di Gianfranco Pasquino
Pubblichiamo ampi stralci dell’appello per il No al referendum costituzionale di Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica all’Università di Bologna, già sottoscritto da Carlo Galli, Marco Valbruzzi e Maurizio Viroli.
1. Il NO non significa immobilismo costituzionale, opposizione a qualsiasi riforma della Costituzione che sicuramente è un’ottima Costituzione. Ha obbligato con successo tutti gli attori politici a rispettarla. Ha fatto cambiare sia i comunisti sia i fascisti. Ha resistito alle spallate berlusconiane. Ha accompagnato la crescita dell’Italia da Paese sconfitto, povero e semi-analfabeta a una delle 8 potenze industriali del mondo. Non pochi esponenti del NO hanno combattuto molte battaglie riformiste e alcune le hanno vinte (legge elettorale, legge sui sindaci, abolizione di ministeri, eliminazione del finanziamento statale dei partiti)… Desiderano riforme migliori e le hanno formulate. Le riforme del governo sono sbagliate nel metodo e nel merito… fatte con accordi sottobanco, presentate come ultima spiaggia, imposte con ricatti, confuse e pasticciate…
2. No, non è vero che la riforma del Senato nasce dalla necessità di velocizzare il procedimento di approvazione delle leggi… Nasce con una motivazione che accarezza l’antipolitica, “risparmiare soldi” (ma non sarà così che in minima parte) e perché il Porcellum ha prodotto due volte un Senato ingovernabile. Era sufficiente cambiarlo in meglio, non in un Porcellinum… Il bicameralismo italiano ha sempre prodotto molte leggi, più dei bicameralismi differenziati di Germania e Gran Bretagna, più della Francia semipresidenziale e della Svezia monocamerale. Praticamente tutti i governi italiani sono sempre riusciti ad avere le leggi che volevano… No, non è vero che il Senato era responsabile dei ritardi e delle lungaggini… Napolitano, deputato di lungo corso, presidente della Camera e poi senatore a vita, dovrebbe saperlo meglio di altri. Piuttosto, il luogo dell’intoppo era proprio la Camera. Ritardi e lungaggini continueranno sia per le doppie letture eventuali sia per le prevedibili tensioni fra senatori che vorranno affermare il loro ruolo… e deputati che vorranno imporre il loro volere di rappresentanti del popolo, ancorché nominati dai capipartito.
3. No, non è vero che gli esponenti del NO sono favorevoli al mantenimento del bicameralismo. Anzi, alcuni vorrebbero l’abolizione del Senato; altri una sua trasformazione profonda. La strada giusta era quella del modello Bundesrat, non quella del modello misto francese, peggiorato dall’assurda aggiunta di 5 senatori nominati dal presidente della Repubblica… Inopinatamente, a 100 senatori variamente designati, nessuno eletto, si attribuisce il compito di eleggere 2 giudici costituzionali, mentre 630 deputati ne eleggeranno 3. Uno squilibrio intollerabile.
4. No, non è vero che è tutto da buttare. Alcuni di noi hanno proposto da tempo l’abolizione del Cnel. Questa abolizione dovrebbe essere spacchettata per consentire agli italiani di non fare, né a favore del SÌ né del NO, di tutta l’erba un fascio. Però, no, non si può chiedere agli italiani di votare in blocco la brutta riforma solo per eliminare il Cnel.
5. Abbiamo da tempo proposto una migliore regolamentazione dei referendum abrogativi e l’introduzione di nuovi tipi di referendum e di nuove modalità di partecipazione dei cittadini. La riforma del governo… si limita a piccoli palliativi probabilmente peggiorativi… No, la riforma non è affatto interessata a… una più ampia e intensa partecipazione degli italiani tutti (anzi, abbiamo dovuto registrare con sconforto l’appello di Renzi all’astensione sulle trivellazioni), in particolare dei più interessati alla politica.
6. No, non è credibile che, con la cattiva trasformazione del Senato, il governo sarà più forte e funzionerà meglio non dovendo ricevere la fiducia dei senatori e confrontarsi con loro. Il governo continuerà le sue propensioni alla decretazione per procurata urgenza. Impedirà con ripetute richieste di voti di fiducia persino ai suoi parlamentari di dissentire. Limitazioni dei decreti e delle richieste di fiducia dovevano… costituire l’oggetto di riforme per un buongoverno. L’Italicum non selezionerà una classe politica migliore, ma consentirà ai capi dei partiti di premiare la fedeltà, che non fa quasi mai rima con capacità, e di punire i disobbedienti.
7. No, la riforma non interviene affatto sul governo e sulle cause della sua presunta debolezza. Non tenta neppure minimamente di affrontare il problema di un eventuale cambiamento della forma di governo. Tardivi e impreparati commentatori hanno scoperto che il voto di sfiducia costruttivo esistente in Germania e importato dai Costituenti spagnoli è un potente strumento di stabilizzazione dei governi, anzi, dei loro capi. Hanno dimenticato di dire che: a) è un deterrente contro i facitori di crisi governative per interessi partigiani o personali (non sarebbe stato facile sostituire Letta con Renzi se fosse esistito il voto di sfiducia costruttivo); b) si (deve) accompagna(re) a sistemi elettorali proporzionali, non a sistemi come l’Italicum che insediano al governo il capo del partito che ha ottenuto più voti ed è stato ingrassato di seggi dal premio di maggioranza.
8. La riforma costituzionale va letta, analizzata e bocciata insieme all’Italicum… che squilibra tutto il sistema politico a favore del capo del governo. Toglie al presidente della Repubblica il potere reale (non quello formale) di nominare il presidente del Consiglio. Gli toglie anche, con buona pace di Scalfaro e di Napolitano che ne fecero uso efficace, il potere di non sciogliere il Parlamento, ovvero la Camera, nella quale sarà la maggioranza di governo, ovvero il suo capo, a stabilire se, quando e come sciogliersi e comunicarlo al presidente della Repubblica (magari dopo le 20.38 per non apparire nei telegiornali più visti).
9. No, quello che è stato malamente chiesto non è un referendum confermativo (aggettivo che non esiste nella Costituzione), ma un plebiscito sulla persona del capo del governo. Fin dall’inizio il capo del governo ha usato la clava delle riforme come strumento di una legittimazione elettorale di cui non dispone e di cui, dovrebbe sapere, neppure ha bisogno… Vuole più della fiducia. Vuole l’acclamazione del popolo. Ci “ha messo la faccia”. Noi ci mettiamo la testa: le nostre accertabili competenze, la nostra biografia personale e professionale, se del caso, anche l’esperienza che viene con l’età ben vissuta, sul referendum… (che doveva lasciar chiedere agli oppositori: referendum semmai da definirsi oppositivo)…
10. Le riforme costituzionali sono più importanti di qualsiasi governo. Durano di più. Se abborracciate senza visione, sono difficili da cambiare. Sono regole del gioco che influenzano tutti gli attori, generazioni di attori. Caduto un governo se ne fa un altro…. Riforme costituzionali confuse e squilibratrici sono sempre l’anticamera di possibili distorsioni e stravolgimenti istituzionali. Il ricatto plebiscitario del presidente del Consiglio va, molto serenamente e pacatamente, respinto. Quello che sta passando non è affatto l’ultimo trenino delle riformette… Non è difficile fare nuovamente approvare l’abolizione del Cnel, e lo si può fare rapidamente. Non è difficile ritornare sulla riforma del Senato e abolirlo del tutto (ma allora attenzione alla legge elettorale) o trasformarlo in Bundesrat. Altre riforme verranno e hanno alte probabilità di essere preferibili e di gran lunga migliori del pasticciaccio brutto renzian-boschiano. No, non ci sono riformatori da una parte e immobilisti dall’altra. Ci sono cattivi riformatori da mercato delle pulci, da una parte, e progettatori consapevoli e sistemici, dall’altra. Il NO chiude la porta ai primi; la apre ai secondi e alle loro proposte e da tempo scritte e disponibili.
Questo articolo è stato pubblicato sul sito del Il fatto quotidiano il 14 maggio 2016