di Vincenzo Vita
Lo scorso 4 aprile il Garante per la protezione dei dati personali, l’autorità presieduta da Antonello Soro, ha comminato una sanzione di 50.000 euro all’Associazione Rousseau (il cui legale rappresentante è Davide Casaleggio), quale responsabile del trattamento svolto sulla omonima piattaforma. Quest’ultima, come è noto, costituisce il tessuto nervoso del Mov5Stelle. Anzi, il raggruppamento fondato da Beppe Grillo è stato oggetto di studi ed analisi di ricercatori e giornalisti che ne hanno approfondito caratteristiche e struttura: dall’analisi politologica di Paolo Gerbaudo («Il partito piattaforma», 2018) a quella critica di Jacopo Iacoboni («L’esperimento», 2018).
L’ufficio del Garante ha ritenuto inadeguati i meccanismi adottati per tutelare la sicurezza dei dati immessi, ivi inclusi quelli degli stessi attivisti abilitati alla navigazione. Tradotto: il voto on-line è davvero segreto?
L’identità digitale degli utenti diventa patrimonio della società? Nessun processo alle intenzioni, ma quanto è successo dopo la sanzione lascia davvero perplessi. Ed inquieti.
Ci si poteva attendere una legittima reazione tesa ad annunciare un eventuale ricorso alla magistratura ordinaria da parte della società di Ivrea. No. Vi è stata una astiosa polemica da parte del vice-premier Di Maio contro Antonello Soro, «reo» di aver ricoperto incarichi politici e parlamentari di rilievo.
Pessima esibizione di un qualunquismo reazionario, più che populista. Oltre che di ignoranza. La scelta dell’autorità è appannaggio del parlamento con voto segreto (e limitato, per coinvolgere le opposizioni) e il presidente è espresso dal collegio.
Il governo non c’entra nulla e tanto meno un singolo ministro, ancorché capo di partito. Ma si è trattato di un volgare errore di grammatica o l’intemerata svela qualcos’altro? Ecco, qui è il punto. Luigi Di Maio ha fatto capire almeno due cose: per un verso guai a chi mette il naso nel tabernacolo tecnologico pentastellato; per un altro l’intenzione è proprio quella di occupare una struttura dal ruolo crescente e circondata da giudizi assai positivi.
Proprio il tema della privacy è salito enormemente di peso, transitando dalla difesa della riservatezza della vita personale a luogo di contrasto dell’immenso mercimonio dei dati nell’epoca degli Over The Top e delle società come Cambridge Analytica. Inoltre, il nuovo regolamento europeo – ormai compiutamente operativo- illumina di ulteriori impegnativi compiti l’ufficio del Garante.
Alla luce degli eventi, dunque, non è azzardato affermare che il Movimento 5 Stelle abbia la non troppo magnifica ossessione di prendere in mano le redini di un controllore considerato troppo zelante, per controllarlo.
Non per caso. La natura della piattaforma Rousseau, al di là della sanzione, suscita – infatti- diversi dubbi, a partire dal rapporto con i parlamentari e con la direzione del movimento, essendo una società privata. Con profili evidenti di conflitto di interessi.
La scadenza delle autorità elette nel 2012 è vicina. Il 18 giugno. L’uscita del leader grillino è stata fin troppo tempestiva? Ha inteso probabilmente mettere una bandierina nella geografia del comando italiano. E se fosse un implicito accordo con i partner di governo della Lega, cui si lascerebbe così via libera per l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni pure in scadenza? Si profila un «duopolio»?
Ci si sarebbe atteso un pronunciamento netto dei presidenti di Camera e Senato, colpiti dalle esternazioni del vice-premier nelle prerogative esclusive delle assemblee che rappresentano. La solidarietà ad Antonello Soro, rivelatosi figura capace e indipendente, è d’obbligo e non formale. Attenzione, l’assuefazione al male è peggio del male stesso.
Questo articolo è stato pubblicato da quotidiano Il manifesto il 10 aprile 2019