Modello Genova: macelleria che non appartiene al passato né è stata un'eccezione

21 Luglio 2017 /

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G8 di Genova - Foto di Altreconomia
di Sergio Sinigaglia
L’intervista al quotidiano Repubblica del capo della polizia Franco Gabrielli sta provocando a mio avviso un colossale “equivoco”, anzi una grande mistificazione. Gli elogi piovuti da più parti, anche da parte di esponenti della sinistra, sul presunto coraggio nell’ammettere (dopo 16 anni) le responsabilità delle forze di polizia nel massacrare, torturare, cercare di annientare un intero movimento, e, soprattutto, un’intera generazione che per la prima volta si misurava con l’impegno politico, rischiano di far passare in secondo piano un aspetto fondamentale.
Non è vero che “Genova” appartiene al passato. Non è vero che sia stata un’eccezione. “Genova” è diventata un modello di gestione dell’ordine pubblico, sia nella sua dimensione quotidiana, nelle relazioni che intercorrono tra chi è etichettato come “deviante sociale”, o presenza anomale nel tessuto urbano e le forze dell’ordine, sia nella gestione delle manifestazioni di movimento. La “Zona rossa” è ormai una prerogativa che disciplina lo spazio dei territori dove viviamo, dai terremoti, ai decreti per “il decoro”, alle politiche contro i migranti.
Un vero e proprio paradigma fondativo di una modalità di relazione tra istituzioni e le persone, autoritario e gerarchico. Il cosiddetto “daspo urbano” è lì a confermarlo. Un provvedimento abnorme e liberticida, paragonabile, per la sua gravità, al fermo di polizia degli anni Settanta, frutto tossico e micidiale che affonda le sue radici nella macelleria italiana delle giornate di luglio di 16 anni fa. Le cronache di questi ultimi anni ci hanno proposto casi eclatanti di cittadini, per lo più giovani, che finiti casualmente sotto i controlli delle forze di polizia, ne sono usciti morti.

È inutile ricordare a quali fatti mi riferisco perché sono arcinoti. Ma dietro gli episodi più conosciuti, c’è uno stillicidio di vessazioni, violenze, intimidazioni che spesso hanno come vittime i migranti. Soprusi che vedono chi compone l’ultimo anello della catena spesso vittima di repressione e sopraffazione.
Per passare alla dimensione più “politica” della questione, recenti manifestazioni dimostrano l’ulteriore salto di qualità delle politiche di ordine pubblico. Le ultime contestazioni a Roma e Taormina, hanno visto consegnare fogli di via a diversi tra coloro che intendevano legittimamente manifestare. Nella Capitale addirittura il provvedimento è stato attuato nei confronti di alcuni attivisti che si trovavano sul marciapiede di una delle vie di transito del corteo presidenziale di Trump.
Dunque i peana che si stanno sollevando nei confronti di Gabrielli sono alquanto fuori luogo. Il numero uno della polizia che si cosparge il capo di cenere ricordando le tragiche vicende di 16 anni fa, dovrebbe rispondere su come oggi sta gestendo l’ordine pubblico nelle nostre città e sulle violenze molto gravi che le forze di polizia, di cui è responsabile, continuano a commettere periodicamente in occasione delle manifestazioni.

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