di Massimo Novelli
A cinquant’anni dalla strage fascista di Piazza Fontana, dai depistaggi e dalle trame dei servizi segreti e dell’Ufficio Affari Riservati, e dalla morte di Giuseppe Pinelli, per una parte della “intelligence” italiana gli anarchici ritornano a essere il capro espiatorio preferito.
Ne ha dato prova il Gr1-Rai delle otto del mattino del 18 dicembre scorso. Durante il servizio sugli arresti di alcuni militanti del centro sociale torinese Askatasuna per una manifestazione no-Tav, è stato dato spazio al commento di Alfredo Mantici, ex capo del dipartimento analisi del Sisde.
Secondo lui, come ha riportato il Gr1, “l’anarco-insurrezionalismo è più pericoloso del jihad”. Una dichiarazione, questa, che presuppone naturalmente l’equiparazione, che non pare in verità troppo scontata, tra l’Askatasuna e i cosiddetti anarco-insurrezionalisti.
Gli anarchici, però, insurrezionalisti o meno, restano i colpevoli ideali, e i più pericolosi di tutti, per certi nostri servizi segreti e per certi apparati investigativi. Come ai tempi di Piazza Fontana, per l’appunto, quando per la Questura di Milano non vi era dubbio che ci fosse “una sicura matrice anarchica negli attentati”. Poco importa che gli arrestati di Torino fossero “armati”, al momento dei disordini, come ha spiegato la polizia, di fumogeni, petardi, sassi e bastoni, ovvero di “armi” che notoriamente non sono davvero le predilette dagli attentatori del fondamentalismo islamico, jihad o Isis che dir si voglia.
Questi ultimi, infatti, preferiscono mitra, pistole, tritolo e altri esplosivi ad alto potenziale; e se vanno allo stadio non lo fanno per assistere allo scoppio dei petardi, ma per far saltare lo stadio stesso. Tutto ciò, tuttavia, non conta nulla per l’ex agente più o meno segreto Mantici, e per il giornale radio della Rai, per i quali gli anarchici, o Askatasuna, sono più temibili dei terroristi (quelli veri) islamici.
Sono affermazioni inquietanti per varie ragioni, e per la convinzione dello 007 che n Italia il fondamentalismo islamico rappresenterebbe un pericolo inferiore a quello costituito da qualche anarchico. Che cosa lo induce a dirlo? Mistero. Il suddetto Mantici, da qualche anno, elabora le sue sorprendenti analisi su periodici forse non troppo letti dal grande pubblico, ma che in compenso possono contare su firme eccellenti del mondo delle vecchie “barbe finte”.
Era capitato per esempio con la rivista di geopolitica Lookout, news, ai cui vertici c’erano ben tre direttori: Giuseppe De Donno e Mario Mori, gli 007 del processo palermitano sulla trattativa Stato-mafia, e il citato Mantici, che vanta o vantava un buon rapporto col suo ex capo Mori.
Tutti i pensionati, compresi quelli dei sevizi segreti, hanno diritto a divertirsi, e a giocare ai loro Risiko, anche se dovrebbe fare riflettere il precedente pernicioso di Federico Umberto D’Amato, che continuò a tramare pure da pensionato dell’Ufficio Affari Riservati.
Da qui a credere poi che gli anarchici, scambiati per quelli di Askatasuna, oppure gli insurrezionalisti, ammesso che possano essere tali, siano la vera minaccia alla sicurezza più del jihad o dell’Isis, in ogni caso, ce ne corre. Come è molto diverso fare informazione corretta dallo spacciare notizie e commenti in cui i nuovi colpevoli di tutto sono ancora e sempre gli anarchici, già vittime mezzo secolo fa. E tutto ciò, guarda caso, nei giorni del ricordo di Piazza Fontana, una strage fascista e di Stato.
Questo articolo è stato pubblicato dal Fatto Quotidiano il 19 dicembre 2019