Lingotto uno, Lingotto due e la crisi dei partiti – Seconda parte

21 Febbraio 2018 /

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di Luigi Agostini
Individuo ed eguaglianza si rinviano a vicenda. Dunque, Partito neosocialista perché, se le parole hanno un senso, per un partito socialista, l’eguaglianza sociale rappresenta non un optional ma un vincolo, un imperativo politico, il metro regolatore di ogni scelta concreta. Partito neosocialista, perché, per l’attuale configurazione delle forze politiche europee, può svilupparsi velocemente in partito a dimensione continentale. Partito socialista, quindi, utilizzando il grande apporto che va da Karl Polany a Jurgen Habermas, solo per ricordare le maggiori suggestioni teoriche. Di enorme interesse il recente confronto tra due dei principali intellettuali tedeschi, Habermas, appunto, e Wolfgang Streeck.
L’Organizzazione, la forma-partito, infine. L’evoluzione della crisi impone il riordino delle forze per fermarne l’attuale evaporazione e una forma-partito che, come il mitico pipistrello di La Fontaine, (se mi è permessa una autocitazione) sia capace di essere, di volta in volta, roditore ed uccello, capace cioè, fuor di metafora, di aderire a tutte le pieghe della condizione sociale e produrre, innervando la sua presenza nel sociale, il massimo di socialità collettiva.
Un Partito così non si costruisce con le primarie ma con un lavoro di lunga lena che seleziona i gruppi dirigenti per senso di appartenenza, capacità di realizzazione e profondità di pensiero. Diversamente come ci ricordava spesso Alfredo Reichlin, “i mercati governano, i tecnici amministrano, i politici vanno in televisione”: cioè dirigenti politici generalmente al di sotto del compito.

L’esperienza concreta delle primarie, assunte come una specie di passepartout, ci dice che tale strumento, posata la cenere della retorica sulla partecipazione, ha svolto il compito esattamente contrario a quello per cui veniva proclamato: la via maestra cioè per estirpare l’oligarchia. Le primarie hanno invece elevato al diapason la personalizzazione, con il suo seguito inevitabile di correntizzazione e di feudalizzazione, sostituendo, semmai, una oligarca con un altro; il progetto collettivo del Partito è stato sostanzialmente azzerato, sostituito da una perenne guerra intestina.
“Il partito contendibile’, formula presa dal linguaggio della Borsa, configura un conflitto interno permanente, antitetico al partito/comunità; interiorizza nel suo modus operandi quella che gli studiosi chiamano entropia delle organizzazioni, cioè il dilapidare nel conflitto intestino permanente la gran parte dell’energia che una organizzazione è in grado di produrre. Tra parentesi, non esiste la parola Congresso nello statuto del Partito del Lingotto); produce momenti di stabilità, ma all’interno di un quadro generale di instabilità. Il Partito contendibile, infatti, non risolve che apparentemente il problema della leadership, visto che anche dopo una investitura di milioni di elettori, le varie leadership hanno avuto vita breve, cadute alla prima vera prova.
Il Secondo Lingotto, il Lingotto dei giorni scorsi, rimuovendo totalmente una riflessione di bilancio, si condanna agli stessi errori del primo, ad essere una ribollita del primo, come qualcuno sottolinea con spirito acre. Il suicidio del Partito socialista, del partito più antico della storia italiana. Il collasso della più grande “macchina politica “dell’Occidente, il Pci togliattiano, sembrano lezioni disperse nel vento, organizzazioni che, come l’esercito di Cambise, sono state inghiottite dalle tempeste di sabbia del Novecento.
La separazione attuale, non può che essere il primo atto di una ripresa di discussione sulla nuova forma-Partito alla altezza della crisi attuale: del capitalismo dell’era della finanziarizzazione già dispiegata. Alcuni, mettendo al centro il tema della identità neosocialista, temono un ritorno all’indietro: in realtà si tratta soltanto di imparare dalle dure repliche della storia e di ritornare con sapienza al crocicchio, dove, come dimostra la separazione di questi giorni, si è imboccata la strada sbagliata.
Altri si limitano a constatare che l’amalgama non c’è stato e restano come paralizzati dal compito immane che si apre davanti a noi. Altri ancora, come gli antichi triarii della legione romana, i veterani, quorum ego, chiamano ad uscire dalla trincea. Si riapre un cammino. Alle spalle la dissoluzione della più grande Sinistra dell’Occidente, con tutti i suoi detriti (Pci, Psi, eccetera); davanti la Rivoluzione Informatica: la terza marca di capitalismo. Dopo il capitalismo del laissez-faire, dopo il capitalismo keynesiano.
Costruire un Nuovo Partito alla altezza di tale sfida. Avendo imparato una lezione, in questi anni. Resta, infatti, l’apprendimento a livello di massa di una grande lezione. Mettere di nuovo mano alla costruzione una grande organizzazione significa aver ben presente due leggi storiche che non si possono violare impunemente. La prima legge dice che i partiti si fanno sui principi, mentre le alleanze si fanno sui programmi.
La seconda legge recita che le grandi culture possono rispettarsi, possono combattersi, possono allearsi: l’unica cosa che non possono fare è fondersi. Le lezioni bisogna impararle. L’amalgama non riesce perché non può riuscire.

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