Amministrative, G7 e elezioni francesi: qualcosa si muove (ma l'Italia non coglie)

14 Giugno 2017 /

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di Pierfranco Pellizzetti
Gli auguri e gli aruspici della politica iniziano a scorgere segni importanti nei voli degli uccelli o nell’esame delle viscere sacrificali. Metaforici. Tanto a livello internazionale come sovranazionale e sub-statuale.
Possiamo cominciare dall’effetto inintenzionale di ricompattamento del quadro europeo prodotto dal bullesco Trump al G7 di Taormina, quando ha denunciato unilateralmente gli accordi di Parigi su clima e ambiente. Perché quello è stato il momento in cui i nanerottoli che compongono l’Unione europea sono stati riportati alla realtà: solo facendo massa critica si può sperare di avere voce in capitolo nel consesso mondiale, in cui dominano soggetti a dimensione continentale.
Ovviamente un “cave” salutare per la costruzione europea, negli ultimi tempi giunta a pochi centimetri dal baratro, che ha costretto le élites di Bruxelles a rendersi conto di quanto fosse demente e suicida la svolta a partire dal 2011, denominata eufemisticamente “austerity” (in realtà una sorta grassazione permanente a danno dei popoli continentali; a vantaggio delle rispettive plutocrazie, finanziarie e non solo); al tempo stesso gli euro-fobici venivano smascherati per quel che sono: irresponsabili demagoghi arruffapopoli, che con il ritorno alle piccole patrie assicurerebbero a chi intende seguirli la clonatura dei disastri creati nel Regno Unito dalla Brexit.

Intanto – come si diceva – grazie all’azione testarda dei vecchietti terribili Corbyn e Sanders le pubbliche opinioni occidentali vanno scrollandosi dai rimbambimenti oppiacei del Pensiero Unico, sia nella versione thatcheriano-reganiana che della Terza Via. Un’altra buona notizia per quanto riguarda lo spazzamento delle derive post-democratiche e il ritorno al principio di realtà. A una politica dalla parte dei cittadini.
Per cui perfino un’invenzione dell’élite finanziario-massonica d’oltralpe – quale Emmanuel Macron – non può fare a meno di pronunciare parole progressiste e riavvolgersi nelle bandiere dell’Unione europea con argomentazioni che non sarebbero dispiaciute ai confinati in una Ventotene del 1944. Quelle bandiere altamente simboliche che il solito (pataccaro) consulente d’immagine Made in Usa aveva consigliato Matteo Renzi di spedire in soffitta in previsione del referendum. E ora la nostra “cicala di Rignano” (che probabilmente ha ballato una sola estate) vorrebbe rimettere al posto d’onore per una sua improbabile macronizzazione (l’haute finance de noiantri la farà rappresentare da Flavio Briatore e il grembiule con annesso cappuccio è quello di Denis Verdini, franc-maçon del Mugello?).
Questo per dire che se nel quadro generale i movimenti celesti e sotterranei producono effetti, in quello locale le turbative diventano soltanto stalli. Con ulteriori smascheramenti della pochezza dei protagonisti in campo. A partire dalla crescente cupezza di Beppe Grillo, tipica di chi si muove a tentoni in un contesto di cui non capisce nulla, quale il dibattito sulla legge elettorale. Dove aveva avallato l’ennesimo sposalizio d’interesse tra Renzi e Silvio Berlusconi, solo per accontentare le fregole entriste di Luigi Di Maio e la deriva opportunistico-aziendalista di Davide Casaleggio. Del resto è ormai cosa nota che il presunto Guru di Sant’Ilario va nel pallone nella complessità della politica, se non riceve l’imbeccata dai suggeritori.
Intanto Matteo Salvini perde la stella polare francese Marine Le Pen, ridimensionata insieme ai velleitarismi sfasciacarrozze degli altri sovranisti senza più lo Stato sovrano, che gli elettori europei ricacciano nell’insignificanza. Per questo il boss della Lega ha sempre più bisogno dell’accoppiata con Giovanni Toti, per oltrepassare la soglia fisiologica del 15% di consensi. Difatti il governatore di Regione Liguria è quello che esce meglio dalle Amministrative di domenica scorsa. Sempre che il contesto elettorale resti maggioritario, quindi premiante per chi federa affinità, e non diventi proporzionale, finalizzato alle grandi coalizioni contro-natura.
In conclusione, mentre il mondo si muove l’Italia resta al palo. Sicché, oltre la percezione di sommovimenti, sarebbe auspicabile iniziare a scorgere qualcosa che possa intercettare in maniera intelligente la domanda di AltraPolitica.
Di cui per ora non ci sono tracce.
Questo articolo è stato pubblicato dal FattoQuotidiano.it il 13 giugno 2017

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