La questione meridionale d'Europa: questo è un appello

6 Agosto 2015 /

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Questione meridionale d'Europa
Questione meridionale d'Europa
di Valentino Parlato
L’Europa mone­ta­ria, unita solo dall’euro e domi­nata dalla teo­lo­gia dell’austerità, non fun­ziona pro­prio. Sono in molti ad affer­marlo e non è un caso che la Gran Bre­ta­gna abbia voluto con­ser­vare la ster­lina pur ade­rendo all’Unione euro­pea nei con­fronti della quale mani­fe­sta dis­sensi cre­scenti. E, in gene­rale, non dob­biamo dimen­ti­care che siamo in una fase di con­ti­nui cam­bia­menti, tali da indurre Guido Rossi a scri­vere (Il Sole 24 Ore, 19 luglio) un edi­to­riale dal titolo «Quei Trat­tati supe­rati che creano disordine».
Ma tor­niamo alla Gre­cia, la cui crisi strut­tu­rale non è stata affatto risolta con i pre­stiti e le dila­zioni di paga­mento del debito, ma solo rin­viata e nem­meno a lungo ter­mine e non sarà age­vole una ripe­ti­zione dei pre­stiti. I punti sono due:

  • tutti i paesi che hanno accet­tato l’euro sono in con­di­zioni molto diverse e peg­giori di quelle della Ger­ma­nia, che si con­ferma domi­nante nel cir­colo dell’euro;
  • manca, anzi è rifiu­tata, una poli­tica eco­no­mica diretta a equi­li­brare i rap­porti di forza all’interno della comu­nità: tutti abbiamo l’ euro, ma ci sono quelli che ne hanno tanti e li fanno cre­scere e quelli che ne hanno pochi e li vedono dimi­nuire continuamente.

Di que­sta situa­zione noi ita­liani abbiamo una certa com­pe­tenza: anche quando usa­vamo tutti la lira il Mez­zo­giorno era un disa­stro e, con l’aiuto di Gram­sci, sco­primmo la “que­stione meri­dio­nale”, che oggi si ripro­pone a scala euro­pea. E così mi ha col­pito, e per­suaso, il grande titolo del sup­ple­mento di la Repub­blica del 20 luglio: «Mez­zo­giorno, la Gre­cia d’Italia».

Nella nostra unità nazio­nale fin da prin­ci­pio a domi­nare fu la moneta, cioè la lira, e così si aprì la que­stione meri­dio­nale, con la mise­ria e l’emigrazione. In alcune regioni del Mez­zo­giorno si stava meglio ai tempi del regno di Napoli con i Bor­bone piut­to­sto che dopo con l’unità d’Italia e i Savoia.
La crisi della Gre­cia sarà lunga e dura e ci saranno – già lo si vede – altri paesi inve­stiti dalla crisi pro­dotta dall’attuale unione mone­ta­ria e sol­tanto mone­ta­ria. Si tratta – già ci sono gli annunci – dei paesi medi­ter­ra­nei: la Spa­gna, dove si voterà que­sto autunno e dove sta cre­scendo il par­tito Pode­mos, abba­stanza simile a Syriza e poi il Por­to­gallo e anche l’Italia – è sotto gli occhi di tutti – non sta tanto bene.
Il futuro – allo stato attuale – è di cre­scita della disoc­cu­pa­zione e di defi­cit di bilan­cio. Insomma il per­corso della Gre­cia – ancora per niente con­cluso – dovrebbe illu­mi­narci. Siamo – ne sono con­vinto – all’apertura di un que­stione meri­dio­nale che pro­vo­che­rebbe una crisi ben più grave di quella che si è aperta con la Gre­cia che conta meno di dieci milioni di abi­tanti e un Pil pari al 2 per cento di quello euro­peo. Una crisi assai più dif­fi­cile da affron­tare con una unione solo mone­ta­ria, non poli­tica e nep­pure economica.
La pre­vi­sione più facile, e nega­tiva, è che salti tutto pro­vo­cando un disor­dine ingo­ver­na­bile. Tra non molto tempo la crisi greca si ria­prirà e inve­stirà, assai più’ dura­mente che oggi, anche i paesi medi­ter­ra­nei: l’Europa sarà in una crisi più grave ed estesa di quella che ha inve­stito la Gre­cia e anche la Ger­ma­nia avrà più di un pro­blema. A que­sto punto mi pare utile citare un passo dell’ottimo arti­colo di Luciana Castel­lina (il mani­fe­sto, 17 luglio): «Altra cosa – scrive Luciana – è che a met­tere in discus­sione l’eurozona sia uno schie­ra­mento più forte, almeno i paesi medi­ter­ra­nei, sulla base di un chiaro pro­getto di lotta e di reci­proca soli­da­rietà. Que­sto fronte oggi non c’è e noi ita­liani pos­siamo ver­go­gnarci per­ché il nostro pre­si­dente del con­si­glio avrebbe potuto e dovuto avere un ruolo di primo piano da svol­gere in que­sta situa­zione, ha messo, pau­roso, la testa sotto la sab­bia. Tocca anche a noi costruire un piano B, ma non solo per la Grecia».
Quello che non ha fatto e non ha pen­sato il nostro attuale pre­si­dente del con­si­glio lo pos­sono e lo deb­bono fare i nostri poli­tici di sinistra. Riunirsi, prendere contatto con le personalità di sinistra di Portogallo, Spagna, Grecia e anche Italia per affrontare l’attuale questione meridionale europea.
È lo sforzo che hanno fatto in que­sti mesi i gruppi e i par­titi che stanno cer­cando di dar vita ad un nuovo sog­getto di sini­stra nel nostro paese, con­sa­pe­voli che occorre ora­mai ope­rare a livello euro­peo e non solo nazio­nale sta­bi­lendo rap­porti o ren­den­doli meno formali. Lo ha già fatto la Fiom con i sin­da­cati metal­mec­ca­nici del sud Europa.
In que­sto senso si muo­vono anche Strauss-Kahn, Fitoussi, e Varou­fa­kis con il soste­gno del pre­mio Nobel Sti­glitz e anche James Gal­braith per una for­ma­zione di sini­stra a livello euro­peo. È urgente e posi­tivo, e per noi ita­liani che sulla que­stione meri­dio­nale abbiamo avuto la lezione di Gram­sci, ancora più pressante.
Non si può continuare a stare immobili e subire. Questo è un appello. E per questo ho scelto le colonne delmanifesto per lanciarlo. L’Unione euro­pea è da rea­liz­zare, ma non può essere solo mone­ta­ria: non solo è insuf­fi­ciente ma anche dan­nosa. Deve essere un’unione poli­tica e quindi demo­cra­tica cioè tale da pren­dere in con­si­de­ra­zione le dif­fe­renze eco­no­mi­che e sociali tra i vari paesi. Un’unione non è una som­ma­to­ria acri­tica di differenze.
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Questo articolo è stato pubblicato sul sito della Fondazione Luigi Pintor il 23 luglio 2015

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