La tragedia dell'utilitarismo: il caso dell'acqua, diritto umano e bene comune pubblico / 1

8 Giugno 2016 /

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di Riccardo Petrella
Introduzione. Il muro
Come spiegare l’impasse nella quale si trovano le azioni di salvaguardia e di promozione dei diritti umani e dei beni comuni pubblici, in questo caso l’acqua, di fronte alla massiccia e continua opera di demolizione della società dei diritti, dello Stato del Welfare e dei principi costituzionali di uguaglianza, giustizia, solidarietà, fraternità, libertà ? Si ha l’impressione che siamo davanti ad un muro che non consente di avanzare verso l’obiettivo maggiore del diritto alla vita per tutti gli abitanti della Terra.
Noi esseri umani siamo vicini agli 8 miliardi di persone. Di recente, uno studio di due ricercatori olandesi pubblicato in Science (n° febbraio 2016) ha dimostrato che 4 miliardi (4 mila milioni) di esseri umani vivono in condizioni di grave carenza d’acqua (quindi, in cattivissime condizioni di vita). [1]
Inoltre, coloro che vivono in situazioni di acqua disponibile ed accessibile sperimentano crescenti difficoltà ad accedere ad un’acqua buona per usi umani a causa della sua rarefazione, specie economica: sia perché le fonti idriche provvedono acque sempre più contaminate ed inquinate per cui «chi può» compera, per bere, acqua minerale inbittiglia al posto dell’acqua potabile del rubinetto, sia perché la priorità d’uso è, de facto, data all’irrigazione, alla produzione di energia (idro-eletricità), alle attività turistiche (caso, fra altri, dei paesi del Mediterraneo sud). Infine sta aumentando dappertutto il numero di persone che subiscono l’interruzione dell’erogazione idrica perché morosi o insolventi (causa impoverimento).

I bilanci di un periodo o di un’epoca sono essenziali per tentare di capire cosa è successo, perché e come. La tesi sostenuta in questo breve saggio è la seguente: figlio delle concezioni marginaliste dell’economia capitalista di mercato, il muro di cui sopra è un prodotto sociale su scala mondiale della visione utilitarista che ha dominato le scelte politiche e le pratiche socioeconomiche delle nuove tecno-oligarchie giunte al potere negli anni Ottanta.
Queste hanno fatto della tecnologia e della finanza globalizzate gli strumenti di una nuova lotta di classe tra arricchiti ed impoveriti, tra «vecchi» e «nuovi» agricoltori, operai, impiegati pubblici e privati, senza risparmiare le «vecchie» borghesie locali. Hanno intensificato la lotta tra i poteri oligarchici ed il potere del popolo, dei popoli. Esse hanno ritrasformato il mondo in teatro di guerre per le risorse del pianeta e di lotta tra violenza e giustizia, dominio e cooperazione.
Come sostenuto da Warren Buffet [2], la nuova lotta di classe è stata per il momento vinta dal capitale . Vincendo sul lavoro, il capitale ha però aperto una lotta ancora più globale. Oramai è chiaro: le battaglie che oppongono attualmente le grandi società globali dell’industria agro-chimica e farmaceutica per il dominio sull’industria della vita, dimostra che la sfida mondiale è diventata la lotta degli abitanti della Terra contro la pretesa delle tecno-oligarchie del capitale di essere proprietarie («i signori») della vita del pianeta e quindi dell’acqua, dell’aria, del sole, delle sementi, della conoscenza, della salute, dell’alimentazione, dell’alloggio, della città.
Procederò in tre tappe. Nella prima, richiamerò succintamente i contenuti essenziali delle principali concezioni dell’acqua. Nella seconda esaminerò in dettaglio i principi fondatori della concezione utilitarista e le corrispondenti scelte strategiche operate dalle tecno-oligarchie europee e mondiali. Nella terza tappa finale, esporrò alla critica dei lettori alcune proposte miranti ad abbattere il muro.

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