Un ricordo di Franco Fortini attraverso "Tutte le poesie"

1 Agosto 2015 /

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Franco Fortini
Franco Fortini
di Luca Mozzachiodi
È certamente doveroso scrivere qualche parola per Franco Fortini, che del giornale Il Manifesto è stato assiduo collaboratore, e per il quale ha scritto alcune delle sue pagine più memorabili e illuminanti, è doveroso soprattutto perché si tratta, con evidenza, di un autore rimosso: non ve ne è traccia nelle antologie scolastiche, non nei dibattiti della sinistra che pure egli animò, non nelle analisi della cultura contemporanea, e in questo, con molti suoi libri, era stato un maestro e così via.
Anche nella poesia, ovviamente, Fortini non gode di molta considerazione, vuoi perché accusato, velatamente o più esplicitamente, di aver prostituito la poesia a motivi politici contingenti, vuoi perché tacciato di ideologia, naturalmente nel senso di maxima culpa dell’era della feroce e armata ideologia dell’antideologia, che non si capisce mai bene cosa significhi, probabilmente uno dei molti modi mistificanti per indicare semplicemente il nemico, perché Fortini era anche questo; era nemico di quelli che hanno vinto e amico di quelli che hanno perso, bisogna dirlo chiaramente, anche per questo Fortini non è oggi un poeta alla moda, come quasi tutti i grandi poeti che hanno scritto per la stessa causa, spariti inesorabilmente dagli scaffali delle librerie sotto il trionfo dell’intimismo e sostituiti dalla, nemmeno numerosa, poesia cosiddetta civile, ecco un’altra espressione che oggi proprio non si capisce, che il più delle volte si muove entro i ristretti confini del buonsenso borghese, invitando a non discriminare, altro termine del pastrocchio che è la koiné sinistrorsa dei nostri giorni, ma d’altro canto è impossibile parlarne senza darne esempio, questo e quello, o che qualche cattivissimo signore della guerra ha ucciso qualcuno, lasciando però totalmente e perfettamente immutati e occultati i reali rapporti di forza.

Eppure in questo sconsolante quadro qualcosa pare essere cambiato: dallo scorso autunno è disponibile nelle librerie un voluminoso oscar Mondadori che raccoglie tutte le poesie di Fortini, dai libri canonici alle poesie inedite alla raccolta di traduzioni Il ladro di ciliegie, una simile opera in precedenza non era mai stata assemblata, i lettori dovevano cercarsi le poesie raccolta per raccolta o affidarsi a qualche antologia, né le une né le altre erano più in catalogo, guarda caso, dagli anni novanta.
L’importanza di questa edizione sta innanzi tutto dunque nell’aver recuperato e messo a disposizione l’opera di un poeta importante e in edizione economica, che segue peraltro quelle di Zanzotto, Sereni, Giudici. Per una volta, ho pensato, posso essere contento, una mia previsione si è avverata: ricordo molte serate ginnasiali in cui mi domandavo perché ci si ostinasse a considerare canonizzati i poeti con un’opera omnia nei Meridiani e a non capire che un autore è davvero canonizzato quando le sue opere sono largamente diffuse nelle librerie in edizioni economiche che tutti possono leggere non quando sono riunite in preziosi tomi per danarosi specialisti. Mondadori pare aver capito. Questa raccolta dunque permette di ripercorrere tutto l’arco della poesia fortiniana, anche grazie all’ottima introduzione di Luca Lenzini, curatore del volume, uno dei più attenti studiosi di Fortini.
Occorre però chiedersi qual è dunque il senso oggi della poesia che sta in questo libro, alcuni dicono che potrebbe essere passata come gli avvenimenti di cui trattava o il pensiero che le dava forma, altri che rimanga, anzi che sia la parte più viva, di Fortini, proprio perché depoliticizzata; io credo piuttosto che rimanga viva e complementare alla prosa, ogni autore consapevole non fa confusione, non si scrive una poesia per scrivere un saggio né un romanzo per un trattato e la poesia che tende verso la prosa o viceversa è in troppi casi solo il segno di un’imperfetta padronanza dei mezzi letterari.
Che dire dunque di Fortini? Così prosastico, antilirico, a tratti quasi giornalistico, potrebbe ingannare, il lettore può senza ombra di dubbio sfogliare centinaia di pagine senza trovare un testo che non sembri un raccontino o una nota buttata giù in prosa colloquiale; si tratta di un autore difficile, la sua immediatezza spesso tradisce e lascia il lettore non preparato con una lettura superficiale, invece bisogna leggere questi versi a molteplici livelli di senso, c’è ovviamente, e molto più che in altri poeti, una pura evidenza di fatti, ma la dialettica e l’allegoria complicano di molto il quadro e ogni espressione è assai più ricca di senso di quanto non appaia.
Questo mi sembra dunque essere il lascito più vero della poesia di Fortini oggi: l’aver saputo cogliere la dialettica, quella vera, hegeliana, nel reale e riportarla nei versi, spesso avendo una funzione di svelamento opposta proprio al rischio della lirica di confondere tutto in un velo di fumo con irrazionalità, musica e visionarietà.
Non sopporta epigoni la poesia di Fortini, piuttosto si rigenera come la Fenice ad ogni nuova esigenza di far luce e di raccontare le contraddizioni, persino di predire il futuro, come infatti alcuni dei suoi ultimi scritti la poesia è tutta tesa al mondo che deve venire, è in sua funzione come uno strumento, permette di leggerlo per allegoria, così questo poeta ha voluto combattere la sua battaglia e lasciare una posizione avanzata sul campo.
Il mondo futuro di un libro ha un nome preciso, si chiama il lettore e il miglior pregio di questo è di poter permettere al lettore di seguire tutto d’insieme il procedere della scrittura poetica di un grande, di cogliere il messaggio nella sua costanza e nella sua mutevolezza; il punto d’ombra è se la poesia di un pensatore sia accessibile nel suo significato più profondo anche a un lettore che non ne condivida i riferimenti culturali, che non possieda un certo tipo di formazione, che sia schierato, si dica, dall’altra parte; questo oscar sarà la base di una vulgata fortiniana impoverita e messa a buon mercato per amanti di aforismi? Sarà un manuale per sette che sperano in rivoluzioni intellettuali? Sarà una rocca di resistenza?
Ovviamente molto deciderà l’evoluzione della cultura letteraria e politica del nostro paese, molto il mutamento delle abitudini di lettura, altro il mercato editoriale, ma mi pare plausibile pensare che, come forse già avviene, vi saranno due Fortini per due tipi diversi di lettori, gli uni intenti a leggere il poeta, saranno contenti di poterlo finalmente fare e avranno un loro autore non privo di pregi, gli altri, che ricordano l’intellettuale, vedranno in questa raccolta soprattutto l’essenziale complemento ai saggi fortiniani, dei quali purtroppo un’edizione completa invece ancora manca.
Se infine dovessero avere ragione su di lui, e su di noi, detrattori e nemici e fosse tutta una storia passata di compromissioni e non grande poesia potremmo comunque più mestamente essere soddisfatti di questo libro e aprirlo e leggerlo come un libro di favole amare, quelle dove alla fine hanno vinto i cattivi.
C’era una volta il sogno di una causa …
[recensione a Franco Fortini: Tutte le poesie, a cura di L. Lenzini, ed. Mondadori, 2015 LXIV e 889 pagine]

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