di Giulio A. F. Buratti
Mutualismo, alleanze sociali, autogestione. Sindacalizzare il lavoro, politicizzare la società, reinventare lo sciopero. Parole nell’aria da tempo e finalmente al centro del dibattito politico al di là del fatto che, al centro congressi Frentani, la maggioranza invisibile – evocata da tutti – non s’è molto vista nella due giorni della Coalizione sociale. C’erano attivisti, quadri, funzionari, militanti generosi, “vecchio” e “nuovo” movimento operaio, centri sociali, frammenti di una galassia dopo un interminabile big bang seguito a processi che nessuno è riuscito a governare.
Landini è chiaro su questo punto: la coalizione sociale gl’è venuta in mente dopo la sconfitta epocale sul jobs act. Prima, come ha ammesso egli stesso, si trattava di chiedere l’applicazione delle regole, adesso c’è da confliggere su jobs act, “buona scuola”, centralità della finanza. Rompere la gabbia di regole del liberismo non più concertabili e trasformare il conflitto orizzontale in lotta di classe. Ricostruire pratiche che non lascino solo nessuno.
Sul che fare il leader della Fiom immagina un «primo maggio d’autunno» ancora tutto da scrivere. A molti partecipanti non sfugge, da tempo, questo sapore acre di ritorno alle origini, la somiglianza dell’oggi con le condizioni feroci del primo capitalismo sebbene densa di novità, come ha sottolineato Francesco Raparelli di Esc.
Si chiamerà “Coesione sociale”, questa “cosa” di Landini, e vorrebbe essere coalizione prima di tutto di coalizioni territoriali: «Coesione Sociale è nata fuori dai partiti per ricostruire la politica con la Pi maiuscola», spiega per l’ennesima volta Landini, attento a non restare incastrato alla sola dimensione elettorale. «Non mi faccio ingabbiare dal partito» dice subito. «Il nostro obiettivo – aggiunge – è unire tutto quello che è stato diviso e di rimettere al centro della discussione tutto quello che è stato cancellato: diritti, un’idea diversa di sviluppo e sostenibilità ambientale, riqualificazione e rigenerazione delle città, diritto al sapere e allo studio».
«Siamo all’inizio di un cammino», precisa ancora Landini nell’intervento finale. Un percorso che non si sa come andrà a finire, come spiega prima di lui Michele De Palma che segue Fca per conto della Fiom. 300 associazioni presenti. 1 partecipante su 4 sotto i 35 anni. 1 su 10 è uno studente. Centinaia di connessioni in streaming, oltre 200 interventi nei tavoli tematici. Nessun leader politico presente (Vendola, Civati, Fassina, Ferrero) ma solo loro emissari. Una parte della platea è sovrapponibile con l’esperienza della lista Tsipras, un’altra di quella storia non ha nemmeno voluto sentire l’odore perché impelagata in esperienze di governo locale col Pd, in esperienze sociali fiancheggiatrici, in vicende sindacali concertative. Oppure perché ossessionata dalla ricerca del nuovo che avanza.
Non sarà una “casa” – è stato ripetuto – ma una coalizione nella maggioranza del paese stravolta dalla crisi, impaurita, frammentata, talvolta indignata. Divisa. Rassegnata, sebbene con isole di creatività e combattività notevoli. Disgustata dalla politica. Disgregata «com’è disgregato lo Stato», dirà Stefano Rodotà commentando Mafia Capitale al di là di logiche giustizialiste. Ma la società esiste, avverte il giurista padre nobile di molti tentativi, più o meno azzeccati, di uscire dalle secche, e lo dimostra la mobilitazione contro la “buona scuola”.
Però, se la scuola è di per sé spazio e tempo di coalizione sociale, viene da sospettare che forse il treno è perduto anche stavolta. Che il cammino è ancora lungo e tortuoso. Diamoci una mossa, esorta infine Rodotà. Sperimentare sui territori, chiede tra gli altri Gigi Malabarba, animatore di Rimaflow, evocando l’articolo 11 dello Statuto dei lavoratori, quello che regola il diritto al mutuo soccorso.
Demistificare la narrazione di Renzi, le frottole sulla bolla occupazionale drogata dagli sgravi per le imprese, la menzogna di rappresentarsi come maggioranza arrogante, è straordinariamente difficile e ne è prova la ripetitività di molti interventi, come se fosse la prima volta che ci si vede, e la composizione da “addetti al lavoro” (o al non lavoro) della platea, ma almeno è sul tappeto anche questa domanda cruciale. «Non ci basta spostare un po’ più in là un orizzonte tetro», dirà Claudio Riccio di Link prima delle conclusioni di Landini. E la speranza è che non sia l’ennesimo evento.
Questo articolo è stato pubblicato su Popoff quotidiano il 7 giugno 2015