di Susanna Böhme-Kuby
(Prima seconda parte). Hermann L. Gremliza, editore del mensile politico “Konkret”, annota, nel 1995, come la riflessione storica e le ammissioni di colpa siano diventati più a buon mercato, ora, che la svolta generazionale è ormai compiuta anche nell’establishment politico: “Sulla sedia del Presidente della RFT non siede più nessuno che abbia conferito il potere al Führer (come Theodor Heuss)”[n.d.A.: primo presidente della RFT,1949-59, che aveva votato nel 1933 l’Ermächtigungsgesetz a favore di Hitler] “nessun architetto di baracche per i lager (come Heinrich Lübke)” [secondo presidente RFT,1959-1969] “nessun membro di spicco del partito NS (come Walter Scheel)” [quarto presidente RFT, 1974-1979] “o della SA (come Karl Carstens)” [quinto presidente RFT. 1979-1984].
“Nella Cancelleria non c’è più nessun confidente del Reichssicherheitshauptamt (come Ludwig Erhardt)” [Ministro per l’economia,1949-1963, padre del Wirtschaftswunder e della cosiddetta “economia sociale di mercato”, poi secondo Cancelliere federale,1963-66, dopo Adenauer,1949-63] “e nessun stretto collaboratore di Josef Goebbels (come Kurt G.Kiesinger)” [terzo Cancelliere federale, 1966-69]. “E nemmeno il Consiglio di Amministrazione della Deutsche Bank è più presieduto (dal 1994 ) dall’uomo che aveva controllato l’attività produttiva dell’IG Farben ad Auschwitz-Birkenau (ovvero Hermann Josef Abs).” [Abs fu direttore della Deutsche Bank dal 1938 al 1945, tra l’altro responsabile della “Arisierung” del patrimonio degli ebrei europei, che siedeva nel 1942 in ben quaranta Consigli di Amministrazione delle grandi imprese tedesche, compreso quello dell’IG Farben. Condannato come criminale di guerra in Jugoslavia a 15 anni di lavori forzati, non venne consegnato dalle truppe inglesi, ma venne chiamato nel 1948, nella Bizona anglo-americana, a dirigere la Banca per la ricostruzione (KfW) e il Piano Marshall e poi nella RFT riprese le file della Deutsche Bank, di cui fu presidente dal 1957 al 1967 e in seguito presidente onorario fino alla sua fine. Nel 1994 il banchiere dei nazisti mori a 93 anni, pluridecorato e venerato da tutti). [Per non nominare Hans Globke, dal 1949 il più stretto collaboratore di Adenauer alla Cancelleria della RFT, che nel 1935 fu l’autore dei commenti alle leggi razziali di Norimberga.]
Una nuova classe politica, dunque, ora costituita da quei figli ed eredi “senza colpa” dei padri nazisti, che lo sono grazie alla loro “nascita posteriore” (Gnade der späten Geburt, che il cancelliere Kohl aveva rivendicato per sé) ha incassato una tarda e – in fondo – ormai quasi inaspettata vittoria. E nelle trattative con gli alleati per la riunificazione della nazione ha ancora aggirato (con l'”Accordo Due + Quattro” del 12.9.1990) la stipula di un vero e proprio “Trattato di pace” della Germania con tutti gli ex-belligeranti – che avrebbe riaperto la questione ormai rimossa delle riparazioni di guerra – con ingenti e incalcolabili conseguenze soprattutto economiche. E’ un tema molto complesso: Accennerò solo alla cosiddetta Wiedergutmachung (eufemismo che indica riparazione) per l’Olocausto: 3 miliardi DM assicurati nel 1952 da Adenauer (sembra su pressioni USA) a Ben Gurion, dopo aspri dibattiti sia nella RFT che in Israele. La CSU bavarese ritenne allora la richiesta “troppo esosa” e secondo il 44% dei tedeschi occidentali non si sarebbe dovuto pagare niente. (La RDT, che aveva dovuto accollarsi da sola l’intero importo di ben oltre i 10 mrd.$ di riparazione all’URSS (pattuiti a Potsdam), si ritenne libera da dover risarcire lo Stato d’Israele, convinta che la migliore Wiedergutmachung per lo sterminio fosse: eliminare quelle forze che lo avevano reso possibile. E cominciò solo negli anni ’80 ad instaurare un discorso con lo Stato d’Israele, riconoscendo le colpe tedesche.)
Il capitolo delle riparazioni di guerra viene considerato ormai chiuso da decenni dalla RFT, che aveva negli anni ’50 (come condizione per riottenere la sovranità e per poter entrare nella NATO) e ’60 stipulato accordi bilaterali con i principali stati occidentali. Aveva inoltre ottenuto con l’Accordo sul debito di Londra, nel 1953 (elaborato dal citato HJ.Abs), una riduzione di oltre il 50% sul debito tedesco complessivo anche della prima guerra mondiale, rimandando quello post-1945 con ulteriori risarcimenti (come per l’ingente Zwangsarbeit di 18 mio. deportati europei, di cui tornarono vivi solo 7 mio.) ad una futura riunificazione nazionale. Di fatto, le straordinarie agevolazioni concesse nel 1953 alla Germania fecero si che il debito della prima metà del ventesimo secolo (Versailles!) fosse in realtà sostanzialmente cancellato.
Nel 2012, Alexis Tsipras si è permesso di ricordare la grande sproporzione tra la cifra di 115 mio. DM (=57 mio.€), concessa come forfait alla Grecia negli anni ’60, e gli ingenti danni di guerra subiti (fissati nel 1947 in 7,5 mrd. $, che ammonterebbero oggi ad almeno 30 mrd. €) oltre la morte per fame di 300.000 cittadini e dei ca. 60.000 ebrei deportati (per lo più da Salonicco). Tsipras ricorda inoltre che è rimasto fuori dagli Accordi di Londra del 1953 anche il risarcimento per un prestito forzato di poco meno di 500 mila RM, estorto al governo greco durante la guerra dall’Asse, per i costi dell’occupazione tedesca e italiana. L’Italia ha restituito il dovuto, secondo il suo Trattato di pace con la Grecia, la Germania no. L’intera cifra dovuta ora (con tutti gli interessi) ammonterebbe a buona parte del debito pubblico greco. (Le cifre calcolate variano tra 40, 70 e 160 mrd. €).
Lo “Spiegel” (20/12) chiamò Tsipras uno Staatsfeind tout court e liquidò la questione col titolo: Acropoli addio! Sul titolo del numero oggi in edicola dello “Spiegel” Tsipras figura come Geisterfahrer (automobilista che va contromano in autostrada).Quando – dopo la riunificazione – le organizzazioni di vittime del Terzo Reich cominciarono ad avanzare le accantonate richieste di restituzione (soprattutto dagli USA per i patrimoni “arianizzati” degli ebrei) e di risarcimento (dai paesi dell’est) iniziò un’altra lunga e penosa trattativa tra le parti, con notevoli accenti antisemiti (cfr. Norman Finkelstein, The Holocaust Industry). Istruttivo circa la vastissima dimensione degli espropri a favore degli approfittatori e dei profitti del lavoro coatto incassati dalle industrie tedesche è il documentato e ampio resoconto del responsabile USA, Stuart E. Eizenstat (Imperfect Justice, NY, 2003), relativo alle trattative con banche svizzere e con la controparte tedesca.
Dopo l’iniziale rigido rifiuto di pagare alcunché da parte di Helmut Kohl, Gerhard Schroeder (SPD), ancora presidente della Bassa Sassonia, ma desideroso di diventare Cancelliere(1998), ritenne utile non esasperare la discussione con gli USA. Egli promosse un fondo (denominato Stiftungsinitiative der deutschen Wirtschaft “Erinnerung, Verantwortung, Zukunft”/ EVZ) in cui le industrie tedesche beneficiarie del lavoro coatto versarono 5 miliardi DM: alla fine risposero – non senza reticenze – ca. 6.000 imprese. Il governo raddoppiò la somma, così da poter rispondere almeno ad una parte delle richieste avanzate, in particolare dai paesi est europei: Polonia, Ucraina, Czechia, Belorussia, Paesi baltici. Delle ca. 2,3 milioni richieste individuali fatte dal 2000 entro il 2007 vennero accettate ca. 1,6 per risarcimenti di complessivi 4,5 mrd.€, mentre 20 mila ex-prigionieri (di complessivi milioni) sovietici vennero esclusi, perché “la prigionia non da diritto a nessun risarcimento”.
Gli Internati militari italiani ne sanno qualcosa. Di fronte alle loro richieste, sancite da sentenze italiane eseguibili, la RFT aveva ottenuto dalla Corte Europea (3.2.2012) la garanzia dell’immunità di Stato nei confronti di richieste di risarcimento da parte di persone private. Il governo Monti – sotto pressione finanziaria – l’aveva tradotto in una Legge ordinaria (n.5/2013) e con ciò bloccato tutto. Ma la Corte Costituzionale italiana (n.238/14) ha nello scorso ottobre dichiarato quella legge anticostituzionale. La questione resta dunque aperta.
E il governo tedesco si trova ancora una volta confrontato con obblighi morali e legali, derivanti dalle colpe tedesche, alle quali continua di volersi ancora sottrarre. Eppure il termine tedesco Schuld sta sia per ‘colpa’ che per ‘debito’, i due significati sono strettamente collegati, per non dire conseguenziali. Ma la vecchia RFT, addomesticata dagli alleati, è da venticinque anni scomparsa insieme alla RDT. E il passato nazista – ora non più rimosso o negato, ma fortemente ridimensionato in Germania (la cui popolazione in grandissima parte non vuole più sentirsene condizionata) – resta oggi nella memoria pubblica, come anche nella storiografia tedesca, sconnesso dalla sua contingenza materiale, ovvero da quel capitalismo tedesco sviluppatosi dal tardo Ottocento in un contesto feudal-autoritario, al quale la Repubblica di Weimar non seppe dare nessuna vera democratizzazione, ma solo una modernizzazione autoritaria sfociata e protrattasi nel Terzo Reich, e, direi, purtroppo anche oltre, nell’attuale potenza guida dell’Europa.
Questo è il testo dell’intervento tenuto da Susanna Böhme-Kuby presso Iveser-Ateneo Veneto, Sala Tommaseo, il 2 febbraio 2015