Il futuro della società civile russa: oltre le versioni ufficiali

9 Maggio 2015 /

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di Benedetta Macripò
L’opinione pubblica russa sembra aver ceduto a un meccanismo di consenso e dissenso che si riduce a pro o contro Putin, abbandonando lo sviluppo di una coscienza critica più complessa. Non è una novità che il presidente Vladimir Putin, definito spesso con epiteti quali anti-liberale e antidemocratico, sia un freno a un autonomo sviluppo della società civile russa. Ciononostante, i problemi relativi all’organizzazione di azioni collettive di protesta potrebbero essere endemici e non solo dipendenti dalla figura politica di Putin. In questo contesto, gli studenti, come spesso è accaduto, potrebbero essere l’avanguardia di un movimento di protesta che origina dalle radici della società. Forse, però, per la Russia, il discorso è diverso.
Qualche mese fa, la testata Radio Free Europe-Radio Liberty,  ha pubblicato un articolo relativo al video che un gruppo di ragazzi e ragazze ucraini, studenti di alcune delle maggiori università di Kiev, ha indirizzato ai propri coetanei in Russia. Nel video, gli studenti si appellano allo spirito critico della propria «controparte», chiedendo loro di «dubitare di ciò che sentono, dubitare di ciò che vedono». Si tratta sostanzialmente di un invito a non accettare passivamente la versione ufficiale del potere politico russo e a sviluppare nei suoi confronti uno spirito critico.
La risposta non ha tardato ad arrivare. Pochi giorni dopo, il gruppo giovanile russo filo-governativo Set’ ha divulgato un video dello stesso format, ma con un contenuto ben diverso. L’invito a prendere in considerazione la possibilità che le autorità russe abbiano divulgato una rappresentazione distorta della crisi ucraina viene accolto come si accoglierebbe un guanto di sfida, tra diffidenza e sospetto. «Voi ci chiedete di alzare la cortina dell’informazione. Facciamolo insieme così che nessuno possa dubitare». La differenza di approccio tra gli studenti ucraini e quelli russi è eclatante. Ma quale è il rapporto tra la società civile –in particolar modo gli studenti- e il governo in Russia?

L’appello del video girato a Kiev non fa differenza tra maggioranza e opposizione, tra “putiniani” e “non putiniani”. Tuttavia, le risposte russe al video degli studenti ucraini sembrano insistere proprio su questa frattura: con Putin o contro di lui. Il secondo video potrebbe esserne una prova tangibile  che gli studenti di Kiev hanno ricevuto da alcuni corrispettivi russi che, a differenza dei primi, fanno parte del gruppo Open Russia, dichiaratamente contro le linee governative e, più nello specifico, anti-Putin.
Per avere un quadro completo basti ricordare che il fondatore e figura di spicco di Open Russia è Michail Chodorkovskij, ex-presidente della compagnia petrolifera Yukos, arrestato nel 2003 e condannato in un processo da più parti additato come politicamente pilotato dallo stesso Putin. Gli studenti russi del secondo video, divulgato dall’associazione  Vesna, s’identificano, genericamente, come studenti delle Università di San Pietroburgo e Mosca. Chiedono perdono alla popolazione ucraina per le azioni del proprio governo. Condannano la guerra e affermano di rispettare le scelte degli abitanti dell’Ucraina.
Senza mettere in dubbio la solidarietà degli esponenti di Open Russia verso gli ucraini, è difficile discernere l’opinione espressa dagli autori del messaggio dalle finalità politiche di Chodorkovskij, che avrebbe obiettivi e vantaggi personali a diffamare la figura del presidente russo tramite il messaggio degli studenti. In una logica uguale e contraria a quella del video di Set’, i suoi autori sposano infatti acriticamente le ragioni dei loro interlocutori, saltando a piè pari quello stesso beneficio del dubbio invocato dagli studenti ucraini. Proviamo a capire perché.
Lo scorso febbraio il Moscow Times ha pubblicato un articolo che spiegherebbe perché in Russia la resistenza organizzata è impossibile. Si tratta di un’analisi storica e a tratti particolarmente tecnica, ma che aiuta a fare un po’ di luce sul rapporto tra società civile e potere politico, anche in merito alla crisi ucraina. Secondo Trudolijubov, autore dell’articolo, l’odierna corruzione dei media russi è figlia del sistema di polizia segreta sovietico. Entrambe fungono da deterrente per azioni collettive organizzate, sebbene agiscano in contesti, con metodi e per scopi diversi. Entrambe erodono la fiducia nei confronti del proprio vicino, insinuando dubbi e riducendo la comunicazione ai minimi termini. Il sistema usato dai media, però, è più sottile, sofisticato e per questo più penetrante, cioè la disinformazione.
La tesi esposta nell’articolo è chiara: un’opposizione collettiva organizzata è quasi impossibile in un ambiente di questo tipo, in cui regnano la «diffidenza collettiva» e l’«incertezza», lasciando quindi spazio solo ad azioni individuali e, aggiungerei, leaderistiche, vedi lo stesso Chodorkovskij e i fratelli Naval’nyj, immolati come eroi democratici e liberali specialmente dal cosiddetto “mondo libero occidentale” quando il governo russo ha iniziato a trattarli come nemici pubblici. Oppure l’artista Pëtr Pavlenskij, che tempo fa a Mosca si era inchiodato i genitali alla Piazza rossa per protestare contro il vigente Stato di polizia. Non si tratta, però, di una teoria da applicare alla lettera, né di una spiegazione plausibile per ogni azione e rimostranza della società civile. Non solo perché analizzare quest’ultima come oggetto di studio e carpirne i movimenti è un processo lungo, ma anche perché non sempre le teorie vanno di pari passi con l’evoluzione delle attività umane.
Ma qual è il collegamento tra questa analisi e il burrascoso rapporto russo-ucraino? Analizzare la società civile russa offre una chiave di lettura diversa e di più ampio respiro. Spesso Putin è descritto come fosse onnipotente e unico colpevole di una Russia illiberale e poco democratica rispetto agli standard occidentali. Probabilmente altri elementi completano il puzzle: una società civile che ancora subisce i contraccolpi del regime sovietico e che facilmente si fa guidare da leader carismatici.
Il primo marzo scorso, l’opposizione aveva indetto una marcia di protesta nei confronti del governo e del suo operato. Si sarebbe dovuta svolgere per le vie del centro di Mosca. Primo bersaglio della protesta organizzata doveva essere il conflitto nell’est dell’Ucraina e il peggioramento delle condizioni economiche russe. Seppur molto caratterizzata politicamente, la marcia si propone un obiettivo lodevole e ancora impopolare in Russia: la fine del conflitto in Ucraina.
Tuttavia, la manifestazione che aveva suscitato molte aspettative, ha perso carica politica ma ha vinto in termini di carica sociale. Si è tramutata in una marcia in onore di Nemcov, assassinato pochi giorni prima. Ma quali gli effetti del suo assassinio sulla percezione di deficit democratico in Russia? L’opposizione politica potrebbe avere ora più chance? Potrebbe essere considerato un buon punto di partenza, una crepa nel blocco di silenzio che potrebbe permettere all’opposizione di respirare, di nuovo. Difficile a dirsi, non solo perché si tratta di processi lunghi, ma anche perché le sfide che dovrebbe affrontare la società civile russa sono due: trovare nuovi modi di esprimersi a parte le proteste che non devono essere abbandonate, ma probabilmente affiancate ad altre iniziative e soprattutto  non cadere nella trappola di riporre completa fiducia di nuovo in un unico leader.
Esistono le alternative a Putin? E  con quali strategie? Nemcov era noto ed era il più accreditato a rappresentare la Russia a livello nazionale, a differenza del blogger Navalnyij, più conosciuto nell’area urbana di Mosca e Chodorchoskij, “relegato in Svizzera”. Si tratta di figure politiche alquanto controverse, di cui la maggioranza delle persone diffida o che addirittura non conosce a causa del quasi monopolio di Putin sui canali televisivi nazionali. L’assenza di figure politiche forti potrebbe essere considerata una debolezza dell’opposizione e, per alcuni versi, è il segno della frammentazione politica delle fazioni non-putiniane. Ciononostante questo potrebbe essere un ottimo momento per la società civile russa di sviluppare una propria coscienza politica sciolta dai legami  che hanno ingabbiato finora l’opposizione nella frattura binaria pro o contro Putin.

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