Bretagna. La Spagna, con le mini-circoscrizioni e il favor per i partiti maggiori, è tornata a votare per l’ennesima volta.
Da tempo chi si trova a governare cerca di riscrivere a suo uso e consumo le regole a colpi di maggioranza. È successo nel 2001 con il titolo V, e i guasti li vediamo in specie ora con l’autonomia differenziata. È successo con la riforma Berlusconi-Bossi, la Renzi-Boschi, il Porcellum, l’Italicum, il Rosatellum uno e due. Il popolo sovrano ha rimediato col voto nel 2006 e nel 2016, e la Corte costituzionale ha risposto in parte con le sentenze 1/2014 e 35/2017. Ora la Lega, dopo il referendum Calderoli, chiede il ritorno ai collegi del Mattarellum, che le darebbero un vantaggio incolmabile. In generale, oggi, chi punta alla democrazia maggioritaria e decidente tira la volata alla Lega.
Bisogna finirla. Mettiamo la Carta fondamentale al riparo dai governanti pro tempore, e puntiamo alla sua attuazione. Adottiamo una legge elettorale proporzionale che livelli il campo di gioco senza indebiti vantaggi per alcuno. Costruiamo la più ampia rappresentatività per le assemblee elettive, e riprendiamo il dibattito per una legge sui partiti politici in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione. Apriamo la via giusta per le sardine.
Così potremo svelenire il sistema politico, e re-imparare la partecipazione democratica nei modi e nelle sedi appropriate. Crediamo fermamente in un futuro migliore di quello disegnato da Panebianco.
Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano Il manifesto 21 gennaio 2020