di Pietro Adami e Cesare Antetomaso Giuristi Democratici, Sandra Bonsanti Libertà e Giustizia, Francesco Baicchi, Felice Besostri Gruppo di Volpedo, Antonio Caputo, Sergio Caserta, Gim Cassano Alleanza Liblab, Anna Falcone, Gianni Ferrara, Tommaso Fulfaro e Vincenzo Vita Articolo 21, Raniero La Valle Comitati Dossetti, Domenico Gallo Associazione per la democrazia costituzionale, Alfiero Grandi Associazione per il rinnovamento della Sinistra, Pancho Pardi, Ubaldo Nannucci, Maria Ricciardi Giannoni Libera cittadinanza, Franco Russo, Cesare Salvi, Lanfranco Turci Iniziativa 21 giugno, Nadia Urbinati, Massimo Villone
Caro Senatore, molte e autorevoli critiche sono state sollevate, nei confronti della prima versione dell’Italicum, concordata nel patto del Nazareno ed approvata, senza troppe varianti dalla Camera dei deputati. In un appello dei giuristi del gennaio dell’anno scorso è stato segnalata la preoccupazione e lo sconcerto della cultura giuridica democratica di fronte ad una riforma elettorale che riproduce gli stessi difetti di fondo del sistema elettorale che la Corte Costituzionale ha annullato con la sentenza n. 1/2014, mantenendo un enorme premio di maggioranza, le liste sostanzialmente bloccate e raddoppiando le soglie di sbarramento. Consideriamo di fondamentale importanza la posizione espressa dall’Anpi il 16 gennaio 2014 con un appello indirizzato a partiti, parlamentari e cittadini, che condividiamo.
Nella discussione in corso al Senato si annuncia un peggioramento della pur pessima riforma approvata dalla Camera: il premio di maggioranza non verrà più attribuito alla coalizione ma alla singola lista che, superando una certa soglia, otterrà un voto in più di ogni altra lista, ovvero che prevarrà nel ballottaggio. In questo contesto l’abbassamento al 3% delle soglie di sbarramento non sarebbe sufficiente a migliorare la rappresentatività, anche perché il privilegio delle liste bloccate, aggravato dalla pluralità di candidature, verrà conservato per i 2/3, rendendo bloccato il capolista in un sistema elettorale fondato su liste corte. Si perpetuerebbe così lo scandalo di Parlamentari nominati dai capi dei partiti, in assenza di vincoli di una legge sui partiti, espropriando gli elettori del potere di scelta dei propri rappresentanti.
Con questa riforma si realizzerebbe un cambiamento epocale del sistema politico di governo. Per legge verrebbe attribuita la maggioranza parlamentare e la guida del Governo ad un solo partito, che in realtà rappresenterebbe una minoranza di citttadini, tanto più grave in presenza di un astensionismo ormai a livelli di guardia. Per rendersi conto della gravità di questa svolta, basti pensare che dal 24 aprile del 1944 (secondo governo Badoglio) ad oggi, in Italia si sono sempre e solo succeduti governi di coalizione, o quantomeno sostenuti da una maggioranza di coalizione. Persino nel 1948, quando la DC ottenne la maggioranza assoluta dei seggi, De Gasperi preferì formare un Governo di coalizione, per assicurarsi quel minimo di pluralismo che gli consentiva di non restare prigioniero di quei poteri che l’avevano sostenuto. Anche con la svolta maggioritaria uninominale determinata dalla legge Mattarella e perfino con il Porcellum, in Italia si sono sempre alternati governi sostenuti da una coalizione, che hanno mantenuta aperta una dialettica politica, anche se insufficiente, nella determinazione delle scelte di governo.
Si tratta di una svolta centralizzatrice, che assicura artificiosamente tutto il potere ad un solo partito, a prescindere dalla reale volontà della maggioranza del popolo italiano e che umilia le opposizioni, decurtando il loro potere di controllo. E’ doveroso constatare che questa svolta si realizza in un momento in cui il partito politico ha perduto il carattere di struttura rappresentativa, legata alla società e, lungi dall’essere un intellettuale collettivo, si è trasformato in un apparato di potere oligarchico, con pochi uomini al comando ed impermeabile ad ogni condizionamento, persino dei propri elettori. Ciò ha comportato una profonda crisi della rappresentanza che si è tradotta nel discredito della politica e nella crisi di fiducia dei cittadini verso le Istituzioni.
Nella storia italiana l’unico precedente del Governo di un solo partito determinato dalla legge elettorale suscita preoccupazione ancora oggi. Oltretutto l’approvazione di questa riforma elettorale presuppone che sia già avvenuta l’eliminazione del Senato elettivo, quando la riforma costituzionale è ancora in gestazione ed il popolo italiano ben potrebbe cancellarla con il referendum, così com’è avvenuto nel 2006, quando gli italiani hanno detto no alla riforma Berlusconi-Fini-Bossi. Per di più l’entrata in vigore sarà procrastinata a metà 2016 e quindi ci sarebbe tutto il tempo per una discussione approfondita sul merito della riforma.
Ti chiediamo,pertanto, di tenere conto di queste osservazioni per cambiare a fondo una legge elettorale che finirebbe con il ridurre gli spazi democratici e di partecipazione pregiudicando ancora di più la capacità rappresentativa delle Istituzioni democratiche.