di Sergio Caserta
Il libro “Il Boss. Luciano Liggio: da Corleone a Milano, una storia di mafia e complicità” (Castelvecchi Editore) di Antonella Beccaria e Giuliano Turone – prefazione di Carlo Lucarelli e introduzione di Giovanni Caizzi – racconta con l’intensità di un film la vicenda delle indagini dell’allora magistrato Turone sui sequestri di persona in Nord Italia portati a segno negli anni Settanta dalla mafia di Luciano Liggio, cui seguì la sua rocambolesca cattura dopo lunghi anni di latitanza.
È inquietante apprendere le tecniche criminali, le capacità organizzative e la ramificazione dell’organizzazione mafiosa nel Nord già in anni in cui poco o niente si sapeva di questa infiltrazione e, infatti, si parlava di “anonima sequestri” ma mai apertamente e approfonditamente di mafia. Eppure l’organizzazione era presente con uomini, aziende, acquistando terreni e immobili già dagli anni Sessanta, riciclando proprio il denaro delle decine di sequestri, miliardi di lire di allora.
Il libro – attraverso i documentati ricordi del giudice – ricostruisce la storia di alcuni sequestri, di come si giunse a scoprire i colpevoli e soprattutto si dimostrarono i collegamenti con le cupole mafiose in Sicilia, la capacità di corruzione di amministratori pubblici e perfino di poliziotti e carabinieri, il trasferimento delle enormi somme nei paradisi fiscali la complicità delle banche e le collusioni con il terrorismo nero che si apprestava a insanguinare il Paese con le sue orribili stragi.
Un libro bello, avvincente e terribile che scoperchia (fatti alla mano) le verità di un sistema istituzionale troppe volte inefficace perché complice degli intrecci tra mafia, politica e poteri occulti che ha contraddistinto una lunga fase della storia d’Italia che dal dopoguerra conduce praticamente fino ad oggi.
Un saggio, possiamo dire, propedeutico per meglio comprendere anche vicende più attuali come la ragnatela di infiltrazioni, di complicità e di penetrazione delle organizzazioni criminali – soprattutto in questo caso la ‘ndrangheta – scoperchiato dal processo Aemilia nella regione in cui si era sempre pensato (e impropriamente vantato) di essere immuni da queste presenze che invece c’erano e ci sono.
È anche un libro che dimostra come esista fortunatamente una straordinaria capacità investigativa dei nostri corpi giudiziari a garanzia della forza dello Stato, nonostante i depistaggi, gli inquinamenti e le collusioni che in tanti casi hanno ostacolato le indagini su fatti di straordinaria gravità.
Discuteremo con Antonella Beccaria e Giuliano Turone del loro lavoro venerdì 30 marzo alle 18.00 presso il centro sociale Giorgio Costa di Bologna (via Azzo Gardino, 44), con la partecipazione di Paolo Bolognesi – presidente dell’associazione tra i familiari delle vittime della strage del 2 agosto 1980 – e Andrea Speranzoni – direttore della collana Stato d’eccezione di Castelvecchi e avvocato di parte civile di molti dei familiari delle vittime della strage alla stazione.
Questo articolo è stato pubblicato sul FattoQuotidiano.it il 27 marzo 2018