Continuiamo: a sinistra pesa una divisione, ma la sua ricostruzione non si ferma

28 Marzo 2017 /

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di Roberto Musacchio
Migliaia di persone in piazza in un corteo colorato, ricco di rappresentanze di movimenti sociali e politici, veramente europeo e mediterraneo. Trenta tra seminari, incontri, eventi, durante tre giorni intensi. Presenze politiche importanti, da Tsipras e Gysi a Varoufakis, per citare quelle non italiane. Poco o nulla a stare ai mass media. Molto per chi, come noi, ci ha lavorato e ha vissuto la Nostra Europa. Molto, perché non era facile riannodare fili che si erano in parte sfibrati dopo la grande stagione del social forum europeo. Perché era difficile in una situazione che si vorrebbe tutta riassunta nella “contesa tra establishment” e “populismi” (a proposito, le manifestazioni delle destre sono state ben poca cosa).
Perché a sinistra pesa una divisione, che alcuni hanno scelto di marcare, sulla moneta e sulla Ue. Perché, ed è il fatto più significativo alla fine, c’è un disincanto popolare che ha svuotato la città e ridotta la partecipazione. Su cui ha pesato per altro la prima prova sul campo della filosofia del decreto Minniti. Come se il disfacimento di questa Europa fosse un problema di ordine pubblico. Dunque, un lavoro importante è stato fatto e rimane. Anzi, continua. Perché i componenti di quel vero e proprio embrione di coalizione che è la Nostra Europa vogliono andare avanti. Guardando in primo luogo alle persone in carne ed ossa, così come si è fatto nei mesi in cui si è preparato l’evento.

Evitando il logorarsi nel bilancino dei documenti e stando dalla parte delle persone migranti, di chi lavora, di chi è precario, di chi non ha reddito, delle donne e dell’ambiente. E dunque contro tutti i muri. Quelli fisici. Quelli della austerità. Quelli che sequestrano la democrazia. Quelli dell’odio e della paura. La dichiarazione di Roma è avvilente per quanto è incapace di cogliere gli errori fatti, e voluti, e il bisogno di cambiare. E c’è chi vorrebbe che dalla disputa tra establishment e “populismi” sortisse una nuova palude dello status quo.
Che non produrrebbe però altro che nuove tempeste ancora più violente. Si è tirato un sospiro di sollievo per il voto in Olanda dove hanno perso sia gli xenofobi che i governativi. Quello della Saar ci dice di una Merkel che sembra immarcescibile. Si guarda con trepidazione alla Francia e poi ci sarà tutta la Germania ad andare alle urne e, prima o poi, l’Italia. Ma la nostra non può essere una attesa dei giorni dei voti. Dobbiamo far vivere la Nostra Europa, l’Altra Europa, tutti i giorni. Ormai dovrebbe essere chiaro che l’Europa è lo scenario dell’agire politico e sociale.
Noi dell’Altra Europa con Tsipras lo abbiamo capito per tempo. Ci siamo su questa idea sin dalla nostra nascita. Abbiamo tenuta alta la solidarietà con Tsipras perché la sua lotta è la nostra. Abbiamo cercato di tessere la tela europea in tutte le maniere possibili. Siamo diventati parte del Partito della Sinistra Europea. Abbiamo ripensato la questione del soggetto politico per l’Italia in questo quadro. Abbiamo prodotto già per le elezioni europee un programma economico, sociale, democratico, culturale che oggi è ancora più valido di ieri e che può con piena dignità misurarsi con le proposte avanzate anche in questi giorni proprio da Tsipras, Gysi e Varoufakis o che vengono avanzate da molti in Europa.

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