di Silvia Truzzi
Professor Smuraglia, proviamo a chiarire un dettaglio a proposito della presunta spaccatura all’interno dell’Anpi, l’Associazione nazionale partigiani. La votazione al congresso nazionale sul documento per il No si è così conclusa: 347 voti a favore del documento, 3 astenuti, nessun contrario. Dov’è la spaccatura?
Tutto è nato da un colonnino sul Corriere della Sera in cui si dava voce ad alcuni che non erano d’accordo con la scelta della maggioranza. Da qui l’idea che ci fossero contrasti insanabili e una divisione molto accentuata. Certamente ci sono alcuni di noi che sono favorevoli alla riforma Boschi ma, come ha ricordato, c’è stato un voto al congresso nazionale e c’erano stati tanti congressi provinciali, in cui la linea prevalente è stata nettamente per il No. Alla minoranza abbiamo garantito ovviamente la libertà di espressione del pensiero, chiedendo solo di non fare atti apertamente contrastanti con la linea prevalente, come affiancare ai banchetti per il No altri per il Sì. Mi permetto di aggiungere che il voto sul documento è stato anche confermato dal fatto che sono stato rieletto all’unanimità, alla fine del congresso nel maggio scorso, dopo aver sostenuto con forza le ragioni del No al referendum e nonostante avessi proposto io stesso di cedere il posto a qualcuno più giovane.
E come è stato possibile che passasse l’idea di una larga spaccatura?
Un po’ ci si è messa una parte della stampa. Ricordo in agosto un titolo su un quotidiano in cui si parlava di epurazione di un coordinatore regionale, che invece era semplicemente decaduto dall’incarico dopo il congresso. Avremo un comitato nazionale tra pochi giorni in cui prevedo si discuta di come organizzare al meglio la campagna per il No al referendum costituzionale.
Sull’Unità Oscar Farinetti ha definito inopportuna la decisione dell’Anpi di schierarsi e si augura che l’associazione non si trasformi in un partito politico.
È una sua opinione, tardiva per quanto riguarda l’opportunità della scelta perché ne abbiamo discusso per mesi in svariate sedi. Contesto poi che scegliere di difendere la Costituzione significhi trasformarsi in un partito. Rileggiamo il nostro Statuto. All’articolo 2 c’è scritto che l’Anpi difende i valori della Resistenza e dell’antifascismo. E che s’impegna ad attuare e difendere la Costituzione nello spirito in cui la votarono i costituenti. Cos’altro potremmo fare, quando riteniamo che sia in atto uno stravolgimento della Carta? L’Associazione ha tenuto in passato atteggiamenti molto simili, e non sotto la mia presidenza. Lo dico perché Farinetti si augura che l’Anpi possa avere una miglior dirigenza in futuro.
A quali episodi si riferisce?
C’era Arrigo Boldrini – il comandante Bulow, medaglia d’oro al valore militare – presidente dell’Anpi fino al 2006: schierò l’associazione contro la “legge truffa”nel ’53 e nel 1960 quando il governo Tambroni si formò con l’appoggio dei fascisti. L’Anpi non è diventata un partito e così sarà anche questa volta.
Ci sarà questo confronto con Renzi?
Sì, anche se dobbiamo concordare le modalità del dibattito. Chiedo qualche garanzia di imparziatilità e serenità perché il confronto si svolgerà in casa del Sì, a una festa dell’Unità.
È stato ricontattato?
No, ma ora il presidente sta lavorando per l’emergenza del terremoto.
Spendiamo due parole sul merito della riforma.
L’elenco dei difetti è lunghissimo. A partire dal metodo: la riforma è stata approvata comprimendo la discussione, a suon di strappi, sedute notturne, canguri, sostituzione dei membri in Commissione. Il contrario di ciò che suggerisce la Costituzione. La riforma del Senato, non più elettivo, è un pasticcio pericoloso. Sarà composto da sindaci e consiglieri regionali a mezzo servizio, ma il Senato inciderà ancora su materie importanti. La sovranità appartiene al popolo e non sarà più così, perché sarà seriamente intaccata. C’è poi il combinato disposto con la legge elettorale per la Camera, dove 2/3 dei deputati saranno nominati, con una lesione del principio di rappresentanza.
Il ministro Boschi ha detto che molti partigiani, quelli veri che hanno combattuto, votano sì. Lei è un partigiano vero?
Non solo sono stato partigiano, ma mi sono arruolato volontario nell’esercito di Liberazione. Credo di aver fatto la mia parte. Ma questa distinzione è una sciocchezza: sembrerebbe di capire che i veri partigiani sono solo quelli che votano sì, mentre gli altri non sono niente nonostante il loro passato.
Questo articolo è stato pubblicato sul Fatto Quotidiano il 31 agosto 2016