di Raffaella Sutter
Il modello emiliano-romagnolo di cooperazione e mutualità nel lavoro è fallito? È possibile rifondare una cooperazione che ha storiche radici nella sinistra operaia, ma che oggi sembra aver perso i suoi valori fondanti? Il 12 dicembre Ravenna in Comune ha aperto la propria assemblea incontrando una delegazione di 4 lavoratori dell’Iter (Cooperativa ravennate interventi sul territorio).
Il settore delle costruzioni è stato il più colpito dalla crisi : gli operai iscritti in Cassa Edile sono passati dai 6112 del 2008 a 2958 del 2014 mentre le aziende si sono ridotte nello stesso periodo da 1199 a 564. La cooperativa Iter nasce dalla fusione nel 1989 di una serie di cooperative edili della provincia, nate da una storia ultracentenaria di cooperazione e consolidatesi nel dopoguerra con il boom economico degli anni Cinquanta. Iter,con sede a Lugo, diventa una delle realtà più importanti in ambito nazionale nel mondo delle costruzioni sia abitative che strutturali. La crisi di Iter inizia intorno al 2010, dopo alcuni investimenti sbagliati.
Iter fino a pochi anni fa dava lavoro a 480 persone, oggi sono rimasti 182 lavoratori tra operai e impiegati per la maggior parte in cassa integrazione straordinaria. Questa però terminerà il 18 febbraio del 2016 e a quella data se non interverranno novità ci saranno 182 licenziamenti, 182 famiglie in difficoltà e un impoverimento generale per il territorio.
Il sindacato nell’ultimo mese ha indetto 3 giornate di sciopero con presidi nei luoghi simbolici della vertenza: davanti al Comune di Lugo; davanti alla Prefettura a Ravenna e davanti alla Lega delle Cooperative sempre a Ravenna, ritenendo che la soluzione sia possibile e che “nessuno deve essere lasciato per strada”. La soluzione passa dagli impegni che il mondo cooperativo e in particolare Lega Coop si è presa da tempo ma che fino ad ora non ha rispettato, pur ribadendoli nel tavolo di crisi in Regione il 3 dicembre scorso, cioè di presentare (entro il 25 gennaio 2016) “un progetto industriale teso a valorizzare l’esperienza e le professionalità esistenti nel settore edile e delle costruzioni nel territorio, quale reale e fattiva iniziativa di contrasto al rischio di scomparsa della presenza dell’esperienza cooperativa in questo settore”.
I lavoratori, con età e storie diverse all’interno dell’Iter, ci hanno raccontato il passaggio da una cooperazione in cui era valorizzata una maestria del lavoro che veniva trasmessa ai più giovani, ad una fase in cui i soci lavoratori sono passati ad una mera funzione di controllo degli operai delle ditte subappaltatrici. Hanno sottolineato come la fine della cooperazione sia stata segnata dall’ingresso dei subappalti e dalla predominanza della logica del profitto più che della qualità del lavoro.
Hanno espresso la preoccupazione che spesso il subappalto apra la via ad infiltrazioni mafiose o camorriste. Hanno ribadito che una volta le cooperative si fondavano sui dei valori ma che oggi l’abbandono della mutualità (dimostrato dal fatto che molti dirigenti di Iter se ne siano andati ritirando la propria quota sociale e dal fatto che i lavoratori rimasti non vengano riassorbiti dal sistema cooperativo) dimostra che il sistema cooperativo è fallito e che si è trasformato in poltronificio, fondato sulla finanza. Hanno ricordato che il lavoro è un diritto costituzionale e che se non c’è per tutti va diviso tra tutti.
Messaggi politici molto chiari che Ravenna in Comune condivide; vigileremo con attenzione sull’evoluzione della situazione e sull’adempimento degli impegni assunti da Lega Coop, rimanendo in contatto con i lavoratori e con Fillea Cgil di Ravenna.
Questo articolo è stato pubblicato sul sito di Ravenna in comune il 14 dicembre 2015