Il Rosatellum scippa agli elettori il diritto di scelta: cambiamo la legge

13 Marzo 2018 /

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di Alfiero Grandi, vice presidente Coordinamento per la democrazia costituzionale
Abbiamo cercato in ogni modo di contrastare la legge elettorale con cui abbiamo votato il 4 marzo. Una legge approvata con 3 voti di fiducia alla Camera e 5 al Senato, in altre parole attraverso un accordo raggiunto tra Partito Democratico, Forza Italia, Lega e il supporto di schegge politiche di scarsa consistenza. Senza trascurare che Gentiloni al momento del suo insediamento aveva detto che il governo non avrebbe imposto una sua legge elettorale, ma nell’autunno scorso il governo ha cambiato idea sotto la pressione del Pd e ha posto la fiducia impedendo qualsiasi tipo di discussione sul testo della proposta di legge elettorale. La responsabilità politica di questa legge è evidente, basta pensare che viene chiamata Rosatellum dal nome del capogruppo Pd della Camera.
Nel corso della campagna elettorale è emerso in modo sempre più chiaro che questa legge elettorale non risolve alcun problema perché non consente agli elettori di scegliere i parlamentari, perché stabilisce una continuità nella nomina dall’alto dei parlamentari come avveniva con il porcellum. Al momento del voto gli elettori si sono resi conto, almeno in parte, che il loro voto avrebbe avuto effetti imprevedibili. Tanto più che in due regioni fondamentali il voto era disgiunto (tra Presidente e liste) e gli elettori potevano esprimere fino a due preferenze di genere diverso, mentre per Camera e Senato il voto è stato veicolato entro una camicia di forza dai risultati largamente imprevedibili. Ancora adesso non abbiamo la lista definitiva degli eletti.

Per questo il Coordinamento democrazia costituzionale ha presentato una proposta di legge di iniziativa popolare. La raccolta delle 50.000 firme necessarie terminerà a fine giugno, con l’obiettivo di presentare il testo al Senato, il cui nuovo regolamento prevede che le leggi di iniziativa popolare vengano esaminate con una corsia preferenziale entro tre mesi.
Abbiamo scelto di scrivere una proposta di legge elettorale tale da rivoltare come un guanto quella in vigore
I collegi uninominali rimangono gli stessi per la Camera e il Senato. La scelta degli eletti nei collegi uninominali, con la nostra proposta, avverrà su base proporzionale – nell’ambito della circoscrizione – come avveniva con la vecchia legge del Senato o se si preferisce con il meccanismo elettorale delle Province.
La nostra proposta introduce due voti distinti per uninominale e per la lista proporzionale, nella quale viene prevista la doppia preferenza di genere da esprimere su un numero di candidati pari a quelli da eleggere in modo da evitare la migrazione dei seggi in altre aree territoriali. Vengono introdotte altre modifiche come l’eliminazione delle liste civetta che oggi tra l’1 e il 3 % portano voti al partito maggiore senza eleggere parlamentari.
La nostra proposta ha l’obiettivo di riaprire la discussione sulla legge elettorale. Con il Rosatellum si è tentato di creare un fatto compiuto. Il risultato è pessimo. Dobbiamo impegnarci a cambiare questa legge subito, tanto più in presenza di un rischio evidente di tornare a votare tra qualche mese. Non si può votare di nuovo con questa legge sbagliata, probabilmente incostituzionale, ad esempio sul voto non disgiunto.
È necessario che l’Italia si doti di una nuova legge elettorale coerente con la Costituzione, tale da consentire ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti in parlamento.
Oggi la questione più grave da risolvere nella nostra democrazia è la crisi di credibilità del parlamento, i cui componenti non vngono riconosciuti come loro rappresentanti dagli elettori. Il Parlamento è l’asse portante della democrazia delineata dalla nostra Costituzione. La caduta di credibilità del parlamento è un serio pericolo per la nostra democrazia. Sappiamo che ci sono forze che punteranno a qualche forma di presidenzialismo, a un governare fondato sul ricorso alla fiducia e ai decreti, relegando il parlamento ad un ruolo di ratifica. Ci sono gravi responsabilità per la fase politica che si è chiusa il 4 marzo, con comportamenti subalterni a idee sostanzialmente di destra.
Il cui apice è stato il tentativo di manomettere la Costituzione, per fortuna bocciato dalla vittoria del No nel referendum del 4 dicembre 2016. Chi avrebbe dovuto non ha cercato di raccogliere il messaggio degli elettori. Ancora alla vigilia del 4 marzo e perfino nell’incontro con la stampa dopo la sconfitta Renzi ha insistito sul tasto che i problemi di oggi deriverebbero dalla bocciatura del 4 dicembre 2016. È inevitabile che gli elettori si sentano offesi dalla riproposizione delle stesse posizioni come se nulla fosse accaduto conferma che il risultato elettorale non poteva che essere questo.
Non si è riflettuto abbastanza che poco prima del voto tre Presidenti di Regione (Emilia, Lombardia, Veneto) hanno firmato un protocollo con Gentiloni per avviare il conferimento di altri poteri sulla base della Costituzione. Eppure tra i protagonisti di questa scelta c’è il Pd che ha tentato di togliere poteri alle Regioni, in evidente in contraddizione con sé stesso.
Costituzione e legge elettorale sono strettamente connesse. Avere salvato la Costituzione da un grave attacco oggi pone a tutti il problema di costruire un sistema elettorale costituzionale, in grado di riavvicinare i cittadini alla loro rappresentanza parlamentare e ad avere fiducia nella capacità di fare scelte giuste nell’interesse della collettività.
Questo articolo è stato pubblicato da JobNews l’8 marzo 2018

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