La bufala dei posti fissi, mentre l’Italia resta precaria

1 Aprile 2015 /

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di Piergiovanni Alleva
Avanza con gran rumore, la mac­china media­tica sugli asse­riti suc­cessi del governo Renzi-Poletti, in tema di rilan­cio occu­pa­zio­nale. Un rilan­cio – si afferma – già rea­liz­zato in que­sti primi due mesi dell’anno 2015, con la sti­pula di 79.000 con­tratti di lavoro a tempo inde­ter­mi­nato e con pro­spet­tiva di ulte­riore cre­scita nell’immediato futuro. Il tutto, nono­stante la bru­sca fre­nata regi­strata ieri con un nuovo aumento della disoccupazione.
Il governo Renzi avrebbe “rimesso in moto l’Italia” ed il suo mer­cato del lavoro con due stru­menti: da una parte con il Jobs Act e l’abolizione dell’articolo 18 dello Sta­tuto dei lavo­ra­tori, e, dall’altro, la Legge di Sta­bi­lità 2015 che ha intro­dotto un totale sgra­vio con­tri­bu­tivo per ben 3 anni per i nuovi con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato con­clusi nel 2015.
Ma pro­prio stando ai dati che il governo ha dif­fuso con tanto cla­more non si tratta affatto, a ben vedere, di un suc­cesso, quanto piut­to­sto di un fal­li­mento del piano di rilan­cio occu­pa­zio­nale (costo­sis­simo e, per i mezzi usati, anche illegale).
L’operazione posta in essere dal governo pro­duce una occu­pa­zione mera­mente sosti­tu­tiva e non aggiun­tiva ed anche di pro­por­zioni minime, rispetto al lavoro pre­ca­rio “tra­sfor­ma­bile”. E lo fa, infine – quel che peg­gio – distri­buendo o pro­met­tendo ingenti risorse finan­zia­rie a sog­getti che quasi sem­pre non lo meri­tano in quanto i rap­porti di lavoro pre­ca­rio che ver­reb­bero ora tra­sfor­mati erano, 9 volte su 10, ille­git­timi e dun­que per legge in realtà già auto­ma­ti­ca­mente a tempo indeterminato.

È la prima volta, per quanto ricor­diamo, che gli eva­sori di molte norme lavo­ri­sti­che, pre­vi­den­ziali e con­tri­bu­tive ven­gono addi­rit­tura pagati (per ben 24.000 in tre anni). Un com­penso offerto per met­tersi tar­di­va­mente in regola, a totale scorno degli impren­di­tori one­sti che a suo tempo effet­tua­rono rego­lari assun­zioni a tempo inde­ter­mi­nato e oggi non rice­ve­ranno asso­lu­ta­mente nulla.
Risulta dun­que da que­ste noti­zie che le assun­zioni con con­tratto a tempo inde­ter­mi­nato sareb­bero state nel gen­naio 2015 il 20% delle assun­zioni totali, men­tre nel gen­naio 2014 erano solo il 17% e nel mese di feb­braio 2015 il 24% con­tro il 18% del feb­braio 2014.
In valori asso­luti si è trat­tato nel bime­stre con­si­de­rato del 2015 di 303.000 assun­zioni a tempo inde­ter­mi­nato con­tro le 224.000 del gen­naio – feb­braio 2014: la dif­fe­renza è, appunto, di 79.000 assun­zioni “in più” a tempo inde­ter­mi­nato e, que­sto sarebbe il dato del grande successo.
Ma basta ragio­nare un attimo sui dati stessi per ren­dersi conto che se nel bime­stre gen­naio – feb­braio 2015 le assun­zioni a tempo inde­ter­mi­nato sono state, nella media dei due mesi, il 22% del totale, ciò signi­fica che tutte le altre e cioè il 78%, sono per­tanto avve­nute con con­tratti pre­cari, e quindi, i 303.000 con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato sono fron­teg­giati e per così dire anne­gati da 1.075.000 con­tratti di lavoro pre­ca­rio, ossia a ter­mine, som­mi­ni­strato, a pro­getto, inter­mit­tente, ect.
Tutto si può dire meno che uno spo­sta­mento del 6% (dal 18% al 24%) costi­tui­sca una con­ver­sione in massa al tempo inde­ter­mi­nato, ma quel che è dav­vero grave, come lo è sem­pre stato, è che i con­tratti di lavoro pre­ca­rio restano nella mas­sima parte abu­sivi per­ché non cor­ri­spon­dono alla con­si­stenza nume­rica e per­cen­tuale delle occa­sioni di lavoro effet­ti­va­mente tem­po­ra­nei che si aggi­rano sul 13% — 15% del totale.
In defi­ni­tiva, quel 78% che resta di con­tratti pre­cari signi­fica che 5 con­tratti pre­cari su 6 sono ancora abusivi.
Un primo pro­blema con­cerne la com­pa­ti­bi­lità di bene­fici con­tri­bu­tivi (sgra­vio o eso­nero trien­nale per 24.000) con la rego­la­men­ta­zione euro­pea degli aiuti di Stato, la quale ben distin­gue l’occupazione aggiun­tiva da quella solo sostitutiva.
Il governo, tra­mite l’Inps, si è affret­tato a met­tere le mani avanti soste­nendo e gri­dando ai quat­tro venti, che anche quando si tratti di mera sosti­tu­zione di rap­porti pre­cari con rap­porti a tempo inde­ter­mi­nato, e cioè di occu­pa­zione solo sosti­tu­tiva, non esi­ste­reb­bero gli estremi di un aiuto di stato ille­git­timo, in quanto i bene­fici in que­stione costi­tui­reb­bero una misura gene­rale con­cessa a tutti i datori di lavoro e quindi non ido­nea a creare discri­mi­na­zioni con­cor­ren­ziali tra gli stessi.
Biso­gna però notare che anche bene­fici di carat­tere gene­rale come quelli dei con­tratti di for­ma­zione di lavoro sono stati giu­di­cati ille­git­timi dalla Com­mis­sione euro­pea e che, incen­tivi del tutto simi­lari, nel senso di essere uni­for­me­mente diretti a tutti i datori di lavoro, quale quelli intro­dotti dalla legge For­nero in favore dell’assunzione degli ultra cin­quan­ta­cin­quenni e delle donne, dove­vano per espressa pre­vi­sione legi­sla­tiva, essere inqua­drati nel tipo gene­rale degli aiuti di Stato, salvo, sep­pur con regimi par­ti­co­lari di sal­va­guar­dia di con­ta­bi­lità che li ren­de­vano legittimi.
Insomma, quando ci sono di mezzo i prov­ve­di­menti del governo Renzi non pos­sono “star sereni”, non sol­tanto i lavo­ra­tori, ma diremmo, nean­che i datori di lavoro espo­sti anche essi a pos­si­bili brutte sorprese.
Inol­tre, poi­ché la decon­tri­bu­zione signi­fica mas­sic­cia spen­dita di denaro pub­blico, non può l’Inps né il suo ben inten­zio­nato pre­si­dente, il pro­fes­sore Tito Boeri, ero­garlo senza sot­to­porre le sin­gole situa­zioni ad un debito fil­tro, esa­mi­nando cioè la legit­ti­mità del rap­porto di lavoro pre­ca­rio “di provenienza”.
Rite­niamo che su que­sta ope­ra­zione anche la Corte di Conti debba tenere gli occhi bene aperti, per­ché appunto il denaro pub­blico non sia impie­gato in modo ille­git­timo ed ingiusto.
Per apprez­zare la pos­si­bile ingiu­sti­zia pen­siamo ai due impren­di­tori Tizio e Caio che nel 2014, per una nor­male esi­genza lavo­ra­tiva di tipo con­ti­nua­tivo, abbiano con­cluso due con­tratti diversi: Tizio un nor­male con­tratto a tempo inde­ter­mi­nato e Caio – fur­betto – un irre­go­lare con­tratto a pro­getto per pagare meno con­tri­buti, negare al lavo­ra­tore tre­di­ce­sima men­si­lità e altre spet­tanze. E adesso Caio riceve per met­tersi tar­di­va­mente in regola con il con­tratto a tempo inde­ter­mi­nato 24.000 di denaro pub­blico, men­tre l’onesto impren­di­tore Tizio ovvia­mente non riceve nulla.
Ci pensi, prima, pro­fes­sor Boeri per non dover­sene pen­tire poi. Lo diciamo non per con­tra­rietà a incen­tivi per il rilan­cio occu­pa­zio­nale, ma al con­tra­rio per­ché le risorse siano impie­gate per creare nuova occu­pa­zione vera e cioè aggiun­tiva secondo i cri­teri messi a punto da lungo tempo dalla Comu­nità euro­pea e non per ope­ra­zioni di imma­gine del Governo.
Questo articolo è stato pubblicato su Il manifesto il 31 marzo 2015

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