di Francesco Sutti
Con Luciano Gallino se n’è andata una parte importante della storia, del pensiero e del vissuto di molti di noi; non si tratta ora di unirsi alle commemorazioni e ai tanti enfatici coccodrilli; si deve invece far riemergere quell’insieme di pensieri, esperienze che hanno unito a lui persone che ora possono impegnarsi a farli vivere in avanti
Entrai in Olivetti nel 1971, proprio quando Gallino usciva dal suo ruolo di ‘Direttore del Servizio Ricerche sociologiche e Studi sull’organizzazione’ per andare a dedicarsi interamente all’incarico nell’Università di Torino; da quella cattedra ha continuato a produrre, da studioso attento e rigoroso, presenza e cultura. Abbiamo dunque condiviso la Olivetti e il pensiero di Comunità, Economia e Urbanistica e ne abbiamo fatto una griglia culturale attraverso cui leggere la realtà economica, il paesaggio, la politica, lo spazio e la sua forma; e, soprattutto, il lavoro.
Gallino, insieme con altri, è stato il vero ideologo di come si tratta il lavoro, elemento nobile e fondante dell’essere persone in una società; ne abbiamo diffuso in azienda e fuori di essa il pensiero, dominato da una curiosità permanente e acuta, dal conoscere, dallo scoprire nuove forme, fisiche e sociali, di collegamento tra fabbrica, territorio e cultura. Abbiamo dunque definito dignità e nobiltà del rapporto tra comunità di lavoro e città.
Gallino è stato progettista e divulgatore di un percorso da fare per ricongiungere persone e lavoro; è stato il padre dell’idea che il capitalismo produce disoccupazione, che la stessa disoccupazione produce disoccupazione anche quando la collega ad alcune forme di protezione sociale, che la stessa innovazione di prodotti e tecnologie produce disoccupati.
A questo Gallino ha saputo agganciare in positivo il percorso possibile per nuove opportunità di lavoro, possibilità di dedicare il nobile mestiere di molti alla manutenzione dell’intero sistema: progetti e attività per manutenere e adattare scuole, ospedali e infrastrutture esistenti e anche nuove. Questo potrebbe far lavorare tanta gente, in modo permanente e garantito, contrastando il naturale degrado umano e sociale legato alla riduzione degli occupati.
Queste idee hanno trovato nel nostro paese pochi cultori e, soprattutto, scarsa interpretazione operativa, poche cose fatte e nessun programma per chiamare a raccolta risorse finanziarie e persone. Alcuni rappresentanti di una borghesia imprenditoriale presentabile – Olivetti e Ferrero ad esempio – sono scomparsi e non ce ne sono stati altri di qualità sufficiente a raccoglierne idee, investimenti e cultura.
Interi settori e imprese industriali sono state acquisite da grandi gruppi, spesso svendute. L’Olivetti è uno degli esempi: non esiste più; è stata inghiottita in Telecom ed eliminata. C’è bisogno di una staffetta; occorre qualcuno che, per il bene di tutti e per ritrovare un rapporto equilibrato tra persone e lavoro, riprenda il testimone che uomini come Luciano Gallino, e molti altri di qualità, hanno lasciato a disposizione per proporre idee, programmi e opportunità di lavoro.
Questo articolo è stato pubblicato su Inchiesta online il 22 novembre 2015