di Ottavio Olita
Dieci anni dopo Pino Welby, sette anni dopo Eluana Englaro, la morte di Walter Piludu ripropone l’umanissimo problema dell’autodeterminazione nella scelta di continuare a vivere un’esistenza in cui solo le macchine assicurano le condizioni biologiche necessarie. Una storia lunga e drammatica, che ancora non trova una soluzione per colpa di bigottismi ed ipocrisie contro cui anche Walter, come Pino e come Peppino Englaro – il coraggioso padre di Eluana – hanno lottato per primi e fino alla fine.
Pino Welby scrisse anche all’allora presidente della repubblica, Giorgio Napolitano; Walter Piludu, da non credente, si era rivolto a Papa Francesco. Entrambi hanno dato le loro risposte, mentre chi deve assumersi la responsabilità politica, legiferando, ha paura di farlo.
A Welby l’allora vicario di Roma, cardinale Camillo Ruini, negò il funerale religioso, chiesto dalla moglie, cattolica praticante. La vigilia di Natale del 2006 una gran folla prese parte al rito pubblico celebrato in piazza. Walter Piludu, coerente fino all’ultimo giorno, ha chiesto ed ottenuto una cerimonia laica svolta nella sala del culto del cimitero di San Michele a Cagliari.
Coerenza è forse la parola che meglio racconta l’impegno politico di Walter Piludu, militante e dirigente cittadino del Pci negli anni Settanta, eletto poi presidente della Provincia nel 1988. Uomo intelligente, gentile, disponibile, sempre pronto al confronto. Colpito dalla Sla, ha dedicato tutti gli ultimi anni di vita a rivendicare, in quelle condizioni, il diritto di poter decidere quando morire, dettando con gli occhi i suoi messaggi.
Ora, che risposta sapranno dare i parlamentari, del suo e degli altri partiti, all’ultimo, fortissimo appello? Ancora una volta prevarranno logiche di attenzione all’elettorato benpensante ed ipocrita, oppure ci sarà la scelta per un atto di civiltà che liberi i malati e le loro famiglie da una condizione insopportabile? Come si fa a non comprendere la drammaticità di un’esistenza che dipende ormai soltanto dai macchinari, che imprigionano il corpo e lo spirito di una persona sofferente? E chi può assumersi la responsabilità di costringere ancora nel dolore chi ha vissuto anni di tremenda angoscia?
Walter è l’ultimo, in ordine di tempo, di questi indomiti combattenti che si battono per la libertà di coscienza. Chi vorrà ascoltarlo, anche soltanto in nome di un’umanità che la politica dei calcoli e dei tagli sembra aver inesorabilmente perduta?
Questo articolo è stato pubblicato dal Manifesto sardo il 4 novembre 2016