Le ragioni del no: quando la pezza (l'Italicum) è peggio del buco (il Porcellum)

26 Luglio 2016 /

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di Alfiero Grandi
Ringraziamo anzitutto quanti hanno contribuito a portare il numero dei comitati territoriali da 160 a 400 nei tre mesi di raccolta delle firme per i due referendum abrogativi sull’Italicum e per il referendum costituzionale. L’ultimo è nato a Minturno giovedì scorso. Questo lavoro aveva anzitutto l’obiettivo di rendere possibili i due referendum sull’Italicum e garantire non tanto l’effettuazione del referendum costituzionale, che sapevamo essere ormai certo, quanto di riuscire ad inserire un protagonista nella campagna elettorale referendaria che fosse espressione dei cittadini che si battono per la vittoria del No contro la legge Renzi-Boschi.
Ringraziamo le donne e gli uomini che hanno organizzato i banchetti per raccogliere le 420.000 firme per i due referendum sull’Italicum e le 316.000 per il referendum costituzionale. Ringraziamo le centinaia di migliaia di elettrici e di elettori che abbiamo avvicinato durante la raccolta delle firme – raccogliendo complessivamente più di un milione e centomila firme – che hanno ascoltato le nostre ragioni, le hanno condivise e hanno firmato per i referendum. Molti di questi cittadini si sono a loro volta impegnati in questa opera di informazione e sensibilizzazione, che è diventata sempre più ampia.
È vero, non abbiamo centrato l’obiettivo dei due referendum sull’Italicum perché non abbiamo raggiunto le 500.000 firme valide necessarie per farli scattare. Per questo sottolineiamo le aspettative che abbiamo riposto sulla sentenza della Corte costituzionale che grazie all’iniziativa degli avvocati che fanno riferimento ai nostri comitati dovrà pronunciarsi il 4 ottobre sulla costituzionalità dell’Italicum. Italicum che a noi è sempre sembrato fin troppo simile al porcellum, la legge che la Corte costituzionale ha già sanzionato per le stesse ragioni che ci hanno portato a promuovere il referendum.

Anche se non abbiamo raggiunto l’obiettivo siamo orgogliosi del risultato raggiunto, dell’appoggio popolare che abbiamo trovato e che ci rende oggi più forti di quando abbiamo iniziato la raccolta delle firme. Quando abbiamo iniziato la nostra campagna pubblica l’11 genanio 2016, nell’aula dei gruppi della Camera dei Deputati, eravamo forti di competenze indiscusse e di diversi apporti di grande qualità ed esperienza. Ora abbiamo una base di riferimento importante e diffusa nel territorio nazionale, per creare la quale è stato decisivo l’apporto dell’Anpi, associazione che per noi costituisce un punto di riferimento morale e politico nella battaglia per difendere i valori della Costituzione.
Respingiamo la finzione politica e giuridica che distingue, meglio ancora divide tra prima e seconda parte della Costituzione. Infatti l’attuazione reale dei valori costituzionali dipende dalla qualità e dalla effettiva rappresentanza dei cittadini, che debbono sempre potere eleggere tutti i loro rappresentanti, e da un sistema di decisione istituzionale che non tradisca la prima parte attraverso un accentramento delle decisioni in poche mani, tale da poter stravolgere nell’attuazione i valori della prima parte della Costituzione.
Per noi tra Costituzione e legge elettorale c’è un intreccio stretto, inscindibile. Sono due aspetti dello stesso problema e abbiamo sempre guardato ai due aspetti che, insieme, prefigurano un vero e proprio cambio di sistema istituzionale, la cui influenza inciderebbe pesantemente sulle condizioni di vita delle persone.
Per questo abbiamo accolto con speranza il contributo che via via è venuto al nostro lavoro da associazioni, che sono entrate nei direttivi dei due Comitati, e da singole personalità.
Per quanto riguarda la Costituzione abbiamo deciso di consegnare le firme malgrado il mancato raggiungimento delle 500.000 necessarie per essere riconosciuti come soggetto referendario a pieno titolo. Non avere centrato l’obiettivo non ci ha consentito di aggiungere alle rappresentanze dei parlamentari, come avremmo voluto, un soggetto referendario a pieno titolo, espressione delle elettrici e degli elettori, come prevede l’articolo 138. Tuttavia la raccolta delle firme ha permesso di rendere evidente a livello di massa un pilastro della nostra posizione, che ha sempre considerato Costituzione e legge elettorale due aspetti tra loro inscindibili.
Così abbiamo contribuito a mettere in discussione insieme lo stravolgimento della Costituzione contenuto nella legge Renzi-Boschi, a partire dalla non elettività dei senatori, e una legge elettorale sbagliata ed ipermaggioritaria come l’Italicum, che per di più sottrae agli elettori il diritto di eleggere almeno i 2/3 dei deputati.
Lo scambio di cui si sta discutendo tra la modifica di un provvedimento per l’approvazione dell’altro è un grave errore politico, che per di più sottovaluta che gli errori delle modifiche della Costituzione, sempre più evidenti a tutti, dovrebbero essere corretti da un parlamento eletto con una legge – se possibile – perfino peggiore del porcellum.
Il referendum sulle modifiche della Costituzione ci sarà. Già l’11 gennaio siamo stati in grado di annunciare che c’era un numero sufficiente di deputati impegnati a chiedere il referendum. Il referendum è un diritto che l’articolo 138 della Costituzione affida a diversi soggetti che lo possono esigere perché non sono d’accordo, tra i quali non è previsto il governo. Referendum che è possibile perché l’approvazione non è arrivata ai 2/3 dei parlamentari richiesti, malgrado la distorsione della rappresentanza elettorale dovuta agli effetti del procellum.
Il referendum è un diritto esigibile perché in parlamento i numeri non ci sono stati, malgrado la distorsione della rappresentanza. Quindi il referendum ci sarà, anche se ora il governo e i suoi sostenitori sono meno sicuri del successo e sembrano cercare scappatoie o rinvii, mentre prima davano per scontata la loro vittoria.
Questo è un risultato della nostra iniziativa che ha contribuito a renderlo contendibile. Non crediamo più di tanto ai sondaggi che danno vincente il NO, il risultato del referendum è tuttaltro che scontato. Ci aspettiamo una durissima campagna elettorale. Abbiamo già toccato con mano una sorta di pensiero unico nell’informazione, forse maggiore di qualunque altra fase politica. Sappiamo che il governo via via sta correggendo l’alternativa che all’inizio ha posto agli elettori. Dal plebiscito pro o contro Renzi si sta passando ad un’alternativa tra il caos, che verrebbe causato dalla vittoria del NO, e la pressione per un’accettazione subalterna e costretta delle modifiche costituzionali.
Non abbiamo accettato all’inizio una versione del referendum come scelta pro o contro Renzi. Infatti l’alternativa non è mai stata tra Renzi e il diluvio. Ora non accettiamo il ricatto del caos che si cerca di evocare per imporre comunque queste modifiche costituzionali e il mantenimento della sostanza della legge elettorale.
Per noi gli elettori debbono rispondere ad un quesito semplice: se accettare o respingere modifiche costituzionali che alterano pesantemente l’equilibrio dei poteri previsti dalla Costituzione nata dalla Resistenza. Certo, in futuro potranno esserci aggiustamenti del funzionamento istituzionale, come ci sono già stati in passato, ma non stravolgimenti dei principi della Costituzione. In particolare non è accettabile lo stravolgimento della rappresentanza degli elettori, la riduzione di un ramo del parlamento a un dopo lavoro di lusso, il ribaltamento dei poteri che passano dal parlamento al governo, che diventerebbe così in futuro il vero dominus del futuro istituzionale e quindi decisionale, fino a decidere perfino l’agenda dei lavori del parlamento. Così si scivola verso un paese governato come una finanziaria, dando vita ad una sorta di consiglio di amministrazione dell’Italia, che forse proprio per questo trova tanti consensi nel mondo imprenditoriale e finanziario, abituato al potere assoluto nel governo delle aziende da parte di chi ha la maggioranza nel consiglio di amministrazione e ha la maggioranza degli azionisti dalla propria parte.
Infatti il governo punta ad afefrmare un sistema politico in cui gli elettori votano ogni 5 anni, lasciando il governo libero di decidere tutto e il suo contrario tra un appuntamento elettorale e l’altro. È un grave capovolgimento della democrazia partecipata e attiva che la Costituzione della nostra Repubblica ha introdotto e che pur in un cammino faticoso e complesso durante 70 anni ha consentito di mantenere la dialettica sociale e politica entro un alveo democratico e costituzionale.
Ringraziamo quanti sul versante politico e associativo ci hanno sostenuto. Non è utile attardarci in recriminazioni, anche se è vero che un apporto maggiore da parte di alcuni soggetti avrebbe potuto consentirci di centrare l’obiettivo delle 500.000 firme. A questo punto la campagna elettorale è già iniziata. L’accento ora va posto sulla campagna elettorale, sull’enorme impegno che ci aspetta per realizzare la vittoria del No sugli stravolgimenti della Costituzione e per arrivare a questo abbiamo bisogno di tutti, anche di quelli che in questa fase non ci hanno dato il contributo che ci aspettavamo.
Un discorso di verità tuttavia riguarda noi. Quanto abbiamo fatto tutti insieme non è bastato, eppure potevamo farcela, questo è certo. Non avevamo una struttura organizzativa, tutto è stato fatto dal volontariato e spesso con scarsa esperienza. Questa distanza che non abbimo colmato va analizzata, non per fare scaricabarile tra noi, esercizio poco utile, quanto per capire cosa occorre correggere proprio per svolgere al meglio la campagna elettorale. In vista della campagna elettorale referendaria rilanceremo i rapporti con tutti quelli che ci hanno aiutato fin qui e cercheremo di coinvolgere altre forze o parti di esse con l’unico obiettivo di fare vincere il No nel referendum costituzionale, allargando i consensi, senza pregiudizi o atteggiamenti rancorosi.
Abbiamo sempre cercato di mantenere gelosamente la nostra autonomia politica attraverso una posizione netta centrata sul merito delle modifiche costituzionali e sulla legge elettorale. Anche quando siamo arrivati ad affrontare inevitabili risvolti politici di critica aperta all’operato del governo lo abbiamo fatto solo ed esclusivamente partendo dal merito della Costituzione e della legge elettorale.
Dopo la nostra iniziativa dell’11 gennaio il centro destra ha preso sue iniziative autonome per rappresentare il No da un altro punto di vista, che non sempre coincide con le nostre motivazioni, se non nella scelta del voto, così hanno fatto altri come i popolari. Con quanti hanno preso le distanze da questi provvedimenti noi abbiamo stabilito rapporti di collaborazione perché sappiamo bene che un referendum come quello sulla Costituzione alla fine si conclude con un voto a favore o contro e che ai nostri voti No si sommeranno quelli che arriveranno alla stessa conclusione per altre ragioni.
Noi che siamo convinti che queste modifiche debbano essere fermate ad ogni costo, pena una deriva preoccupante dell’assetto istituzionale del paese e della stessa qualità della democrazia italiana, stabiliremo anche in futuro le iniziative e le collaborazioni opportune con gli altri comitati referendari, alla luce del sole, mantenendo rigorosamente la nostra autonomia e le nostre ragioni di critica alle deformazioni della Costituzione contenute nella Renzi-Boschi, che va sempre vista insieme alla legge elettorale ipermaggioritaria.
Il nostro obiettivo fondamentale è vincere il referendum costituzionale facendo prevalere il NO e questo, ne siamo convinti, avrà conseguenze anche sulla legge elettorale, al di là del giudizio che darà la Corte costituzionale.
Non dobbiamo mai dimenticare questo obiettivo anche nel valutare l’esito della raccolta delle firme che era insieme attivazione dei meccanismi referendari e tappa importante verso la campagna elettorale vera e propria. L’obiettivo è la vittoria del No e se la raccolta delle firme non ci ha consentito di arrivare all’obiettivo delle 500.000 ci ha certamente messo in grado più di prima di sviluppare una campagna elettorale efficace a condizione che teniamo fermi due aspetti che abbiamo posto al centro fin dall’inizio.
Una comune critica di fondo ai provvedimenti del governo, come la legge Renzi-Boschi e l’Italicum, e la pluralità delle iniziative referendarie, nel rispetto delle diverse sensibilità in campo. A settembre convocheremo un nuovo incontro di tutti i comitati territoriali per il No per impostare un programma di campagna elettrorale per mantenere un quadro comune di iniziative, non possiamo per emtterci divaricazioni proprio ora, sarebbe un errore se ciascuno andasse per conto suo. Ne usciremmo tutti più deboli. Per questo occorre costruire un programma di campagna elettorale coordinato e comune, a cui si possano collegare le tante iniziative che ciascuno riterrà di portare avanti e che consideriamo contributi ad una comune campagna elettorale.
Il programma che proponiamo è composto anzitutto da un nuovo incontro nazionale, la cui data dipenderà anche da quando il governo fisserà il referendum costituzionale. Data che come sapete è oggi del tutto ballerina. Se il referendum si svolgerà entro l’inizio di ottobre possiamo ipotizzare di convocare l’assemblea nazionale dei comitati territoriali il 3 settembre.
Dopo l’assemblea nazionale proponiamo si svolga una riunione per il coordinamento delle iniziative degli universitari nei diversi atenei. Siamo in contatto con gruppi di studenti di diversi atenei, inoltre dobbiamo rivolgerci anche agli studenti delle scuole superiori. Possiamo ipotizzare un incontro dei rappresentanti delle diverse università per dare vita ad un programma coordinato di iniziative nelle Università. Il nostro obiettivo è arrivare ai giovani elettori. Il governo non ha avuto riguardo nel rispettare le forme quando ha lanciato con arroganza e prepotenza un’iniziativa martellante nelle università per vantare la bontà dei suoi provvedimenti.
Hanno reagito gli studenti, come è accaduto a Catania. Dobbiamo aiutarli a reagire proponendo con forza ai giovani universitari, e non solo, di diventare protagonisti del NO alle deformazioni della Costituzione sviluppando iniziative nei singoli atenei. Faremo di tutto per assicurare loro la presenza delle competenze importanti di cui disponiamo, ad esempio il procuratore Spataro è disponibile, e pensiamo di creare un piccolo gruppo di lavoro che segua e organizzi questo lavoro, composto da Falcone, Gianni, Manderino.
Il nucleo del programma che proponiamo è organizzare iniziative anzitutto nelle città metropolitane, dove anche per la compresenza della campagna elettorale abbiamo registrato maggiori difficoltà nella raccolta delle firme. Facciamo un esempio concreto, a Napoli si sta discutendo di svolgere una importante manifestazione, a cui fare partecipare il sindaco, che preveda nella seconda parte l’utilizzo dello spettacolo ironico preparato da Marco Travaglio. Travaglio metterà a disposizione alcune giornate per iniziative come questa. È evidente che questo è un contributo che il Fatto dà alla campagna per il No, dobbiamo vedere meglio con il Manifesto come rafforzare la collaborazione. Con i due quotidiani, che ringraziamo del sostegno, intendiamo mantenere e rafforzare un rapporto di collaborazione.
In tutte le situazioni dove è possibile e nel modo più ampio dobbiamo coinvolgere i sindaci disponibili a schierarsi per il NO. Vanno contattati rapidamente per indicare date e caratteristiche delle iniziative. A titolo esemplificativo e per rimanere alle città più importanti possiamo ipotizzare iniziative a Bologna, Milano, Torino, Parma, Palermo, Cagliari, anche con la presenza anche dei sindaci. Naturalmente iniziative vanno svolte anche nelle altre città.
Abbiamo tutto l’interesse ad usare al meglio le competenze di cui disponiamo, predisponendo un vero e proprio elenco degli oratori disponibili a partecipare alle iniziative e creando un gruppo di lavoro centrale, formato da componenti della cabina di regia, per indicare e contattare le persone da proporre nelle diverse iniziative. Finora il lavoro svolto ha risposto alle esigenze, ma è prevedibile che la campagna elettorale ci porrà problemi su una scala più vasta. Le iniziative vanno estese in tutte le località possibili, grandi e piccole, utilizzando gruppi di artisti disponibili, comici, vignettisti. In questo senso ci sono contatti con aree importanti di vignettisti e di comici, come con musicisti e personalità dello spettacolo. Tutti questi contatti debbono servirci per sviluppare il maggior numero di iniziative grandi e piccole.
Occorre fare tesoro dell’esperienza fatta nella raccolta delle firme realizzando tutti i momenti di contatto e di confronto con le persone che saranno chiamate ad esprimersi con il voto per rimotivarle, per riportarle e votare, perché come sappiamo la delusione, l’astensione sono cresciute in modo preoccupante. È quello che si chiama il lavoro casa per casa, punto di riferimento per punto di riferimento. È un lavoro fondamentale per ottenere un buon risultato referendario.
Per realizzare questo lavoro occorre avere la disponibilità di molte persone che possono diffondere materiale, avvicinare, discutere, convincere.
Ci sono proposte per realizzare feste della Costituzione in diverse località. Per realizzare questo lavoro abbiamo bisogno di fondi e per questo abbiamo lanciato una sottoscrizione straordinaria, altrimenti con i mezzi che abbiamo non potremmo fare una campagna elettorale referendaria degna di questo nome, tanto più che è venuta meno ogni possibilità di contributo pubblico.
Abbiamo predisposto un appello straordinario rivolto a chi ha più possibilità, chiedendo 1000 euro a 139 persone e 100 ad altri 1000, chi sottoscriverà meno sarà comunque decisivo per realizzare un fondo adeguato per la campagna elettorale. I fondi che raccoglieremo serviranno per stampare materiale di propaganda, per rafforzare la nostra capacità di muoverci utilizzando i social, per aiutare i comitati locali a organizzare le loro iniziative.
Se avessimo raggiunto l’obiettivo delle 500.000 firme sul referendum costituzionale avremmo potuto trarre profitto dall’esperienza del referendum per l’acqua pubblica, lanciando un prestito restituibile al momento del rimborso pubblico. Purtroppo non possiamo farlo e quindi dobbiamo fare appello ad un sostegno finanziario straordinario delle persone che sono disponibili a farlo. Non vogliamo fondi sospetti. La battaglia che abbiamo intrapreso ha ragioni politiche ed etiche che non lo consentono. Se riusciremo a spiegare bene le nostre ragioni potremo raccogliere le risorse necessarie per questa impresa, tenendo conto che tutto il nostro lavoro referendario è assolutamente volontario: dal nazionale ai territori. Siamo favorevoli a coinvolgere i territori nella gestione delle risorse che avremo a disposizione.
Dobbiamo tornare ad un rapporto diretto con i soggetti associativi che si sono impegnati su altri obiettivi referendari sociali di grande valore come ad esempio la scuola.
Dobbiamo stabilire una nuova qualità di rapporti nella campagna elettorale con altri soggetti sociali come la Cgil, che è stata molto assorbita dalla riuscita della sua iniziativa referendaria, e con la Uil. La Cisl si è purtroppo schierata al contrario, lavoreremo per convincere i suoi aderenti. Qualcosa non ha funzionato nei rapporti tra le diverse iniziative referendarie, quelle che non potevano contare su forme organizzate consolidate alle spalle come la nostra hanno finito con l’incontrare maggiori difficoltà.
A nostro avviso si poteva e doveva trovare un migliore equilibrio tra le diverse iniziative che era interesse di tutti avessero un esito positivo in modo da prefigurare una stagione referendaria nel 2017 più ampia sul piano istituzionale e sociale, in grado di stabilire legami tra questioni istituzionali e grandi questioni sociali come i diritti di chi lavora, la scuola, l’ambiente. Non è andata così. Non siamo riusciti a fare capire con la forza necessaria che la legge elettorale serve a decidere le politiche e non è quindi altra cosa dai problemi sociali perché il sistema di decisione decide esattamente delle scelte nelle politiche sociali. Nella campagna elettorale e in particolare nel lavoro per dare conseguenza pratica alle indicazioni di voto chiediamo a Cgil, Uil, ai sindacati di base e autonomi di pronunciarsi nettamente per il NO e di lavorare insieme a noi per raggiungere questo importante obiettivo democratico.
Dobbiamo usare meglio i social, i contatti via Internet, le radio e le televisioni locali senza rinunciare a pretendere di essere presenti nella campagna elettorale sui media attraverso i diritti che ci vengono dalle leggi e dalle direttive dell’Agcom e chiedendo a chi ha per altre ragioni la possibilità di entrare con maggiore forza nella campagna elettorale di usare le competenze che abbiamo, che possono essere importanti per arrivare alla vittoria del NO.
Rafforzeremo la piccolissima struttura nazionale che finora non ha avuto neppure una sede fisica, con l’obiettivo di aiutare con tutte le risorse che abbiamo i comitati territoriali.
La linea di fondo era all’inizio e resta questa: tutti insieme per fare vincere il NO, per respingere lo stravolgimento della Costituzione e riaprire il capitolo della legge elettorale, sia pure con un percorso diverso da quello che avremmo voluto.
Questa relazione è stata presentata all’incontro nazionale dei comitati territoriali del 16 luglio 2016

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