Ai cittadini serve una nuova legge elettorale

10 Maggio 2018 /

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di Alfiero Grandi
L’accordo di governo tra 5 Stelle e Pd – purtroppo – non ci sarà. Accordo sulle cose da fare, non l’entrata del Pd nel governo, che non era né proposto né richiesto. Poteva essere un chiaro confine verso destra. Dobbiamo a Renzi e a una resistenza troppo debole dentro il Pd anche questo fallimento. Le elezioni anticipate sono sempre più probabili e comunque accompagneranno qualunque soluzione politica si riesca a trovare. Il presidente della Repubblica può essere contrario alle elezioni anticipate ma ha margini limitati per evitarle.
Occorre usare il tempo a disposizione per i problemi urgenti (occupazione, povertà, blocco aumenti Iva, nuove regole europee, ecc.) e per approvare una nuova legge elettorale, evitando di votare di nuovo con il Rosatellum. La legge elettorale non ha l’attenzione che merita, eppure è fondamentale, è regolata dalla Costituzione e deve rispettarne i principi. Ad esempio, una legge elettorale truccata può trasformare una minoranza di voti in una maggioranza parlamentare, come con il porcellum.
Un premio di maggioranza avvicinerebbe anche la soglia dei 2/3 di parlamentari necessari per cambiare la Costituzione escludendo il ricorso al referendum abrogativo. La legge elettorale può aiutare la ricostruzione di un rapporto di fiducia tra parlamentari ed elettori, oggi in grave crisi. Il parlamento è l’architrave istituzionale del nostro sistema costituzionale.

Se i cittadini continuassero a non avere fiducia nel parlamento e i parlamentari ad essere percepiti come casta da punire si potrebbero creare le condizioni per un attacco al ruolo del parlamento, con la conseguente possibilità di modificare in senso presidenzialista la Costituzione. La legge elettorale è una scelta strategica, strettamente legata alla Carta, e deve stabilire chi elegge veramente i parlamentari e fare in modo che il Parlamento sia rappresentativo del Paese reale.
Da 12 anni i parlamentari non sono scelti dai cittadini ma dai capi partito che li mettono nella posizione giusta in lista per essere eletti. Se gli elettori non scelgono i loro rappresentanti il risultato è che gli eletti rispondono delle loro scelte ai capi partito, non a loro. Altro aspetto fondamentale è eleggere parlamentari che rappresentino il paese reale. La Corte costituzionale ha già detto che un premio di maggioranza non può squilibrare la parità dei voti degli elettori. Inoltre con il Rosatellum i partiti che hanno conquistato i seggi del maggioritario hanno già beneficiato di un premio di maggioranza. Dopo il 4 marzo è cresciuta la pressione per ottenere un ulteriore premio di maggioranza, garantendo a una minoranza di voti la maggioranza del Parlamento.
Con due conseguenze: verrebbe alterata la rappresentanza del Paese reale e continuerebbe la scorciatoia maggioritaria tesa a evitare la ricerca di intese tra soggetti diversi, che è l’esercizio normale della democrazia. Nei due mesi trascorsi è risultato chiaro che con troppa confusione e ritardo ci si è posti il problema della ricerca di accordi politici, che se hanno obiettivi chiari e trasparenti non sono affatto una bestemmia. È durata fin troppo l’equazione: diversi uguali a nemici.
Se invece – come poteva accadere tra 5 Stelle e Pd – soggetti diversi iniziano a confrontarsi si può tentare un’intesa, certo difficile, parziale ma positiva. Prevedendo il possibile stallo il nostro Coordinamento ha messo in campo da tempo una proposta di legge elettorale per spingere il parlamento a discutere, a confrontare le opinioni, a definire con serietà le regole elettorali. Infatti l’urgenza di andare al voto potrebbe diventare l’alibi per inserire premi di maggioranza ingiustificati che porterebbero di nuovo a problemi di costituzionalità e prima o poi a mettere nel mirino la stessa Costituzione. Questa discussione il Parlamento deve farla subito.
Questo articolo è stato pubblicato dal Fatto Quotidiano l’8 maggio 2018

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