Furbizia e intelligenza: considerazioni sull'esito del referendum

19 Aprile 2016 /

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Trivellazioni
Trivellazioni
di Maurizio Matteuzzi
Un caro amico, a cui non si può negare l’attestato di essere una persona di rara intelligenza, argomentava ieri sulle trivelle, e sulla irrilevanza delle conseguenze di un eventuale successo del referendum; e, concludendone per la marginalità, maturava la decisione per l’astensione.
Ecco, questo caso fa riflettere sulla multifattorialità dell’intelligenza umana. Ragionamento ben costruito, logicamente solido; politicamente errato. Perché limitato entro l’oggetto, fatta astrazione dal suo contesto. In matematica esistono oggetti senza contesto; in politica no.
Se vogliamo, questa è una riprova di quale debba essere considerata l’essenza stessa della democrazia: il voto di un emarginato vale quanto quello di un premio Nobel. E, a riprova empirica, spesso si deve constatare che un genio della chimica non capisce il più semplice dei costrutti politici, e viceversa una persona incolta ha un innato “fiuto” e li trova elementari.
Aristocrazia o democrazia, dunque, come già si chiedeva Aristotele? Il quale concludeva per l’aristocrazia, ma a patto che fosse il governo dei “migliori”, e non fosse la sua forma degenere, l’oligarchia. Ma come decidere quali siano i migliori? E migliori in quanto a cosa, precisamente? Allora, constatata l’impossibilità di una selezione ben fondata, algoritmica, meglio affidarsi alla arithmetikè dykaiosyne, alla giustizia aritmetica e distributiva.

Ora, officiato il rito, giova riflettere sull’esito. Partiamo dai fatti. Che sono due:

  • 1) Il quorum non è stato raggiunto, il referendum è inefficace.
  • 2) Quindici milioni di italiani, mal contati, hanno votato contro le indicazioni del governo.

Come va letto questo risultato? La difficoltà nasce dal fatto che, rispetto a un contarsi pro o contro il governo, il dato essenziale manca. In questa deriva di disaffezione al voto, quanto incide l’astensione al quesito, e cioè l’adesione al governo, e quanto invece l’astensione dalla politica tout court? Non lo sapremo mai; meglio, ci è stato inibito il saperlo.
Prendiamo i dati delle ultime regionali; in molti hanno detto e ridetto: astensione, primo partito italiano. Allora è chiaro, se riesco a contare per me le astensioni ho vinto! Questa è vera furbizia. Immaginiamo un altro scenario, che il governo Renzi avesse dato indicazione esplicita per il no. Adesso, al di là del raggiungimento o meno del quorum, sapremmo che quindici milioni di italiani dissentono dal governo, e X assentono, Y essendo gli astenuti a prescindere. Vale a dire, potremmo discriminare, entro quel 68% che non ha votato, X e Y appunto. Qualcuno ha deciso che questa informazione era meglio non si sapesse. E’ difficile ipotizzare un perché?
Nei giochi di carte della famiglia della scopa (scopa, scopone, sbarazzino, assopigliatutto ecc.) il grande giocatore si impegna a “fare l’ultima”, l’ultima presa, che consente di raccogliere per sé tutte le carte non precedentemente parigliate. Bene, questo ha fatto il nostro premier, e indubbiamente è stato furbo. Prescindiamo qui dalla disinformazione che ha regnato sovrana, prima per l’assenza di informazione, poi per la serie di amenità concepite dai nostri politici, e immediatamente amplificate dai mass media di regime.
Come gli undicimila posti di lavoro da salvare, che a me ricordano, pavlovianamente, i celebri otto milioni di baionette, o il milione di posti di lavoro, poi cresciuto a un milione e mezzo, sempre a disoccupazione crescente. Il punto non sta qui. Cioè, questo fa parte delle regole del gioco, la storia insegna; e Pavlov torna a farsi vivo, attivandomi un’altra traccia menstica: Goebbels, chi era costui?
No, qui non si ha da ragionare sull’oggetto in sé, ma su un dato politicamente più inquietante: non sta nelle regole, al contrario, prendersi tutte le carte rimaste senza avere fatto l’ultima presa, senza avere contato il quarantotto (qui solo i giocatori incalliti mi capiranno…). Dato che io voglio sapere il valore di X, non sarà un illecito nascondermelo, ma certo è un atto politicamente grave, che mette in mora ancora di più l’affezione alla politica.
Indubbiamente abbiamo un premier furbo. Attenzione però. La furbizia non è uno dei fattori dell’intelligenza; non è una sorella, ma solo una cugina, a volte acquisita. E allora non si può non guardare con sereno ottimismo alla prossima partita, in cui il quorum non ci sarà, non sarà una scopa ma una briscola scoperta: l’arbitro non potrà a priori fare l’ultima, e verrà fuori, volente o nolente che sia, quel valore che, curiosi, andiamo cercando.
Questo articolo è stato pubblicato da Inchiesta online il 18 aprile 2016

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