La riforma costituzionale: il sofisma del "tutto va male, cambiamo tutto"

24 Novembre 2016 /

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Costituzione - Foto di Emilius da Atlantide
Costituzione – Foto di Emilius da Atlantide

di Cristina Quintavalla, Comitato per il NO di Parma
Chi vuole questa riforma costituzionale? La Confindustria, perché dal governo ha avuto l’abolizione dello Statuto dei lavoratori, dell’art. 18, la licenziabilità dei lavoratori; il regalo di 20 miliardi di incentivi, in cambio del crollo dell’occupazione stabile del 33,7%; il lavoro precarizzato, senza garanzie e tutele.
La vuole la grande finanza, dalla J.P. Morgan, alla BCE, a Bankitalia, a Blackrock, alle assicurazioni, ai petrolieri, alle multiutility, che grazie allo Sblocca Italia, le politiche energetiche, il consumo di suolo, le grandi opere – Tav, trivellazioni, gasdotti, inceneritori, autostrade, Tibre, Cispadana, ponte sullo Stretto, acqua, energia, rifiuti, trasporti – possono mettere le mani sui beni comuni e lucrare sui bisogni delle persone.
Questo è il senso della Riforma del Titolo V. Non di garantire un eguale accesso ai diritti, ma di consentire al governo, in forza della legislazione esclusiva su tutela della salute, politiche sociali, energetiche, del lavoro, infrastrutture strategiche, grandi reti di trasporto, istruzione, beni culturali, governo del territorio, nonché della “clausola di supremazia”, di approvare, senza alcun ostacolo da parte di Regioni e Comuni, speculazioni, cementificazioni, aggressioni all’ambiente; di depotenziare la sanità pubblica, per favorire forme di sanità integrativa privata, offerta dalle compagnie di assicurazioni.

La riforma è stata approvata dalla maggioranza della Camera dei deputati, grazie al voto di deputati non eletti, ma nominati per effetto del premio di maggioranza dato dal Porcellum: sta infatti spaccando in due il paese, rendendo nemici tra loro persino i componenti più autorevoli dello stesso PD. Qualunque esito verrà dalle urne, questo governo ne uscirà delegittimato, poiché responsabile di una avventuristica prova di forza che da 33 mesi sta tenendo in ostaggio il paese, chiamato ad un plebiscito.
La riforma si regge su un sofisma: poiché le cose non vanno, dobbiamo cambiare la Costituzione. Ma non è sua la colpa della corruzione, della malapolitica, della negazione dei diritti, bensì del ceto politico, che da 70 anni ha fatto di tutto pur di non applicarla.
La fiducia monocamerale, l’istituzione di ben dieci diversi iter legislativi, il voto su disegni di legge governativi a data certa, la non eleggibilità del Senato (una specie di “ufo”, senza funzione chiara), la riduzione della Camera dei Deputati ad espressione della maggioranza di governo (per effetto del premio di maggioranza del 54% dell’Italicum), nonché dell’autonomia degli organi di garanzia, dimostrano che siamo in presenza di una pericolosa trasformazione dei processi decisionali, che dal Parlamento vengono trasferiti all’esecutivo, che deciderà senza controlli e limiti. Se il potere non controlla e limita il potere, questo fa quello che vuole.
La riforma Renzi-Boschi sferra un grave attacco alla sovranità popolare, sottraendo ai cittadini il diritto/dovere di votare i componenti del Senato, che verrà trasferito ai partiti. Vengono indeboliti i processi partecipativi, aggravata la crisi dei partiti, minacciato il pluralismo politico. Ci stiamo avviando verso la perdita dello spazio politico come luogo di interazione di cittadini liberi, uguali e sovrani.

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