Voci dall'Argentina: le Madres de plaza de Mayo Linea Fundadora

13 Luglio 2016 /

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di Luca Mozzachiodi
La repressione dell’organizzazione parastatale Triple A in Argentina e successivamente il terrorismo di stato promosso dalle Giunte Militari che ressero quel paese colpirono soprattutto i giovani, colpevoli agli occhi dell’esercito e dei conservatori di coltivare ideali e progetti rivoluzionari. Oggi possiamo dire che se movimenti ed ideali simili effettivamente vi furono, come ad esempio in parte dei Montoneros o della Gioventù Peronista più a sinistra, più spesso si trattava di una generica aspirazione ad una società migliore e più giusta come, verrebbe da pensare, non può che essere quando si è giovani. Questo non ha fermato tuttavia i sequestri e le uccisioni che sconvolsero un’intera generazione, dei giovani degli anni spezzati, come ancora oggi la nostra televisione recentemente li chiama.
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Ma dove spariscono o muoiono figli restano, con il peso dell’assenza, delle madri e le Madres de plaza de Mayo sono forse tra le più note al mondo per le loro battaglie e la loro testimonianza: la denuncia delle sparizioni comincia nell’aprile 1977 in piena dittatura, quando un piccolo gruppo di madri decide di recarsi a manifestare in Plaza de Mayo sperando di poter essere almeno ricevute e avere così notizie sulla sorte dei figli, simbolo della loro denuncia, ancor oggi noto in tutto il mondo, è il fazzoletto bianco che le madri portano sulla testa, originariamente richiamante il pannolino e quindi la loro maternità violata.

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Per le leggi che imponevano lo stato d’assedio le Madres non potevano però sostare nella piazza, incominciarono così a girare in tondo e questa ronda divenne un simbolo presso l’intera comunità internazionale e un’ulteriore testimonianza della indefessa battaglia per i diritti umani. Anche oggi infatti si svolge ogni giovedì la ronda delle Madres accompagnate anche da molte altre organizzazioni per la difesa dei diritti umani, oltreché dalle Abuelas (le nonne) e dai giovani militanti di HIJOS che ugualmente si battono per la giustizia e per una ricostruzione storica onesta dei crimini contro l’umanità compiuti dai militari.
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L’associazione crebbe ed ebbe presto la notorietà internazionale che sappiamo, tanto che nel 1981 organizzò la prima Marcia di Resistenza, azione simbolica contro il regime che vede coinvolti molti militanti per i diritti umani e che segna la distanza tra le esigenze di giustizia della società civile e la ragion di stato cui troppo spesso si sono appellati gli inquilini della Casa Rosada e la burocrazia. (non bisogna infatti dimenticare che non pochi sono rimasti ai propri posti nell’amministrazione statale dopo il 1983 e che alcuni sono a tutt’oggi ancora implicati in processi)
Come poi l’associazione abbia stretto numerosi legami internazionali quali quelli con Amnesty International e la FEDEAM è noto, ciò che invece spesso noi osservatori italiani non sappiamo è che vi fu un’importante divergenza in seno alla Madres, relativa alla possibilità di testimoniare di fronte alla Commissione d’Inchiesta sulle Persone Scomparse creata da Alfonsín, primo presidente eletto democraticamente, e presieduta dallo scrittore Ernesto Sabato così come di accettare la riesumazione dei corpi per accertare le cause del decesso e dare degna sepoltura e di accogliere i risarcimenti statali destinati a chi aveva in famiglia un detenuto-desaparecido.
Le Madres de Plaza de Mayo tennero una linea intransigente nei confronti del governo e interpretando alla lettera una frase dell’ex dittatore Videla chiedevano, e chiedono, la “Restituzione in vita” dei figli e a tutt’oggi sono più propense ad assumere posizioni più chiaramente politiche. Le Madres di Línea Fundadora invece ritennero giusto collaborare con la Commissione, come atto insostituibile di militanza e di riconoscimento della nuova democrazia, e aiutare, con la loro testimonianza e attraverso la riesumazione dei corpi, giudici e antropologi forensi nel loro lavoro di accertamento della verità e di tutela della giustizia. Solo riesumando i corpi infatti è stato possibile smascherare i militari e scoprire i segni delle uccisioni a freddo e delle torture.
Memoria, verità e giustizia sono dunque i tre cardini della Línea Fundadora, né possono esserci migliori parole di quelle delle Madres stesse per definire la militanza della memoria «Questa memoria è il risultato di una costruzione fatta insieme che ha come obiettivo di trasformarci in testimoni di ciò che è accaduto nel nostro paese. Attraverso la parola e le nuove narrazioni diamo alla Memoria il posto che le spetta: la trasmissione della Verità che permette di dare un nuovo valore alla storia a partite dall’orrore vissuto» (traduzione dal sito delle Madres de Plaza de Mayo Línea Fundadora<(a>).
Ciò si è tradotto negli anni in un’incessante attività di tramando della memoria, attraverso la partecipazione a convegni, l’organizzazione di manifestazioni, la stesura e la presentazione di molti libri che raccontano la storia delle vittime del terrorismo di stato e le traversie affrontate da quanti cercavano di opporvisi o chiedevano verità e giustizia. Uno degli aspetti più tipici della militanza delle Madres di Línea Fundadora è però compiere molti viaggi di testimonianza anche all’estero che hanno spesso per primi interlocutori proprio i giovani, quelli che sono oggi coetanei di quanti allora furono sequestrati e uccisi. In Italia si tengono grazie all’impegno dell’associazione 24Marzo Onlus e molti hanno come meta la nostra città.
Infine bisogna ricordare la loro presenza nei “Luoghi di Memoria”: luoghi pubblici dedicati al ricordo della passata dittatura con visite guidate (come all’ESMA di cui si è scritto nel precedente articolo) archivi importanti ai fini giudiziari, uffici dedicati ad associazioni di difesa dei diritti umani e molte installazioni artistiche, monumenti commemorativi, lapidi, o altre opere. Ben lungi da essere una forma di basso scongiuro o disinteresse è tipico del pensiero degli argentini e di quella volontà di costruire Memoria che anima le Madres il fatto che in queste complesse narrazioni l’opera d’arte possa, e forse debba, completare ciò che nude parole non riuscirebbero a dire.
Tra questi luoghi fortemente voluti dalla collettività merita di essere ricordato il Parque de la Memoria, istituito nel 1998 dal Governo della Città di Buenos Aires e dal 2009 amministrato congiuntamente a esponenti delle associazioni di difesa dei diritti umani e della locale università. Si tratta di un parco che si estende su più di 14 ettari di terreno di fronte al Río de la Plata che contiene numerose opere di artisti visivi che sostennero la testimonianza per i diritti umani in Argentina e pur essendo un gigantesco monumento viene impiegato anche come parco. La memoria della morte si unisce alla vita che continua ed è forse il modo più saggio di dare un senso al sacrificio di così tante vite.
Dal 2007 il parco ospita il monumento alle Vittime del Terrorismo di Stato, un lungo muro con 30000 lastre di porfido, ognuna porta inciso il nome di una vittima e molti possono avere la giusta consolazione di un luogo di raccoglimento per ricordare i cari scomparsi, ad oggi migliaia di lastre portano finalmente inciso un nome, grazie anche alle battaglie di queste Madres e al coraggio nell’affrontare le vicende giudiziarie e i riconoscimenti. Purtroppo 20000 restano ancora vuote.

Da qualche parte sono / nube o tomba
Da qualche parte stanno / ne son certo
Forse nel sud dell’anima
La bussola sarà andata persa
E ora girano sempre a domandare
Dove cazzo rimane il buon amore
Perché loro vengono dall’odio.
(Mario Benedetti – Desaparecidos)

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