Sindrome 1933 e sindrome leghista

18 Giugno 2019 /

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di Sergio Caserta
L’ascesa del nazismo negli anni Trenta del secolo scorso ebbe come corollario la deriva democratica e l’illusione che Hitler non avrebbe mai potuto vincere e in seguito che non avrebbe compiuto quel che poi fece agli ebrei e a tutti i suoi oppositori. Leggendo il bel saggio di Siegmund Ginzberg Sindrome 1933 edito da Feltrinelli, si rivive con dovizia di particolari storici, la ricostruzione della conquista del potere del nazismo ed il contemporaneo sgretolarsi di tutte le altre forze politiche e sociali.
Un’espansione pervasiva, sistemica e totalizzante, l’eliminazione di ogni resistenza, prima sul piano culturale e comunicativo, poi sul piano politico, istituzionale e infine fisico dell’olocausto, mentre la società tedesca si “conformava” rapidamente e inesorabilmente al nuovo regime. Il libro del prestigioso giornalista che fu inviato dell’Unità in tutto il mondo, ripercorre il 1933 e gli anni che precedettero l’avvento del grande dittatore, non nascondendo con sintetici riferimenti, analogie inquietanti con l’oggi del nostro Paese in cui l’ascesa del leader leghista sembra replicare per tutta una serie di elementi le stesse caratteristiche del tragico predecessore.
Il focus, il centro del messaggio politico di ogni aspirante dittatore è l’individuazione del “nemico”. Allora furono per i nazisti gli ebrei, ma anche comunisti, nomadi e diversi, a cominciare dai gay; oggi sono fondamentalmente i migranti, nell’immaginario salviniano depositari e pregiudizialmente responsabili di ogni possibile pericolo: terrorismo, delinquenza, malattie, ma anche più materialmente concorrenti per ogni possibile diritto: lavoro, casa, sanità, assistenza sociale.
Anche oggi per Matteo Salvini più che avversari politici, il male sono la sinistra e le “zecche” dei centri sociali, le ONG e perfino la chiesa nella persona del Papa e di coloro che sono impegnati nella difesa dei diritti dei migranti. Come l’altro predestinato più tragicamente famoso e il suo alleato, non dimentichiamolo, il fascista Mussolini, l’analogia più forte è nel combinare il messaggio protettivo verso un popolo bastonato dalla crisi più lunga dal dopoguerra, spaventato delle incerte prospettive, con l’aggressione sistematica verso “il nemico” che nel concreto per le strade, si materializza nelle violenze dei gruppi fascisti che inneggiano al razzismo fascista contro i nomadi e bastonano appena possono, come periodicamente e sempre più frequentemente accade, protetti dalla magnanima distrazione del ministro degli interni che di tutti gli episodi di violenza di quella parte, sembra non accorgersi mai.
Lo sfondo politico di questi avvenimenti è l’analogia di alcuni contesti: la forte debolezza delle opposizioni, e in questo caso dell’alleato di governo, la rete internazionale della destra populista, oggi perfino più estesa e potente che all’epoca dei fatti esposti, il silenzioso ma concreto sostegno dei poteri forti che traggono giovamento estremo dalla demagogia populista. Lo scandalo recente che coinvolge magistrati e alcuni politici di “sinistra” e che rischia di travolgere il terzo potere dello Stato, è la rappresentazione più emblematica di questo contesto.
Un libro che si legge piacevolmente ma che è ricchissimo di spunti e riferimenti bibliografici, talché ogni capitolo è corroborato nella parte finale da una ricchissima e variegata bibliografia, che conferiscono all’opera un valore documentario che va molto oltre la sua essenziale sinteticità. Un libro che sarà presentato a Bologna, venerdì 21 giugno alle ore 18 presso il centro sociale e culturale Giorgio Costa, in via Azzo Gardino 48, nell’ambito della Manifesta, con la partecipazione insieme all’autore della storica Simona Salusti, del sociologo Fausto Anderlini e del giornalista Giuseppe Baldessarro.

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