Pasolini, Gennariello e la rivoluzione: interpretare Petrolio / 1

31 Ottobre 2015 /

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Sono trascorsi 40 anni dall’omicidio di Pier Paolo Pasolini, avvenuto il 2 novembre 1975. Per questo proponiamo, in 4 puntate, questo saggio che rappresenta una chiave di interpretazione del romanzo Petrolio.
di Francesco De Maio
Caro Maestro (Maestri), ho compreso l’unità di Petrolio leggendo Gennariello. Pasolini sintetizza il tutto in un solo personaggio: «Pulcinella». È questo personaggio a costituire l’unità dell’opera, la chiave di tutto il romanzo. Petrolio non è, come molti sostengono, un meta-romanzo, quanto un’opera meta-semiotica.
La conseguenza di questa caratteristica formale è che, prima di poterne comprendere l’unità letteraria, quella comunemente intesa, bisogna comprenderne invece l’unità simbolica e numerica (cabalistica). Infatti è quest’ultima a costituire la struttura portante e primaria del romanzo. Ciò non deve risultare strano, in quanto il poeta-regista è stato il primo a scrivere una «grammatica» della lingua cinematografica, intesa come lingua della realtà, «Empirismo eretico».
Il suo romanzo Petrolio è diviso in tre parti, di cui le prime due sono rispettivamente contraddistinte dall’appunto 41 e dall’appunto 101. Questi due appunti rappresentano i momenti salienti di tutto il romanzo ed entrano in relazione formale tra loro attraverso «Gennariello» (in «Lettere luterane») e il «Pratone della Casilina», l’appunto 55 di «Petrolio». Questo avviene anche attraverso la poesia, e in modo specifico, con la poesia intitolata «Patmos».

Mi spiego. Il «Pratone della Casilina» è concepito su alcuni numeri che contraddistinguono anche «Patmos», una delle poesie più importanti di Pasolini. I segreti di questa poesia, composta il giorno seguente la strage della banca dell’agricoltura di Milano (piazza Fontana) del 12 dicembre 1969, furono analizzati da Giuseppe Zigaina nel suo libro «Hostia». Le allego il testo di Giuseppe in modo che possa leggerlo lei direttamente, così come la poesia «Patmos», nel caso non l’avesse a portata di mano.
Tutta l’analisi deve cominciare da Gennariello. Questo scritto viene pubblicato sul quotidiano “Il Giorno” il «6 marzo» 1975, ossia un giorno dopo il 53esimo compleanno di Pasolini, che cadeva proprio il «5 marzo». Questo scritto si presenta, non casualmente, in 53 cartelle e 14 articoli pubblicati in esattamente 14 settimane consecutive. Gennariello, nello scritto di Pasolini, ha 15 anni, ma in realtà credo che Pasolini non abbia voluto scrivere di un Gennariello quattordicenne, e questo per semplici motivi di ragionevolezza.
Carlo, protagonista di Petrolio, nasce il «6 Marzo» del 1932, e il «6 marzo» del 75 vi fu la pubblicazione di Gennariello. Il suo doppio, il doppio di Carlo primo, cioè Carlo Tetis (l’Hermes-Pulcinella), nasce proprio all’inizio degli anni ’60, dovrebbe quindi avere quindici o quattordici anni nel 1975, come Gennariello.Una caratteristica formale di Petrolio è la presenza di “digressioni” – parola quasi mai usata da Pasolini – per questo alcuni credono che sia un meta-romanzo. Ma il trattatello dedicato a Gennariello finisce proprio con la seguente frase: «Ed è ciò che cercherò di fare continuando fin che sarà necessario questa nostra digressione». Come a voler dire che la digressione sarebbe continuata – agli occhi di un lettore arguto – con «Petrolio».
I numeri di riferimento dei paragrafi, in Gennariello, sono indicati dallo stesso autore nel titolo del paragrafo, ma solo fino al numero 4. Il paragrafo successivo al 4, “Progetto dell’opera”, è, invece, senza numero, così come quello immediatamente successivo. Dunque abbiamo, dopo il paragrafo 4, due paragrafi orfani di numero e, dopo, il Paragrafo numero 6. Successivamente a questo (Paragrafo 6), cioè dopo il settimo articolo pubblicato, ci sono altri sette articoli senza numero.
Sintetizzando: Pasolini non usa il numero 5 – numero che potrebbe essere attribuito ai due articoli successivi al 4 – e non usa il numero 7 e tutti gli altri numeri successivi al sette. Lo schema è il seguente:
1 – 2 – 3 – 4 – X – X – 6 – X – X – X – X – X – X – X
5 5
7
Tenendo conto che il Sottotitolo di Petrolio è “Progetto e Mistero”, – endiadi che Zigaina trasforma in “Progetto di un Mistero” – non può sfuggire il fatto che Pasolini, in Gennariello, fa mancare il numero 5 proprio al paragrafo intitolato “Progetto dell’opera”. Dopo il “Paragrafo 6”, abbiamo un paragrafo, o articolo, senza numero, intitolato “Siamo due estranei, lo dicono le tazze da tè”, nel quale l’autore parla delle tazze da tè usate per la scenografia di Salò. Queste tazze rappresentano un fatto molto importante, in quanto l’autore le investe di un significato complesso che ha molti lati oscuri da decifrare.
Ecco cosa scrive l’autore in questo articolo senza numero ma immediatamente successivo al sesto paragrafo: «Non c’è soluzione di continuità ormai, ai miei occhi, fra queste tazzine e un vasetto». Il fatto non casuale è che qui dovremmo essere al paragrafo numero 7, e il numero sette, nella smorfia napoletana, è proprio il vaso, anzi, come dice Pasolini un vasetto, «’o vasetto».
Da questi due numeri, abbiamo, dunque, il Progetto rappresentato dal 5, e il Mistero rappresentato dal 7. Il 7 rappresenta il Vaso o il Vasetto, il Vaso Sacro o i Vasi Sacri, l’Ampolla o le Ampolle, il Vas dell’alchimia o il Vaso di San Paolo e diSant’Agostino, o di Dante e di Virgilio, o di San Gennaro. Questa definizione pasoliniana di vasetto, si trova proprio al centro di Gennariello e costituisce, per posizione all’interno dell’opera, per tensione narrativa, e per l’angoscia espressa da Pasolini, il suo climax. Inoltre non va dimenticato che la parola «Vas» è l’altro titolo di «Petrolio».
Anche nel “Pratone della Casilina” ritroviamo lo stesso schema narrativo. Pasolini descrive nove rapporti sessuali, in totale dovrebbero essere 20, con 20 personaggi diversi. I 20 rapporti sessuali di Carlo divenuto donna. I primi 4 rapporti sono contraddistinti da un numero: il primo, il secondo, il primo di Nettuno, il secondo di Nettuno. Il quinto personaggio non ha numero di riferimento e così anche il sesto. Quello successivo al sesto (il terzo di Nettuno), che dovrebbe essere il settimo, è Erminio. E proprio a questo punto della narrazione Pasolini scrive: «Quello che adesso arriva – il sesto: ce n’erano dunque altri quattordici. – era il terzo di Nettuno». Attraverso l’errore narrativo (sesto al posto di settimo), Pasolini crea un’amplificazione del senso gigantesca.
A questo punto dobbiamo notare innanzitutto che lo schema è lo stesso di Gennariello, anche se Gennariello arriva a 14 paragrafi e i 20 personaggi del Pratone della Casilina realmente descritti sono, invece, solo 9. Ecco lo schema:
1 – 2 – 3 – 4 – X – X – 6 – X – X
5 5
7
Ma è pur vero che Pasolini non ha bisogno di arrivare a 14, in quanto il 14 è già stato evidenziato dalla sua frase con punto esclamativo e motto di spostamento: «Ce n’erano dunque altri quattordici.»
Quindi, in questo caso, Pasolini ha bisogno di arrivare solo al nono personaggio, cioè al personaggio che si chiama Pietro (il primo nome di PIETRO Paolo Pasolini), cioè deve creare una corrispondenza fra il suo nome Pier Paolo Pasolini e quelli di Erminio (Hermes) e di suo fratello (Guido di cinque lettere), che egli chiama più volte, in una delle sue più strazianti poesie giovanili, col nome di «ERMES», («7. Corale», ultima poesia de «La passione del ’45», [Inferno e paradiso proletario] pag.743, vol. 2 di «Tutte le poesie» Einaudi 2003), proprio come il poeta Orfeo chiama la sua Euridice dal regno dei morti.
In altre parole deve creare una corrispondenza fra lui e i 20 spiriti della Casilina. Con particolare riferimento allo psicopompo più importante, Ermes-Guido. Poiché anche lui, Pasolini, è una Vacca della Casilina, se stiamo all’analisi zigainianadi «Patmos». Sulla Casilina ci sono molti pratoni – negli anni 50 a partire ancora da Roma – e vi pascolavano e vi pascolano, molte pecore e Vacche. Ancora oggi creano qualche problema alla circolazione della SS6. Così, anche lui, Pasolini, stando a «Patmos» (vedi Pietro Dendena e Paolo Gerli), prima spiritualmente e poi fisicamente, è una delle 14 Vacche della strage di Piazza Fontana.
Con un po’ d’ironia (mi sia consentita qui una sola volta), direi che la Vacca non è Carlo, cioè un ingegnere uomo che diventa donna e che con lo stesso stile meccanicamente pornografico, con cui si accoppia con le donne (o si fotte, potremmo ben dire, le sorelle, la madre, la nonna…), adesso, nel Pratone, avendo corpo e occhi di donna, si accoppia, invece, con gli uomini. Per dirlo meglio: non è «Vacca Carlo» (anche se poi così sarà – anche se nell’altro senso – nell’appunto 102, quando gli ingegneri uomini del nord si occuperanno proprio di questa umile necessità, scorrazzando tra il Faldella e il Gadda), ma sono invece i sacri spiriti a essere le Vacche della Casilina, gli eletti di tutte le Piazze Fontana e di tutte le violenze del potere che fa delle Vacche sacre carne da macello. Il gap è stridente, direi impareggiabile.

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