di Silvia R. Lolli
È interessante il progetto di legge regionale presentato dal consigliere Piergiovanni Alleva rappresentante di AER (Altra Emilia-Romagna) per facilitare l’entrata nel mondo del lavoro dei giovani. Titolo della proposta: Misure per il riassorbimento della disoccupazione tramite la promozione di contratti di solidarietà espansiva.
Interessante perché, se trovasse la stessa strada spalancata del consiglio regionale come ha fatto l’approvazione della recente legge sullo sport, potrebbe prospettare una risoluzione, almeno temporanea, degli epocali cambiamenti che stiamo vivendo. L’articolato è semplice, solo cinque articoli; non sarebbero neppure necessarie troppe discussioni su tanti articoli che spesso hanno solo il compito d’ingarbugliare gli effetti delle leggi; la proposta potrebbe così passare facilmente.
La prefazione del consigliere Alleva è ricca di riflessioni e di spiegazioni. Fra l’altro si sottolineano le finalità e gli obiettivi; per esempio la prima frase della premessa nella relazione introduttiva dice:
“L’idea che una riduzione importante dell’orario lavorativo settimanale possa consentire da un lato, di
a nuove assunzioni e, dall’altro, migliorare le condizioni dei lavoratori già occupati sotto il profilo della conciliazione dei rispetto ai non è certo nuova ma, nel trascorrere degli anni non ha perso nulla del suo fascino, anche a causa della oggettiva constatazione della crescente velocità di sostituzione del lavoro umano con processi automatizzati”.
La proposta è corredata da un’importante scheda tecnico-finanziaria e da un’interessante ricerca della società MV su un campione di lavoratori dipendenti; riprende un istituto contrattuale previsto da molti anni nella legislazione italiana, ma mai attuato e contenuto in: L. 863/1984 che convertiva in legge il DL 726/84; L. 183/14 e dal conseguente art. 41 del D.Lgs. 148/15, attuativo della stessa.
Attraverso questo istituto contrattuale si vogliono creare posti di lavoro per i giovani. È un contratto di solidarietà, chiamata “espansiva”: oltre a dare vita ad articoli di legge nazionale mai attuati, cerca, secondo noi, di applicare lo spirito solidaristico della nostra Costituzione che attualmente ci sembra quasi del tutto perso sia a livello istituzionale sia fra noi cittadini e lavoratori.
Probabilmente si è esplicitato per pochissimo tempo e forse solo in pochi luoghi italiani, anche se gli italiani a volte continuano, e nonostante tutte le loro difficoltà economiche e sociali, a metterla in campo: esempi sono in molte regioni del Sud o del Nord l’arrivo di immigrati che vengono accolti non solo dalle organizzazioni umanitarie e dalle istituzioni italiane, ma anche da molti cittadini.
Tuttavia l’individualismo corrente, sviluppato anche con leggi sul lavoro che avrebbero dovuto avere un effetto opposto, limita queste solidarietà sociali.
Siamo a favore della proposta di legge, anche per le premesse che finalmente spiegano in Italia l’aspetto del tempo libero, poco studiato come in molti altri paesi.
È un aspetto della vita che ci ha sempre interessato, anche per il lavoro che svolgiamo tutti i giorni; oggi, nella nostra società, definita anche post-industriale, tante categorie di persone si ritrovano con molto tempo libero, anche se non si può dire completamente “liberato dal lavoro”; è un tempo spesso vuoto. Le due categorie temporali che le analisi sulla società industriale hanno definito in passato, oggi si confondono di più e contengono vari aspetti. Per esempio il tempo libero per un disoccupato non ha la stessa valenza di chi ha un lavoro e può permettersi di utilizzare il tempo, appunto liberato da esso, come vuole. Poi esistono i problemi per la sua occupazione: spesso diventa tempo vuoto, in cui si sopravvive faticosamente.
Il disoccupato di oggi comunque usa spesso questo tempo alla ricerca di un impiego, anche di poche ore, per sopravvivere; è quindi un tempo che l’incatena di più al lavoro, soprattutto se leggiamo le varie contrattualistiche degli ultimi anni: lavoro a chiamata o altri simili. Dunque questa proposta di legge regionale, oltre a dare attuazione a parti di leggi sul lavoro rimaste in “naftalina”, cerca di dare uguali opportunità di vita anche ai più giovani, riprendendo l’idea costituzionale della nostra carta: la solidarietà.
La proposta sembra rivolgersi di più alle imprese e ai lavoratori del settore privato, anche se il contratto, di tipo aziendale, si può estendere al pubblico. Per completare ciò che in Italia si dice da anni, cioè che il settore pubblico è poco produttivo, la burocrazia italiana è inefficiente,… si è fatto di tutto per ridurre all’osso gli uffici pubblici. I principi proposti dalla legge dovrebbero quindi consentire di aumentare i concorsi pubblici per contratti a orario ridotto.
Si dovrebbe invertire una rotta che da alcuni anni ha portato ad un aumento di ore di lavoro in molti settori pubblici, oltre che in quelli privati con le ore di straordinario o attività similari. Qui si chiamano incentivi e hanno parzialmente sostituito contratti non rinnovati. La legge regionale mantiene la possibilità di fare il lavoro straordinario, d’altra parte una legge regionale non può essere in contrasto con quelle nazionali.
Prima di spiegare meglio con esempi tratti dal settore pubblico scolastico vogliamo esaminare, molto velocemente, la ricerca che accompagna la proposta di legge. Si chiede ai lavoratori dipendenti, soprattutto del settore privato (hanno risposto 558 lavoratori del settore privato e 96 del settore pubblico), se sarebbero disposti a lavorare un giorno alla settimana in meno per uno stipendio decurtato, ma in modo minore rispetto alla percentuale delle ore non lavorate.
Alla domanda “Lei quanto sarebbe interessato ad una proposta come questa?” c’è uno scarto tra chi risponde con un voto sufficiente e chi invece dà l’insufficienza di 11 punti percentuali. Solo il 37% dà un voto fra l’8 e il 10. La media dei voti è 5,8. Va meglio alla domanda: “Un giorno libero in più alla settimana, quanto migliorerebbe la sua gestione quotidiana, la sua qualità della vita?”
Infatti la media del voto è 7 e i voti fra 8 e 10 sono il 58,5%. Alla domanda: “Accetterebbe il pagamento di circa il 30% della sua retribuzione in buoni acquisto o servizi (es. acquisto in più di una catena di grande distribuzione commerciale di prodotti alimentari, abbigliamento, casalinghi, ecc.)?” c’è di nuovo un calo dei favorevoli: voti sufficienti il 41,7%, mentre il 55,9% è insufficiente. Da notare le percentuali più alte agli estremi con il voto medio 4,5, infatti vota da 1 a 4 il 47,3% degli intervistati, mentre da 8 a 10 il 22,8%.
Per le nostre considerazioni ci sembra interessante la valutazione positiva più alta (voto medio 7,6 e voto da 8 a 10 per il 63,5% delle risposte) alla seguente domanda: “I contributi pensionistici garantiti sull’intera retribuzione (non ridotta) con costi a carico dell’INPS o degli enti bilaterali sindacati-imprenditori in sede di contrattazione: quanto le sembra positivo?”.
Nell’analisi dei ricercatori si sottolinea, fra gli altri elementi, che “la valutazione è maggiormente positiva rispetto al totale fra i dipendenti pubblici, i quadri e tecnici del settore privato, gli impiegati del settore privato; valutazione inferiore al totale invece per gli operai del settore privato”.
Dopo la lettura di questa interessante proposta di legge regionale, che si conclude con un ulteriore documento: “L’aggiornamento possibile del programma “Lavorare meno, lavorare tutti”, nel quale si delinea anche il bisogno di preparare la futura riduzione generalizzata dell’orario di lavoro, ci domandiamo perché finora si è nascosta questa possibilità (la prima legge è del 1984).