Analisi di un voto di fiducia: tutti col vestito nuovo

12 Settembre 2019 /

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di Luigi Ambrosio
Si potrebbero usare la fisica e la psicologia per spiegare la giornata della fiducia alla Camera al governo Conte bis.La fisica, la dinamica, aiuterebbe a comprendere l’atteggiamento di Conte e quello delle opposizioni più radicali, Fratelli d’Italia e Lega.
Il presidente del Consiglio, nella sua replica, è stato aggressivo come non ci si sarebbe aspettato contro i leghisti. Anche la mimica facciale tradiva rabbia. Una sorpresa, da parte di chi ha fatto dei modi composti, fino al manierismo, una cifra estetica. Conte ha senza dubbio ancora una questione personale aperta con Salvini ma la chiave è un’altra. In realtà, Conte ha fatto un calcolo preciso: scavare un fossato il più largo e profondo possibile, il più possibile infestato da coccodrilli, tra la Lega e il Movimento 5 Stelle.
Lega e 5 Stelle sono stati insieme fino a ieri, hanno lavorato bene insieme, hanno condiviso quasi tutto, e bisogna essere cauti: quanta più divisione, anche personale, si introduce nel sistema, meglio è.
Una strategia a cui Lega e Fratelli d’Italia contrappongono un’altra dinamica: attaccare frontalmente il 5 Stelle, sperando di spaccarlo, di mandare in crisi i -non pochi- che con la Lega si trovavano a casa.
La psicologia: oggi è stato il primo giorno in cui il Parlamento si è confrontato con gli effetti materiali della pazzesca crisi di agosto, quella in cui è accaduta una cosa che non era mai accaduta, con un partito che fino a un mese fa governava con la destra estrema e che oggi forma una maggioranza con il lato sinistro dell’emiciclo. E con il premier che è sempre quello di prima, ma con un linguaggio e un programma diversi.
Stamattina i deputati, soprattutto quelli meno famosi, arrivavano nel cortile di Montecitorio, si salutavano dopo le vacanze, si guardavano intorno un po’ straniti e poi si sfogavano con le battute.
“Aho siamo andati al mare che eravamo all’opposizione e mo stiamo al governo, come te senti?” si dicono due di Leu. “Arrivano i grillini, ti abbracciano e ti dicono vediamoci per parlare -dice una deputata del Pd- ma come, fino a ieri ci odiavamo, ci tiravamo le cose”.
Battute che contengono una verità politica che è il problema di chi questo governo vuole farlo durare, a cominciare da Conte. Serve il collante e la colla delle poltrone, che Meloni ama citare per attaccare gli avversari, non basta. Serve radicalizzare lo scontro.
“Non ha mai citato il Pd, solo i 5 Stelle” si lamenta di Conte un altro deputato del Partito Democratico. Il punto è che Conte sa bene che il problema è ancora dentro al suo partito, il Movimento 5 Stelle, e ha sempre il volto di Di Maio che come primo atto da ministro degli Esteri ha tenuto una sorta di consiglio dei ministri parallelo, alla Farnesina, solo coi ministri pentastellati. Non va bene, in primis al presidente del Consiglio vero, ovviamente, che non vuole tornare a essere il burattino nelle mani di altri, come è stato quando c’era il governo gialloverde.
Lo schema è cambiato, tutti stanno cercando di abituarsi e lo fanno con le parole e i modi di cui sono capaci. Il giorno prima la fiducia, il segretario del Pd, Zingaretti, lo aveva detto in un comizio: “agli alleati chiediamo lealtà”. Tradotto: serve un accordo preciso a partire da economia e riforme. E niente personalismi. Si sta abituando l’opposizione: la piazza di Fratelli d’Italia, a cui ha partecipato Salvini, è servita a cambiare lo schema da quelle parti. I due partiti più a destra si avvicinano sempre più, con Meloni che si toglie la soddisfazione di dire a Salvini “te lo avevo detto” e Salvini che si toglie la soddisfazione di farsi acclamare da quelli che hanno fatto il saluto romano e che poi sono corsi da lui, quando il capo leghista ha deciso di buttarsi tra la folla, per toccarlo, fotografarlo, salutarlo.
La loro strategia sarà quella della piazza. Ma nonostante le parole roboanti – “volevamo circondare Montecitorio, se cambiano la legge Fornero non escono di qua, andremo noi fisicamente a chiudere i porti se li riaprono” – nonostante gli altoparlanti sparati al massimo con una potenza sovradimensionata per le piazzette del centro storico, giusto per far credere di essere di più e più in forma di quanto non sia, la realtà è che erano pochi, con tanti occhiali Rayban a goccia indossati da tanti anziani, e che Meloni e soprattutto Salvini sono apparsi stanchi e incapaci di andare oltre gli slogan sulle poltrone, i poteri forti, l’Europa malvagia, la finanza internazionale.
La solita paccottiglia. Che prima era al governo, e ora è all’opposizione. Tutto in un mese. Perché tutto sia metabolizzato, serve ancora elaborazione, direbbe lo psicoanalista.
Questo articolo è stato pubblicato da Radio Popolare il 9 settembre 2019

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