di Alessandra Daniele
Tutti i migranti che raggiungono, o raggiungevano il nostro paese sono dei sopravvissuti. Innanzitutto alle guerre, alle persecuzioni, ai bombardamenti, all’ISIS, alla fame, alla miseria, ai disastri climatici e socioeconomici causati nei loro paesi da secoli di sfruttamento colonialista. Poi al viaggio attraverso il deserto, che è sempre un calvario tra fame, sete, fatica, aggressioni, e costante pericolo di morte.
Poi alla prigionia nei campi di concentramento libici, nei quali adesso sono trattenuti, ma che sono sempre stati una tappa obbligata, dove si subisce ogni genere di tortura e di abuso, e si viene ridotti in schiavitù. Poi alla vera e propria traversata, durante la quale si rischia sistematicamente di annegare.
Tutti i migranti che approdano, o approdavano in Italia hanno perduto tutto quello che avevano, e spesso anche più d’un familiare rimasto ucciso durante il viaggio. Figli, genitori, coniugi, fratelli. Se hanno la fortuna di venire ripescati in tempo, finiscono in un altro centro di detenzione. Un CPT o qualche altro acronimo, dove vengono trattati prima da criminali, e poi – se gli va bene, e non vengono espulsi e rispediti all’inferno – da rifiuto urbano, e scaricati in qualche periferia degradata i cui abitanti, già economicamente e socialmente emarginati per conto loro, finiscono per odiarli a morte dandogli la colpa di tutto.
Respinti dalla popolazione locale, sistematicamente additati dai media come invasori, parassiti, criminali, untori, terroristi, senza nessuna possibilità di lavoro che non sia la schiavitù, senza nessuna speranza di recuperare anche solo in parte quello che hanno perduto, senza nessuna prospettiva futura di miglioramento economico o sociale.
Questa è la loro condizione. Alcuni di loro vivono di espedienti illegali. E grazie al cazzo. La maggioranza degli italiani s’è mai chiesta cosa farebbe nei loro panni? Ovviamente no, perché li considera di un’altra specie. Per la maggioranza degli italiani i migranti sono l’alieno. Sono solo numeri dei quali festeggiare la riduzione insieme al ministro Minniti che l’ha ottenuta incrementando l’attività dei campi di concentramento.
Un crimine contro l’umanità di cui tutta l’Europa è complice, compreso il Vaticano, dopo tutte quelle chiacchiere, tutte quelle cazzate sul “Papa dei poveri e degli ultimi”. Dice il gesuita Bergoglio: prima di accogliere, chiedersi “quanti posti ho?” Nell’attico di 700 metri quadri del cardinale Tarcisio Bertone di posti ce ne sono parecchi.
Come si sentiranno i cristiani eritrei, somali, etiopi, sapendo che il loro Pontefice approva la loro cacciata, avalla il loro massacro? I cristiani italiani se lo sono chiesto? La capacità di riconoscere gli altri come propri simili, di condividere il loro dolore e comprendere la loro condizione, è l’essenza dell’umanità. Ciò che ci distingue dalle macchine. L’empatia.
Quella cosa che oggi viene dispregiativamente chiamata buonismo, e considerata un disgustoso vizio del quale vergognarsi, che ti costa insulti e minacce sui social, e alle elezioni ti fa perdere più voti d’una condanna per mafia. Il trucco del capro espiatorio ha funzionato ancora una volta. Tutte le speranze di riscatto, di cambiamento, di giustizia sociale nate in questi anni sono state affogate nella propaganda razzista.
Con tutto quello che hanno passato, non sono i migranti ad aver perso la loro umanità. Sono gli italiani.
Questo articolo è stato pubblicato da Carmilla online il 17 settembre 2017