La nuova poesia cubana: uno spazio di libertà strano

25 Luglio 2015 /

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Cuba: un viaggio tra immagini e parole
Cuba: un viaggio tra immagini e parole
di Luca Mozzachiodi
Di questa strana isola dei Caraibi, che tante volte torna, per diversi motivi, negli scritti e nelle discussioni della sinistra, italiana e non solo, tendiamo a fare delle oleografie, dei ritratti del cuore, e questa poesia immaginativa, nata quando gli eventi della rivoluzione sono passati dalla storia alla rievocazione nostalgica, è tipica di quelle società che amano guardare, magari sul divano e in streaming, il socialismo fatto nel paese degli altri.
Contro questa idealizzazione si è levata un’altra poesia, quella vera e propria, in versi, delle generazioni successive e un importante segno in questo senso è stato dato giovedì scorso, 23 Luglio, dal Centro di poesia contemporanea di Bologna, grazie al lavoro del direttore Valerio Grutt e di Giuseppe Nibali, quando al Centro Giorgio Costa è stata presentata l’antologia Cuba: un viaggio tra immagini e parole a cura di Carmen Lorenzetti per NFC edizioni.
Sono passati i tempi in cui uno scrittore italiano poteva ricordare con sorpresa di aver trovato la firma di Nicolás Guillén incisa in un cassetto di un albergo di Mosca, oggi con tutta probabilità si meraviglierebbe di trovare un libro di Guillén nella più grande libreria di Roma o Milano, l’ultima antologia italiana risale a quarant’anni fa! Ed è per parlare solo del maggiore e più noto, tutti gli altri stanno come i poeti in esilio di Brecht, distrutti fino nella loro opera, o si addossano sconfortati al muro di qualche facoltà di lingue, aspettando che la barbarie passi.

Tanto più un’antologia come questa, di quattrocento pagine e che raccoglie trentatré poeti, era necessaria, anche per cogliere i differenti aspetti generazionali, si va da quasi sessantenni a poco più che trentenni, sia per gli aspetti letterari e formali che per il differente sguardo sulla società e sulla storia, questi sono infatti i nati dopo la rivoluzione.
Ad impreziosire la giornata è stata però la presenza di due di questi poeti, Oscar Cruz e Marcelo Morales, che hanno letto i loro versi in lingua originale e hanno potuto aggiungere interessanti commenti in proposito e sulla vita culturale cubana; non so se definirli autori dell’opposizione, anche se certamente esprimono anche una critica alle politiche e al modo di governare del partito, lo fanno più per un bisogno di esistenza autentica che per motivi strettamente politici, “un uomo triste non legge un saggio di politica, ascolta una canzone o legge un buon libro di poesie” dice Cruz, non prima di aver specificato che “La poesia è una faccenda da sconfitti” ed ha probabilmente ragione, ancora oggi la poesia è il vino di servi come la chiamava Goethe, il vino che si beve quando il banchetto dei signori è stato consumato, e la crescita esponenziale di persone che scrivono poesie negli ultimi decenni potrebbe non essere solo l’effetto di un’istruzione più diffusa.
Tema di alcuni dei versi è il rapporto con l’aura eroica assunta da alcuni protagonisti della storia cubana e con l’onore che viene tutt’oggi loro tributato, non ho bisogno d’eroi ripete quasi ossessivamente una poesia antologizzata: questa è piuttosto la generazione che richiede una nuova possibilità di identificarsi con il lato umano di quegli eroi, riscoprire il riscatto che viene, certo a battaglie vinte non dimentichiamolo, dalla vita di ogni giorno.
Si tratta di una lezione decisiva e che dovremmo meditare, tenuto conto del vecchio e inveterato vizio della sinistra di cercare messia nella forma di padri anziani e munifici o di giovani rampanti, ultimi sugli schermi dei nostri salotti l’uruguayano Mujica e il greco Tsipras, e a sbigottirsi quando qualcosa non va come scritto nella sacra rappresentazione, a disperarsi dopo aver gridato «martira! Martira!»
Esiste invece anche uno spazio di libertà strano e pieno di “cattiva coscienza”, come la chiamano gli ospiti poeti, che a patto di essere consapevole e non autocompiaciuta, ha ancora più di una ragione d’essere.
Allora proprio mentre avvistiamo il prossimo eroe diventano essenziali incontri come quello molto ben tenuto dal Centro di poesia, incontri tra culture, che provano che a volte l’Italia non si accontenta di essere tarda e ottusa nello svecchiamento culturale, ma del resto, come anche Morales e Cruz hanno ricordato, “a Cuba, con la poesia, succede la stessa cosa che succede qui, le persone non hanno tempo, sono spinte dalle urgenze materiali”.
Proprio ricordando questo dobbiamo rendere merito agli sforzi per creare un ponte intellettuale che possa spingere a rimeditare alcune contraddizioni non rimosse e moltiplicarli quanto più possibile. L’antologia, cui dedicherò in seguito uno spazio specifico, è solo il primo, importante asse di questo ponte.

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