Una figura enigmatica da rivisitare: Wilhelm Oberdank, Guglielmo Oberdan

4 Giugno 2015 /

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Wilhelm Oberdank
Wilhelm Oberdank
di CLaudio Cossu
In questo periodo di centenari, ricorrenze storico-patriottiche, di memorie di guerre o progrom, che hanno travolto il secolo scorso, ma soprattutto dell’inutile strage del 1914-1918, falsata dalla propaganda fascista come IV guerra d’indipendenza, emerge una figura, apparsa come una meteora già nella seconda metà dell’800 italiano. Wilhelm Oberdank.
Figura, indefinita e indefinibile, mistificata e forse mitizzata, che ha rappresentato per molte generazioni vaghi ideali, nuvoliformi ed eterei… ma indubbiamente fatti confluire nella sua mente di giovane idealista, da altri politici, strumentalmente. Assunti, poi, con passione proprio dall’ Oberdank stesso, travolto dalla complessità delle vicende della Storia, immensamente più grandi della sua visione socio-politica, commista alla cultura italiana cui aspirava con fanatismo.
Il giovane, austriaco, italiano e insieme sloveno, Wilhelm Oberdank, dal nome in seguito italianizzato in Guglielmo Oberdan, convinto della assoluta necessità di immolarsi per una concezione di terra, patria, nazione, per una cultura dalla quale si sentiva fatalmente attratto, anche se non compiutamente metabolizzata. Della quale, forse, non conosceva nè le reali radici nè i profondi e contorti risvolti storici, sociali ed anche geopolitici. Forse la confondeva con una vaga, smisurata idea di Libertà.

La sua figura e il suo gesto appartengono ormai ad una mitologia patriottica, strumentalizzata da una certa retorica interventista e, poi, dal fascismo, che la utilizzò ampiamente per le relative guerre di espansione e di conquista. Il giovane, in realtà, venne gettato in vasti scenari politici, in campo internazionale contro la” triplice Alleanza”, da scaltre menti di complottisti romani contrari alla stessa, uomini cinici e senza alcuno scrupolo. Ma, tornando indietro negli anni, l’Oberdank nacque a Trieste il 1 febbraio 1858 da tale Valentini Falcier, panettiere di Noventa di Piave (Venezia) e da Josepha Maria Oberdank, slovena di Gorizia.
Il nome italianizzato Oberdan, venne adottato in seguito, ma rimase nella versione originaria negli atti ufficiali. Qualche anno dopo la sua nascita, non riconosciuta peraltro dal padre, la madre si sposò ufficialmente con un capofacchino del porto di Trieste (F. Ferencich) e da questi ebbe altri quattro figli. Ma quello che storicamente ha rilevanza, nel contesto di una complessa città multietnica quale Trieste fu un tempo, è lo sviluppo culturale del giovane, soprattutto di ricerca identitaria.
In lui crebbero e si formarono ideali anarchici ed al contempo patriottici, di matrice mazziniana, di libertà e di insofferenza verso l’Impero di Francesco Giuseppe, considerato un invasore, un tiranno estraneo ed oppressore. A capo di un Impero dalle molteplici nazionalità e cucite goffamente insieme, che l’Oberdank sentiva lontane dai suoi ideali. Ma negli anni 1880, dopo le guerre di indipendenza, nella obiettiva impossibilità di acquisire ulteriori territori, il Regno d’Italia dovette orientarsi verso il Nordafrica per le sue mire di espansionismo, nello specifico verso la Tunisia. In via subordinata verso la Libia.
Ma verso Tunisi le attenzioni della Francia si erano già rivolte, con più potenti forze militari. La diplomazia italiana si vide costretta, pertanto, ad un’alleanza con Berlino. E, quindi, ad un’alleanza forzata con l’odiato Impero austroungarico. Rinunciando così ad ogni sua pretesa su Trieste, Trento e, di conseguenza, anche verso l’Istria. L’idea dell’irredentismo era stato da poco creato (1866), ma ancora stentava a diffondersi, ad opera di Matteo Renato Imbriani, uomo politico di Napoli, seguace di Garibaldi ma poi divenuto deputato del Regno d’Italia.
Oberdank si orientò, dalle caserme austroungariche, verso i circoli ed i salotti romani dell’ Italia di allora che aspiravano ad un’espansione italiana verso il confine orientale, cercando di dare – nel contempo – una visione romantica a tale concezione. Quale occasione migliore di un attentato alla persona dell’oppressore che doveva venire a Trieste per festeggiare i 500 anni di fedeltà della città giuliana all’Austria? Il resto lo conosciamo bene e Guglielmo venne immolato anche grazie ad emissari italiani, sull’altare “della Real-politik”.
Oberdank morì per un’idea di libertà dall’oppressione e dalla tirannia, un’ideale libertario e di solidarietà e fratellanza umana (“si ottenne, finalmente, un martire per la causa irredentista” – Renate Lunzer,” Irredenti redenti”, Trieste, 2009). Lo fecero morire per un’Italia liberal-nazionale e per un Regno che lo stesso Oberdan, mazziniano, non amava certo. Tradiva così, inconsciamente, i suoi ampi ed alti ideali libertari e di eguaglianza, che allora sembravano irrealizzabili e densi di pura utopia.

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