Cosmopolitica: dall'Eur venti di sinistra, ma cos'è la sinistra?

23 Febbraio 2016 /

Condividi su

di Loris Campetti
Un partito o una coalizione? Dipende da quello che si vuole fare. C’è chi, pur interessato a una rappresentanza politica di chi non ha più sponde politiche, si interroga da una cinquantina d’anni sulla forma partito, e si chiede se il centralismo democratico sia il sistema regolatore più democratico della convivenza tra chi dovrebbe avere come obiettivo comune il cambiamento dello stato di cose presente. Domanda rimasta irrisolta.
C’è anche chi si domanda se non si debba parlare di autonomia del sociale più che di autonomia del politico. C’è chi si appassiona per le elezioni amministrative prossime venture e chi invece, partendo dalla convinzione che la sinistra ha subito una sconfitta culturale, mette la priorità sulla necessità di ricostruire una cultura critica all’altezza dei tempi e della sfida, che sia autonoma dal modello egemonico neoliberista, contro l’individualismo proprietario e contro la trasformazione della lotta di classe verticale in guerra tra poveri, orizzontale. Più che un partito, uno spartito.
Domande, domande, sempre e solo domande. Ma si può non farsele? Mettiamola in un altro modo: si può cambiare lo stato di cose presente insieme a chi sta facendo del tutto per non cambiarlo, magari per poter dire che la destra è stata sconfitta nelle urne da quel 37% di eroici cittadini che sono andati a votare “a sinistra”? Già, ma cos’è la destra, cos’è la sinistra direbbe Gaber.

Messa così, qualcuno potrebbe far finta di non capire e allora è meglio essere più chiari, a costo di banalizzare: si può costruire un nuovo soggetto politico della sinistra alternativo alla degenerazione dei partiti novecenteschi e al tempo stesso coalizzarsi per governare insieme a quella degenerazione, che poi sarebbe il Pd? Misteri della politica, fascino del governo, della serie, ho sentito dire all’Eur: c’è chi si appassiona a criticare le cose che non vanno e chi invece vuole provare a cambiarle. Tanti auguri, compagni realisti, che pensate che il problema sia Renzi e non il Pd.
Mettete insieme tutte queste cose e queste suggestioni e, se va bene, avrete un cartello elettorale. Mica male, comunque, potrebbe essere un’opera di misericordia. A Torino, per esempio, dove il nome che sembra mettere tutti d’accordo fa intravvedere un progetto politicamente sensato e socialmente comprensibile. Magari anche a Napoli, per continuare una cammino difficile in controtendenza. E a Milano, dove se vinceva le primarie del Pd un amico, allora amico era il Pd, ma siccome gli amici hanno perso bisogna fare qualcosa di diverso? E a Roma, e a Bologna? Cagliari non si tocca, invece, perché ci siamo “noi”.
Forse è chi scrive che non ha capito niente, anzi è probabile che chi si sfinisce con queste masturbazioni mentali sia solo influenzato dall’esito non certo brillante dei tentativi precedenti di costruire il famoso “soggetto alternativo”. Uno che ha paura di rivedere una speranza frantumata dalla rissa tra prestigiosi gruppetti dirigenti. Un gufo? Gufo no, non esageriamo, parlavo di opera di misericordia necessaria. E lo ribadisco.
Intendiamoci, di buone idee ne sono circolate tante in questi ultimi anni e molte le ho ritrovate all’Eur alla Cosmopolitica. In passato le buone idee sono naufragate, oltre che nella lotta tra totani di cui sopra, nella difficoltà a radicarsi nel territorio. Può aiutare a soffrire un po’ meno un’assemblea generale ogni tre mesi con belle persone, bravi intellettuali, generosi movimenti, ma se non cresce un progetto nel corpo sociale difficile che progetto possa avere un futuro radioso. Sarà per deformazione professionale da giornalista, ma credo che sia necessaria un’inchiesta di massa su questo nostro paese che vorremmo ricostruire, a meno che non pensiamo che si possa dirigere in nome, e non insieme a chi si vorrebbe rappresentare.
Pessimismo? Nihilismo attivo? Realismo? Fate così, prendete queste riflessioni e buttatele al cesso. Anzi, non leggetele neanche. E tu, caro ilmanifestobologna.it, evita proprio di pubblicarle.

Aiutaci a diffondere il giornalismo libero e indipendente.

Articoli correlati