Amazon brevetta il bracciale elettronico. "Pagati per lavorare, non per pensare", come un secolo fa

5 Febbraio 2018 /

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di Francesca Fornario
“Voi siete pagati per lavorare, non per pensare; c’è qualcun altro che è pagato per questo”. È quel che spiegava poco più di un secolo fa a un operaio Frederick Winslow Taylor, campione di tennis e primo classificato agli Us Open del 1881 in coppia con il cognato Clarence Clarke; campione di golf volato a rappresentare gli Stati Uniti d’America alle olimpiadi di Parigi del 1900, ingegnere e inventore del “taylorismo”, la teoria sull’efficientamento del ciclo produttivo che prometteva di eliminare in un colpo solo i movimenti superflui del lavoratore e il conflitto di classe ottenendo “il massimo dei benefici per i dipendenti, i dirigenti e i proprietari di azienda”.
“Il preciso risultato dell’applicazione di queste teorie è la riduzione della necessità di pensiero da parte degli operai”, chiosava entusiasta il suo emulo Henry Ford, che ha tradotto le teorie del campione di tennis e golf Frederick Winslow Taylor nella catena di montaggio.
A esonerare i lavoratori dall’esercizio del pensiero ci pensa oggi Amazon. Il colosso dell’e-commerce ha brevettato i “bracciali intelligenti” legati al polso dei lavoratori per monitorare la correttezza e la rapidità ogni singolo movimento e avvisare con una vibrazione in caso di errore o ritardo. Riporta la notizia il sito GeekWire. Per ora non ci sono indicazioni da parte di Amazon sui tempi di utilizzo del brevetto, ma il confine tra “uno strumento che serve a rendere il lavoro più efficiente”, come dice l’azienda, e una forma di controllo che si sostituisce ai metodi già molto pervasivi denunciati da molti dipendenti di Amazon è labile anche dal punto di vista legale.

“In Italia, ci sono norme che limitano i poteri di controllo dei datori di lavoro mediante strumenti digitali ed elettronici”, spiega Giampiero Proia, professore ordinario di Diritto del Lavoro all’Università Roma Tre, anche se la legge distingue lo strumento di controllo esterno – come una telecamera – per il quale è necessario un accordo sindacale e uno interno, come un software inserito nel computer in dotazione al dipendente. Il bracciale potrebbe rientrare in questa seconda fattispecie.
“È solo uno strumento in grado di controllare ogni movimento del polso per velocizzare le operazioni dello staff”, minimizza il colosso di Seattle, ossia aumentare la produttività del lavoro, come già avviene nei magazzini Amazon con strumenti meno tecnologici del bracciale.
I dipendenti dello stabilimento Amazon di Piacenza, dei quali ho raccontato lo sciopero nel giorno del Black Friday, descrivono il puntatore ottico in dotazione ai “pikers”, i prenditori che ogni giorno corrono avanti e indietro per 15 chilometri tra gli scaffali e il nastro trasportatore: “È una specie di pistola-scanner con uno schermo che entro 15 secondi ti dice dove devi prendere la merce e poi misura quanto ci metti, quanti pezzi prendi. Dal primo Beep! parte il conto dei secondi che ci impieghi. I capi ti mandano dei messaggi per dirti se stai andando bene o se devi correre più veloce e tu vai in ansia”. Sulla parete è scritto grosso come una casa: “Se sbagliate ve lo diciamo per migliorare”. Il risultato è che si corre più in fretta e più infetta si perde il posto: entro tre anni in media, anche tra gli assunti a tempo indeterminato. Pochissimi quelli che resistono più a lungo: “Ma all’azienda non interessa – dice un ex dipendente – Non vogliono fidelizzarti, vogliono che ti sbrighi”.
“Non rilasciamo commenti relativamente ai brevetti”, dicono da Seattle del bracciale elettronico: “In Amazon siamo attenti a garantire un ambiente di lavoro sicuro e inclusivo. La sicurezza e il benessere dei nostri dipendenti sono la nostra priorità”.
Tornano ancora in mente le parole dell campione di tennis e di golf Frederick Winslow Taylor tratte dal suo unico libro, il celebre saggio su “l’organizzazione scientifica del lavoro”, del 1911: “Si deve far comprendere agli operai che il nuovo sistema trasforma i loro datori di lavoro da antagonisti in amici, che lavorano al loro fianco, col massimo impegno possibile, per gli stessi scopi: per realizzare cioè un aumento di produzione che riduce i costi in misura tale da poter pagare in permanenza gli operai dal 30 al 100 per cento in più di quanto guadagnavano in passato pur assicurando sempre all’azienda dei buoni profitti”.
In Italia, un operaio Amazon guadagna il minimo previsto dal contratto del commercio. Non sono previsti aumenti legati all’aumento di produttività. Prende ancora meno chi trasporta la merce dal magazzino a destinazione, anello fondamentale per il successo delle vendite on line: i trasportatori sono quasi sempre lavoratori di cooperative della logistica e hanno più volte denunciato le condizioni di sfruttamento alle quali vengono sottoposti: sarò a Piacenza tra qualche giorno e tornerò a scriverne per Il Fatto. Nemmeno loro beneficiano di incentivi legati al miglioramento delle prestazioni.
Il bracciale potrebbe non entrare in funzione subito ma l’algoritmo che controlla e decide il destino dei lavoratori di Amazon è già operativo dentro e fuori i capannoni, non solo attraverso la pistola laser. Anche i “driver”, gli autisti che ogni giorno consegnano fino a 200 pacchi, sono telecomandati da un software che stabilisce l’esatto percorso e il tempo che devono impiegare per le consegne. Il programma non tiene conto degli imprevisti – il traffico, il maltempo – e delle condizioni del lavoratore. A Milano è già attivo il servizio che permette di ricevere la merce entro un’ora. “Se non stai nei tempi non succede nulla”, dice l’azienda. “Nulla” significa che recuperi a tue spese, saltando la pausa pranzo o staccando più tardi.
I sistemi brevettati per far correre i lavoratori e consegnare la merce entro 24 ore dall’ordine hanno tuttavia prodotto un incremento dei guadagni di Amazon: l’azienda ha fatturato in un anno 136 miliardi di dollari, 21 dei quali in Europa, dove ha goduto di un trattamento di favore sulle tasse pagate solo su un quarto dei ricavi. Il numero uno Jeff Bezos è l’uomo più ricco al mondo. Ha accumulato un patrimonio di 100 miliardi di dollari, 2,4 guadagnati in un solo giorno: il Black friday durante il quale i suoi dipendenti hanno sciopero per chiedere di allentare i ritmi lavorativi e aumentare le retribuzioni ferme ai minimi tabellari.
Questo articolo è stato pubblicato da FattoQuotidiano.it il 2 febbraio 2018

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