I parlamentari tagliati e il rischio di autoritarismo

12 Agosto 2019 /

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di Alfiero Grandi
Caro Marco Travaglio, per una volta non la pensiamo allo stesso modo. Mi riferisco alla riduzione dei parlamentari. Che può essere affrontata, ma con serietà, non con le ridicole motivazioni della riduzione dei costi e tanto meno di una maggiore funzionalità del Parlamento, che avrebbe bisogno di fare cessare la grandinata dei decreti legge, dei voti di fiducia, dei ricatti del governo. La nefasta capacità di Calderoli, che ha già regalato all’Italia il “porcellum”, ha imposto alla maggioranza l’approvazione della nuova legge elettorale prima dell’approvazione definitiva della modifica della Costituzione. Il risultato è che già oggi è certo che se andrà in porto la modifica della Costituzione che riduce i parlamentari avremo un “rosatellum” peggiorato, con difetti moltiplicati per 2/3 volte e la soppressione di fatto delle formazioni politiche più piccole, vecchie e nuove. In altre parole i 5 Stelle e la Lega di qualche anno fa non sarebbero entrati in Parlamento.
Anzichè rappresentare il Paese in Parlamento avremo un accentramento pazzesco: 3/4 partiti e nessuna possibilità per gli elettori di scegliere i loro deputati e senatori. Perché prendersela con la Costituzione? Il problema principale è il ruolo del Parlamento, su questo il mio dissenso è radicale. Il Parlamento è centrale nel nostro assetto costituzionale, manometterne il ruolo è un’azione con conseguenze in parte già prevedibili, in parte no, ma non incoraggianti. Preoccupa la supponenza e l’autoreferenzialità delle motivazioni, l’ignoranza sulle conseguenze.
La critica senza attenuanti alla responsabilità storica di Renzi che ha voluto la schiforma, come la chiami tu, che abbiamo contribuito a bocciare nel 2016 non può essere un alibi per l’oggi. Rodotà decenni or sono immaginò una riduzione dei parlamentari superando il bicameralismo paritario senza fare del Senato un fantoccio come quello bocciato nel 2016. Anche la proposta di Rodotà può essere discussa, ma le motivazioni e gli obiettivi hanno fondamenti solidi che oggi non esistono.
Se si inizia e nessuno reagisce altre iniziative seguiranno e temo saranno di segno autoritario, accentratore. Salvini punta a essere votato direttamente, quanto ci metterà a pensare che tanto vale fare il presidenzialismo per diventare l’uomo solo al comando? Anche per reggere le pretese lombarde e venete. Penso che il referendum sia necessario e possa essere un’occasione per bloccare una deriva politica e istituzionale che trovo preoccupante.
Caro Alfiero, rispetto la tua posizione ma non la condivido, anche perché la mia – anzi quella del Fatto, suffragata da consenso che in merito mi espressero a suo tempo Rodotà, Zagrebelsky e altri insigni giuristi e costituzionalisti con cui l’avevamo elaborata – l’abbiamo pubblicata nella primavera 2016 sul nostro giornale e nel libro Perché No. E prevedeva, fra l’altro, una riduzione dei parlamentari molto simile a quella dell’attuale riforma costituzionale: i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 100, con indennità dimezzate rispetto alle attuali. I nostri sistemi elettorali preferiti erano il Mattarellum o il doppio turno alla francese, per avere dei parlamentari eletti e non più nominati. Ma la legge elettorale non sta nella Costituzione: è una legge ordinaria. Tu giustamente critichi il Rosatellum, e anche noi continueremo a batterci perchè venga spazzato via, anche se in questo Parlamento gli unici che non l’hanno votato (5Stelle e FdI) sono minoranza. É il Rosatellum che svilisce il Parlamento ed esclude le piccole minoranze. Non il taglio dei parlamentari, che ci darebbe due Camere più snelle e meno costose, in linea con i Parlamenti del resto d’Europa, ma con gli stessi poteri di oggi: non vedo dove sia il pericolo di “autoritarismo”. Infatti la Lega, senz’altro autoritaria, ha osteggiato fino all’ultimo il progetto.
Marco Travaglio

Questo articolo è stato pubblicato dal Fatto Quotidiano il 2 agosto 2019

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